Sacco di Gerusalemme, rilievo dall'Arco di Tito a Roma
Il cuore di Dio freme di compassione!
...Il mistero del cuore di un Dio che si commuove
e riversa tutto il suo amore sull'umanità.
Un amore misterioso, che ci viene rivelato
come incommensurabile passione di Dio per l'uomo.
Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine
e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto;
anzi, con infinita misericordia,
invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio
perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto;
perché, sconfiggendo il potere del male e della morte,
possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato.
Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce:
"Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine".
Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia.
Benedetto XVI, Omelia del 19 giugno 2009
Lc 21,20-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.
Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo.
Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.
Il commento
L'ira nella Scrittura indica qualcosa di molto diverso da quello che normalmente pensiamo. Non è mai un adirarsi fine a se stesso, reagendo per esempio ad un'insubordinazione del Popolo o di un uomo. Non è neanche una pedagogia di Dio, una conseguenza naturale e dovuta ai peccati. L'ira è la gelosia, lo zelo di Dio; in ebraico infatti la stessa parola può avere i tre significati. E la "vendetta" di cui nel vangelo di oggi si parla è piuttosto una conseguenza dell'amore geloso e pieno di zelo di Dio che non può rassegnarsi nel vedere i suoi figli abbandonati alla sequela di idoli falsi e vani, rammolliti e narcotizzati lontani da Lui. Incapaci di accogliere il Messia. Tutto ciò che accade è perché, sino in fondo, sino all'ultimo, Dio offre, in mille modi diversi, l'occasione per riconoscere il Messia nel suo Figlio, e accogliere così la salvezza preparata per ogni uomo. Per questo la vendetta è tutta orientata a ridare la vita, e liberare il Popolo dalla realtà di perdizione e di sofferenza.
Dio appare come un bulldozer che sradica e distrugge tutto quello che trattiene lontana da sé la propria creatura. I propri figli. Quale Padre non si getterebbe tra le fiamme, non farebbe saltare in aria anche superbe meraviglie architettoniche, chi non farebbe follie per il proprio figlio in pericolo? Per questo Gerusalemme, la Santa Gerusalemme, il luogo della dimora stessa di Dio, cadrà in mano dei pagani, il Santo dei Santi sarà distrutto, perché più d'ogni altra cosa, fosse anche la più importante, la più cara al cuore di Dio, il segno stesso della storia d'amore con il Suo popolo, più del Tempio, per Dio è importante l'uomo, la persona, tu ed io. Nulla è più importante dei suoi figli.
Se Gerusalemme è il luogo dell'adulterio e dell'idolatria, se Gerusalemme è diventata il letto d'amore dove Israele si contamina con i suoi amanti, Gerusalemme sarà distrutta. Così, quanto nella nostra esistenza è d'inciampo al Signore, quanto ci allontana da Lui, sarà "necessariamente" oggetto della sua ira, della sua gelosia, del suo infinito zelo per la nostra vita, per la nostra anima, per la nostra salvezza. In quei momenti, quando tutte le nostre certezze, i nostri luoghi familiari, anche quelli cosiddetti "religiosi", saranno ridotti ad un cumulo di macerie fumanti, alziamo gli occhi e solleviamo il capo, perché la libertà è finalmente vicina. Il termine apolytrōsis, liberazione, è infatti affine a lytrōsis, che è il riscatto dalla schiavitù. La libertà che ci strappa dagli inganni del demonio, dalle catene d'una schiavitù che ci obbliga a servire falsi dei, fossero anche così ben camuffati da apparire ammantati di una pia religiosità.
Che poi si tratta di qualcosa di clericale, intrisa di religiosità naturale, che spesso nasconde giudizi e mormorazioni. La religiosità bigotta e farisaica buona solo a metterci in regola con una serie di regolette a cui abbiamo tolto l'anima. La vecchia Gerusalemme, luogo e simbolo dell'Antica Alleanza, fatta di decreti e regole, è stata un importante e buon pedagogo, guida alla verità, ma incapace di salvarci, perché la nostra stessa carne l'ha resa inadeguata e irrimediabilmente limitata.
Fuori dalle porte di Gerusalemme, sulla soglia del Cielo, è piantata una Croce: il sangue dell'Ira, della Gelosia, dello Zelo di Dio, fluendo dalle benedette ferite del Signore, ha lavato ogni peccato, ogni idolatria, ogni adulterio. La Passione di Gesù, consegnato per noi, ci ha aperto il cammino per la Nuova Gerusalemme, la nostra madre, Colei che ci genera a nuova vita. La Gerusalemme celeste che ci fa figli della luce, rinnovati ad immagine del nostro Creatore. Nessuna paura dunque se nella nostra vita accadono sconvolgimenti tali da lasciarci sbalorditi. Se tutto quello su cui fondiamo quotidianamente la vita viene a mancare. E' l'amore infinito e geloso di Dio per noi. E' la passione di Cristo per il nostro cuore che sconvolge addirittura il corso della natura, il sole, la luna, le stelle. E' il Signore che penetra nel fluire naturale dei nostri giorni, e segna amori, lavoro, studio con le stigmate del suo amore.
Quando in famiglia, sul lavoro, nella stessa nostra povera Chiesa, accadranno "tutte queste cose" non c'è da temere. Solo è necessario comprendere l'urgenza del momento favorevole, del tempo speciale che ci è donato, e non perdersi in pensieri e arrovellamenti cercando di salvare il salvabile, casa, lavoro, soldi o ricordi, rientrando nelle stanze o ritornando sui nostri passi. Quando il terremoto dell'amore di Dio sconvolge la vita non c'è tempo per cercare di rimettere insieme i cocci degli errori passati. Arriva il Vino nuovo che necessita di otri nuovi. Lasciamo che i vecchi e consunti otri che abbiamo mille volte cercato di aggiustare, siano distrutti una volta per tutte. Vita nuova! Per questo, quando la nostra vita trema, il Signore è vicino, con la novità capace di ricreare ogni cosa, e fare di noi un prodigio inimmaginabile. Non temiamo se dovremo essere condotti prigionieri, se il nostro uomo vecchio cadrà a fil di spada. Come già fu per il Popolo nel tempo dell'Esilio, ci attende un tempo di purificazione nel quale il Signore vuol riportare alla luce in noi un cuore contrito e umiliato. Dalle ceneri della carne Egli saprà trarre un cuore capace di amare davvero.
Apriamo anche oggi le nostre porte e lasciamolo entrare. Viene a liberarci e a farci felici, viene sulla nube della sua shekinà, la Gloria della Croce che ha sconfitto ogni nostro peccato. E' Lui che bussa oggi, in questo tempo, alla nostra porta, con la potenza infinita del suo amore. Mentre gli uomini muoiono di paura di fronte ai cataclismi, alla crisi economica, alle conseguenze del peccato che ha voluto cancellare Dio, noi restiamo saldi nell'amore di Dio. Gli occhi della fede sanno riconoscere nella storia i segni della sua presenza e l'inconfondibile modus operandi della sua passione. Dove il mondo vede morte e distruzione, noi alziamo la testa e fissiamo, in noi e fuori di noi, la liberazione. "Guarderanno a Colui che hanno trafitto": nel cuore dei travagli descritti nel Vangelo, si staglia la figura dolente di Cristo crocifisso, il suo costato dischiuso a donare la salvezza. Nella distruzione del mondo sono impresse le piaghe del Signore, porta santa che conduce alla salvezza. Per questo, in ogni evento che sa di morte, è preparata la vita che non muore. Gli occhi dei cristiano sanno riconoscere la passione di Cristo nella passione del mondo. Per questo alzano la testa e vedono quello che nessun occhio può vedere. Essi risuscitano, si levano proprio laddove si abbatte la distruzione. Siamo le avanguardie del Signore, i segni della sua gloriosa potenza incipiente. Essa si manifesta sulla natura e sul male, e nei cristiani, i quali, proprio dove tutto cade, si sollevano in una vita nuova.
Ed è questa la missione profetica consegnata alla Chiesa, puntare il cielo mentre ogni uomo punta alla terra, guardare il Signore che viene, mentre il mondo schiaccia lo sguardo sulle rovine della carne. Sperare laddove tutti disperano. Il sostantivo synochē, angoscia, significa costrizione, e nei LXX è usato a proposito di un assedio. Aporia, ansia, è letteralmente dubbio, e rimanda ad un passaggio impraticabile, una strada senza uscita: "L'aporia è la difficoltà irrisolvibile che fa riferimento a un determinato procedimento razionale. L'aporia è dunque una impasse logica legata ad uno stato oggettivo del problema, nel quale la realtà che si mostra nell'esperienza entra in conflitto con la realtà mostrata dalla logica" (Dizionario filosofico). Quante volte la logica dei nostri ragionamenti entra in conflitto con l'evidenza amara della realtà! E così nel mondo, dove la logica di teorie politiche e sistemi ideologici non regge l'urto con l'imponderabile che appare nella realtà. Nell'ansia e l'angoscia per l'aporia della vita siamo chiamati ad alzare la testa perché ogni uomo possa imparare a guardare la Verità che supera ogni contraddizione, perché tutte le assume nell'unica logica possibile, quella dell'amore che pone fine al male. Così in un problema matrimoniale, o sul lavoro, in qualsiasi relazione, l'unica logica è quella della Croce. Il verbo a-nakyptō, sollevare, ricorda infatti la descrizione della donna ricurva perché prigioniera di satana, il padre dell'aporia della vita. La Chiesa è, nella storia, questa donna riconsegnata alla dignità, alla "semplicità" dell'amore, per fissare il Cielo da dove arriva il suo Sposo; è Lui, e arde di gelosia per la sua sposa, per ogni istante della nostra vita: Egli viene per aiutarci a vivere senza temere, senza essere più ricurvi sulle giornate e sugli eventi, ma, a testa levata, entrare nella vita come uomini liberi. Come figli.