venerdì 29 maggio 2015
Dare fiducia alla vita
Contro l’ideologia che legittima l’aborto.
(Caroline Roux) Non esiste propriamente parlando un “diritto all’aborto” nei nostri Paesi, anche se ci si sta avvicinando sempre più, e certe correnti stanno cercando di iscriverlo nei rapporti internazionali all’Onu o in seno a istanze europee. L’aborto è regolamentato nella maggior parte dei Paesi, con disparità sulle condizioni di accesso, quali che siano le cause per farvi ricorso o i termini da osservare. Si stima (dati del 2014) che 44 milioni di aborti all’anno siano stati praticati nel mondo per 139 milioni di nascite.La nostra missione più urgente oggi è di lottare contro l’idea del fatto inevitabile. E di dare fiducia alla fecondità della vita. È il dramma della legge e della sua banalizzazione a impedire a tante persone di offrire un aiuto adeguato.
La misericordia è un punto chiave. Tante donne e tanti uomini che si sono confrontati con l’aborto non hanno accesso alla misericordia e si rinchiudono in giustificazioni o in un dolore da cui non si riprendono più. Non ci sono risposte automatiche. Anche la stima di sé va riacquistata. Papa Francesco ha posto un accento particolare su questo tema per l’anno della Misericordia. È un forte appello alla consolazione.
La paternità e la maternità responsabili. Non si tratta di rimettere in discussione il bisogno di esercitare la maternità e la paternità in modo responsabile, ma d’interrogarsi su questa ingiunzione a utilizzare modalità mediche per bloccare la fecondità con effetti sul corpo, sulla psiche, sui comportamenti, sui rapporti tra gli uomini e le donne.
Ci sono altri mezzi più in armonia con i ritmi biologici del corpo per distanziare le nascite, ma molto spesso non vengono promossi poiché non richiedono un controllo medicalizzato della fecondità ma l’assunzione condivisa di responsabilità nella coppia, tenendo conto della fertilità intermittente delle donne. Ciò introduce la questione dell’impegno, dell’educazione alla vita affettiva, al significato della sessualità.
L'Osservatore Romano