Il tweet di Papa Francesco: "Invochiamo lo Spirito Santo tutti i giorni: Egli ci guida sulla strada dei discepoli di Cristo." (23 maggio 2015)
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Nella Solennità della Pentecoste, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù dice ai suoi discepoli:
“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”.
Il mistero della Pasqua giunge al suo culmine nella Solennità di Pentecoste, perché effonde su di noi il frutto principe della Pasqua: lo Spirito Santo, la stessa vita divina. Gesù nel Vangelo parla al futuro, perché promette il dono dello Spirito Santo: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità…”, questo Spirito ora è venuto, ha riempito della gioia del Vangelo la vita della comunità dei suoi discepoli costituendoli missionari (cf Evangelii Gaudium, 21), ha riempito la Chiesa e il mondo di sante e di santi che in ogni tempo hanno reso manifesto il dono dello Spirito Santo nell’amore ai fratelli e nell’offerta della vita agli altri. Questo Spirito continua ad essere operante nella storia, a condurla verso il suo compimento nel Regno di Dio. Commenta Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (259): “A Pentecoste, lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in annunciatori delle grandezze di Dio… Lo Spirito Santo, inoltre, infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Invochiamolo oggi, ben fondati sulla preghiera, senza la quale ogni azione corre il rischio di rimanere vuota e l’annuncio alla fine è privo di anima. Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio”. La Vergine Maria, che ha reso possibile l’esplosione missionaria che avviene a Pentecoste (cf Evangelii Gaudium, 284), risvegli, rinnovi anche oggi nella Chiesa il fuoco della Pentecoste. (Pasotti)
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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture per la Domenica di Pentecoste (Anno B).
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Pentecoste - Anno B – 24 maggio 2015
Rito – Romano
At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15
At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15
Rito Ambrosiano
At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
1) Accogliere lo Spirito, Consolatore perfetto.
Nel brano evangelico di questa Domenica di Pentecoste Gesù dice:
“Quando verrà il Paràclito (cioè il consolatore), che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15, 26 - 27).
Durante la sua vita terrena Gesù stesso era il Consolatore: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28). Quando Gesù promette il Consolatore, è quasi come se dicesse: “Andate a lui, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed egli vi ristorerà”.
Come fa a consolarci questo “Consolatore”? Lui consola testimoniando al nostro spirito che siamo figli di Dio (cfr Rm 8,16) e la prova che noi siamo figli, sta nel fatto che Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuore, il quale grida: Abbà, cioè Padre (Cfr Gal 4, 8).
Essere consolati è un'esperienza bellissima, che tutti noi desideriamo avere e abbiamo bisogno di fare.
Quante volte ci si mette alla ricerca di qualcuno che lo consoli, si prenda cura di noi, ci mostri affetto e attenzione. La Pentecoste ci ricorda che la vera consolazione viene dal Signore, ricco di misericordia.
Questo Dio “consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri” (Is 49, 13) e proclama: “Consolate, consolate il mio popolo” (Is 40, 1); Io, io sono il tuo consolatore” (Is 51, 12). Il Dio di ogni consolazione (cfr Rm 15, 5 e 2 Cor 1, 3) non si stanca di ripetere: “Come una “madre” consola un figlio così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati” (Is 66, 13). Lui ci consola in ogni nostra tribolazione, perché anche noi consoliamo, a nostra volta, quelli che si trovano in ogni genere di afflizione, restituendo con amore fraterno quel dono che il Padre aveva dato a noi (2 Cor 1, 3ss).
Questa verità ci colpisce molto, ma, purtroppo, facciamo fatica ad accettarla. Paradossalmente ci è difficile accogliere con apertura piena, con disponibilità e umiltà questa consolazione “spirituale” e il vero Consolatore, che viene dall’alto.
Per evitare di rifiutare questo dono non dobbiamo voltarci indietro come fece il giovane ricco, che preferì lasciare Cristo, per non lasciare i suoi beni, cose materiali ricche di consolazioni false e ingannatrici. Dobbiamo domandare con insistenza ed accogliere con disponibilità il dono dello Spirito, allora persevereremo nel vero cammino di conversione verso la casa del Padre e di testimonianza verso il mondo intero.
2) Testimoni santi della misericordia.
Il dono del Consolatore non è solo di lenire le sofferenze fisiche o spirituali dei credenti, ma anche di trasformare il discepolo in testimone: “Lo Spirito di verità... testimonierà in mio favore. Anche voi mi testimonierete, perché siete con me da principio” (Gv 15,27). Nel grande processo tra Cristo e il mondo che si svolge entro e lungo tutta la storia, lo Spirito depone come testimone in favore di Gesù. Lo Spirito testimonia nel cuore del discepolo. La testimonianza dei discepoli e dello Spirito non sono indipendenti, i primi danno voce allo Spirito: “Lo Spirito parla al cuore, voi in parole; egli attraverso l’ispirazione, voi mediante dei suoni” (S. Agostino).
I discepoli hanno bisogno di certezza per testimoniare: lo Spirito gliela offrirà, realizzando un incontro personale, intimo, pieno, con il Signore e la sua verità: “Lo Spirito Santo... vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà quanto io vi ho detto... Egli vi guiderà alla pienezza della verità”. Lo Spirito Santo. Non aggiunge nulla alla rivelazione di Gesù, però la interiorizza e la rende presente in tutta la sua pienezza. Il Vangelo dice: “Vi guiderà verso e dentro la pienezza della verità”. Dunque Lo Spirito Santo ci guida ad una conoscenza interiore, viva e attuale e progressiva, che non è solamente un progressivo accumulo di conoscenze, ma piuttosto un progressivo viaggio verso nella mente e nel cuore di Dio. Un cammino che dall’esterno va all’interno, da una conoscenza per sentito dire ci fa arrivare a una comprensione personale, attuale e trasformante. Direi di più ci fare arrivare ad una concezione di Cristo come l’ha avuto la Madonna, che ha dato la sua carne a Cristo.
Anche noi spiritualmente, cioè con Spirito Santo che effonde nei nostri cuori il vero amore, possiamo “dare carne” a Cristo, essere il Suo Corpo e produrre opere di carità.
Continuiamo questo cammino di figli e fratelli “spirituali”, meditando e pregando per far aderire il nostro cuore alla verità che la Parola ci rivela. Mendichiamo lo Spirito Consolatore, che ci ricordi sempre la parola di Gesù: “Ed anche se mi dirà: uomo di poca fede, perché hai dubitato? (Mt 14, 31), mi porgerà la sua destra, e renderà saldo ed incrollabile il mio animo turbato dalle vicende di questo mondo” (S. Ambrogio, Commento del salmo 118, Disc. 21,9).
Lo Spirito Santo ci ispiri e ci renda capaci di testimoni di carità che fanno sentire il calore e la consolazione dell’amore a chi è povero materialmente o spiritualmente.
Siamo chiamati a testimoniare la verità dell’amore, che la Croce rivela. Ma è lo Spirito che ci fa capire che la Croce non è una sconfitta, è il trionfo dell’amore su tutto, dell’Amore che dà la vita, sia nel senso che la offre per noi sia nel senso che ci fa vivere.
Tutti noi siamo chiamati a dare testimonianza che Cristo è risorto, è vivo. Ma chi è il testimone? Il testimone, soprattutto se parliamo dal punto di vista giuridico, è la persona che ha visto, ricorda e racconta un fatto avvenuto. In questo senso, anche Erode e Giuda, Pilato e Caifa sono testimoni. Cristianamente parlando, è la persona che ha incontrato Cristo, ha e fa memoria di Lui, e annuncia la Sua presenza con le parole e con la vita santa. “Il contenuto della testimonianza cristiana non è una teoria, non è un’ideologia o un complesso sistema di precetti e divieti oppure un moralismo, ma è un messaggio di salvezza, un evento concreto, anzi una Persona: è Cristo risorto, vivente e unico Salvatore di tutti. Egli può essere testimoniato da quanti hanno fatto esperienza personale di Lui, nella preghiera e nella Chiesa, attraverso un cammino che ha il suo fondamento nel Battesimo, il suo nutrimento nell’Eucaristia, il suo sigillo nella Confermazione, la sua continua conversione nella Penitenza. Grazie a questo cammino, sempre guidato dalla Parola di Dio, ogni cristiano può diventare testimone di Gesù risorto. E la sua testimonianza è tanto più credibile quanto più traspare da un modo di vivere evangelico, gioioso, coraggioso, mite, pacifico, misericordioso” (Papa Francesco, 19 aprile 2015).
Saremo testimoni credibili, se, prima di tutto, chiederemo il dono dello Spirito Santo, che è “spirito di sapienza e di intelletto, di consiglio e di fortezza, di scienza e di pietà, e del timore santo di Dio”(cfr Is 11, 2). Allora riceveremo e condivideremo i frutti dello Spirito Santo che sono: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22).
3) La testimonianza delle Vergini consacrate nel mondo.
Come possiamo essere testimoni della verità, non di una verità estranea, ma di quello che siamo: figli di Dio e fratelli fra di noi?
Noi siamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica. La testimonianza non è solo un buon esempio ma è atto umile e potente di conoscenza e di comunicazione della verità dell’amore di Dio.
Per le vergini consacrate essere testimoni di Cristo è essenziale. Queste donne testimoniano che la verginità è il vertice dell’amore. La loro risposta a Cristo mediante una vita offerta in modo appassionato e totale, testimonia esistenzialmente che nella piena e indivisa adesione alla predilezione di Gesù si impara ad amare tutto il resto, si diventa come finestre aperte sull’eterno. La vergine consacrata testimonia che è possibile vivere Cristo come unica ragione e unica possibilità di pienezza nell'esistenza. La verginità trasforma la vita di chi la sceglie e quella degli altri, così che il mondo sia più umano, cioè cristiano.
La Vergine “realizza quell’unione nuziale che, secondo i più grandi maestri, è precisamente la perfezione stessa della vita spirituale ... Il matrimonio è stato elevato da Cristo a dignità di sacramento, perché nell'amore dell'uomo e della donna già in figura si faceva presente il mistero dell'unione del Cristo e della Chiesa. La castità perfetta non è più soltanto figura di quell’unione, ma suo compimento ... Nulla e nessuno la lega e la divide dagli altri. Essendo una sola cosa con il Cristo, lei vive in santa comunione una con tutti” (Divo Barsotti)
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LETTURA PATRISTICA
Guglielmo di Saint-Thierry, Speculum fidei
L’anima umile è illuminata dallo Spirito
Tu, dunque, anima fedele, quando nella tua fede t’imbatti in un più occulto mistero, osa e di’, non per il desiderio di incontrare, ma di seguire: Come avvengono queste cose? Ma la tua domanda, sia la tua preghiera, il tuo amore e il tuo umile desiderio. Non cercare di scoprire in alto la maestà di Dio, ma cerca la salvezza di Dio, e ti risponderà l’angelo della sapienza. "Quando verrà lo Spirito che io manderò a voi dal Padre, egli vi suggerirà tutto e vi insegnerà tutta la verità" (Jn 14,26). "Nessuno infatti sa le cose dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in esso; e nessuno sa le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio" (1Co 2,11). Sbrigati, dunque, a farti partecipe dello Spirito Santo. È presente, quando viene invocato; se non ci fosse, non sarebbe invocato. E quando viene, viene con l’abbondanza della benedizione di Dio. È fiume impetuoso, che letifica la città di Dio. E quando arriva, se ti trova umile, sereno e rispettoso della Parola di Dio, si poserà su di te, e ti rivelerà ciò che il Padre nasconde ai sapienti e avveduti di questo mondo; e cominceranno a brillare ai tuoi occhi quelle cose che i discepoli non riuscirono ad assorbire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe detto loro tutta la verità. Verità che non può essere rivelata da nessun uomo.
E come è necessario che quelli che lo adorano, lo adorino in spirito e verità, così coloro che desiderano di conoscerlo devono cercare l’intelligenza della fede e il senso della verità nello Spirito Santo. Infatti nelle tenebre e ignoranza di questa vita ai poveri di spirito esso è luce che illumina, è carità che attira, dolce soavità; è lui che avvicina l’uomo a Dio; è l’amore di chi ama, devozione e pietà. Lui di fede in fede rivela ai fedeli la giustizia di Dio; quando dà la grazia e per la fede accolta dalla Parola di Dio dà la fede illuminata.
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La veglia di Pentecoste. Per i martiri di oggi
(Donatella Coalova) In tante parti del mondo prosegue il massacro dei cristiani. Continuano le detenzioni, le torture, le uccisioni nelle forme più efferate, come la decapitazione, la crocifissione, la lapidazione. Si ripetono gli incendi di scuole e luoghi di culto, l’oltraggio e la distruzione di icone, di oggetti sacri, di antichi manoscritti. Non cessano le angosce e i pericoli, le fughe di persone innocenti, costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e i ricordi più cari, per affrontare la fatica di esodi senza fine, terribili per tutti, e soprattutto per gli anziani, i piccoli, i malati, le donne incinta.
In sintonia con i ripetuti pronunciamenti di Papa Francesco in difesa della libertà religiosa, l’episcopato italiano, come è noto, ha deciso di proporre a tutte le comunità di dedicare la veglia di Pentecoste, la sera del 23 maggio, ai martiri contemporanei. «Questa situazione ci interroga profondamente e deve spingerci a unirci, in Italia e nel mondo, in un grande gesto di preghiera a Dio e di vicinanza con questi nostri fratelli e sorelle. Imploriamo il Signore, inchiniamoci davanti al martirio di persone innocenti, rompiamo il muro dell’indifferenza e del cinismo, lontano da ogni strumentalizzazione ideologica o confessionale», si legge nell’invito.
L’iniziativa si propone anche di rafforzare l’attenzione al grido di dolore che si leva da tanti Paesi. Secondo la dodicesima edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo realizzato da Aiuto alla Chiesa che soffre, i cristiani si confermano ancora una volta il gruppo religioso maggiormente perseguitato. Nel periodo tra l’ottobre 2012 e il giugno 2014, su 196 nazioni analizzate, in 116 si constata un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa. Nel “Focus” annesso al Rapporto, le nazioni sono suddivise in quattro gruppi, in base al grado di violazione della libertà religiosa (elevato, medio, preoccupante, lieve). Sono venti i Paesi con un livello elevato di violazioni. Fra questi, in quattordici Stati la persecuzione è legata all’estremismo islamico. Nelle restanti sei nazioni dipende dall’azione di regimi autoritari.
Oltre che dalle diocesi, un’adesione convinta alla veglia di preghiera è arrivata da diversi associazioni e movimenti laicali. Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, in un comunicato scrive: «L’umanità è bagnata dal sangue innocente di uomini e donne che soffrono violenza e subiscono ingiustizia nel silenzio immobile e colpevole delle nazioni. Per questo vogliamo sostenere la causa dell’ecumenismo del martirio, cara al nostro Pontefice».
A Roma, insieme alle celebrazioni in programma nelle diverse parrocchie e prefetture, le comunità del settore Centro si ritroveranno insieme al vescovo ausiliare Matteo Zuppi nella basilica dei Santi Apostoli. Fra le tante iniziative diocesane, alcune si rivolgono in particolar modo ai giovani, come a Udine, nella veglia presieduta dall’arcivescovo Andrea Bruno Mazoccato sul tema «Il fuoco luminoso dello Spirito parla in voi», dove la luce suggestiva di tanti lumini accesi nella cattedrale rappresenterà il chiarore di Dio che vince le tenebre del mondo e della persecuzione. L’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio ha invitato per la sera del 23 maggio l’arcivescovo di Mossul dei Siri, Yohanna Petros Mouche, che parlerà della situazione dei cristiani in Iraq. Nella diocesi di Forlì-Bertinoro, la preghiera sarà guidata dal vescovo Lino Pizzi con l’intervento di don Roberto Rossi, che racconterà il suo recente viaggio a Erbil, nel Kurdistan iracheno, dove ha visitato diversi campi profughi. Letture e testimonianze anche nella diocesi di Imola, nella veglia presieduta dal vescovo Tommaso Ghirelli.
Le esperienze vissute non possono essere taciute, perché rappresentano per tutti, come sottolineato dall’episcopato italiano, «una ragione di incoraggiamento al bene e di resistenza al male». Tante vicende di oggi sono degne di affiancare gli Acta martyrum dei primi secoli, perché, scritte con lo stesso sangue, con la stessa convinzione, irradiano lo stesso amore.
*In sintonia con i ripetuti pronunciamenti di Papa Francesco in difesa della libertà religiosa, l’episcopato italiano, come è noto, ha deciso di proporre a tutte le comunità di dedicare la veglia di Pentecoste, la sera del 23 maggio, ai martiri contemporanei. «Questa situazione ci interroga profondamente e deve spingerci a unirci, in Italia e nel mondo, in un grande gesto di preghiera a Dio e di vicinanza con questi nostri fratelli e sorelle. Imploriamo il Signore, inchiniamoci davanti al martirio di persone innocenti, rompiamo il muro dell’indifferenza e del cinismo, lontano da ogni strumentalizzazione ideologica o confessionale», si legge nell’invito.
L’iniziativa si propone anche di rafforzare l’attenzione al grido di dolore che si leva da tanti Paesi. Secondo la dodicesima edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo realizzato da Aiuto alla Chiesa che soffre, i cristiani si confermano ancora una volta il gruppo religioso maggiormente perseguitato. Nel periodo tra l’ottobre 2012 e il giugno 2014, su 196 nazioni analizzate, in 116 si constata un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa. Nel “Focus” annesso al Rapporto, le nazioni sono suddivise in quattro gruppi, in base al grado di violazione della libertà religiosa (elevato, medio, preoccupante, lieve). Sono venti i Paesi con un livello elevato di violazioni. Fra questi, in quattordici Stati la persecuzione è legata all’estremismo islamico. Nelle restanti sei nazioni dipende dall’azione di regimi autoritari.
Oltre che dalle diocesi, un’adesione convinta alla veglia di preghiera è arrivata da diversi associazioni e movimenti laicali. Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, in un comunicato scrive: «L’umanità è bagnata dal sangue innocente di uomini e donne che soffrono violenza e subiscono ingiustizia nel silenzio immobile e colpevole delle nazioni. Per questo vogliamo sostenere la causa dell’ecumenismo del martirio, cara al nostro Pontefice».
A Roma, insieme alle celebrazioni in programma nelle diverse parrocchie e prefetture, le comunità del settore Centro si ritroveranno insieme al vescovo ausiliare Matteo Zuppi nella basilica dei Santi Apostoli. Fra le tante iniziative diocesane, alcune si rivolgono in particolar modo ai giovani, come a Udine, nella veglia presieduta dall’arcivescovo Andrea Bruno Mazoccato sul tema «Il fuoco luminoso dello Spirito parla in voi», dove la luce suggestiva di tanti lumini accesi nella cattedrale rappresenterà il chiarore di Dio che vince le tenebre del mondo e della persecuzione. L’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio ha invitato per la sera del 23 maggio l’arcivescovo di Mossul dei Siri, Yohanna Petros Mouche, che parlerà della situazione dei cristiani in Iraq. Nella diocesi di Forlì-Bertinoro, la preghiera sarà guidata dal vescovo Lino Pizzi con l’intervento di don Roberto Rossi, che racconterà il suo recente viaggio a Erbil, nel Kurdistan iracheno, dove ha visitato diversi campi profughi. Letture e testimonianze anche nella diocesi di Imola, nella veglia presieduta dal vescovo Tommaso Ghirelli.
Le esperienze vissute non possono essere taciute, perché rappresentano per tutti, come sottolineato dall’episcopato italiano, «una ragione di incoraggiamento al bene e di resistenza al male». Tante vicende di oggi sono degne di affiancare gli Acta martyrum dei primi secoli, perché, scritte con lo stesso sangue, con la stessa convinzione, irradiano lo stesso amore.
Nei testi eucaristici di tradizione siriaca.
Infuocati nello Spirito
(Manuel Nin) Nella tradizione liturgica siro-occidentale vi è un abbondante patrimonio di anafore eucaristiche, preghiere di invocazione dello Spirito santo, solo in parte pubblicate. Filosseno di Mabbug, vescovo siriaco del VI secolo, scrive che «i misteri appaiono agli occhi degli uomini come semplici cose, ma per l’irruzione dello Spirito santo ricevono una forza soprannaturale. L’acqua, da una parte, diventa grembo materno che genera dei figli alla vita dello Spirito. L’olio riceve la forza santificatrice che unge e consacra allo stesso tempo corpo e anima. Il pane e il vino diventano il corpo e il sangue del Figlio di Dio fatto uomo».
Il tema dell’acqua come grembo e del battesimo come nascita è tipico della teologia siriaca. Ci troviamo di fronte a una forza e a una presenza misteriosa che agiscono nell’eucaristia. Efrem in un’omelia sulla settimana santa afferma: «Voi mangerete una Pasqua pura e immacolata, un pane lievitato e perfetto che lo Spirito santo ha preparato e ha fatto cuocere, un vino mescolato di fuoco e di Spirito: il corpo e il sangue di Dio, che fu vittima per tutti gli uomini».
Dopo la narrazione dell’istituzione dell’eucaristia nelle anafore il sacerdote invoca lo Spirito santo sui doni e sulla comunità: «Ancora ti chiediamo, Signore di tutto e Dio delle potenze sante, prostrandoci davanti a te sul nostro volto, di mandare il tuo Spirito santo su queste offerte qui poste. E rivela che questo pane è il corpo prezioso del nostro signore Gesù Cristo. E che questo calice è il sangue del nostro signore Gesù Cristo. Perché questi santi sacramenti siano per tutti coloro che ne prenderanno: vita, risurrezione, remissione dei peccati, guarigione dell’anima e del corpo, illuminazione dello spirito, giustificazione davanti al tremendo tribunale del tuo Cristo».
Nell’anafora attribuita a san Giacomo troviamo tutta la teologia dello Spirito santo sviluppatasi nella seconda metà del IV secolo, in tre aspetti ben concreti. Innanzi tutto in quello che lo Spirito santo è: «Il tuo Santissimo Spirito, che è Signore e dà la vita, assiso sul trono insieme con te, Dio e Padre, e con l’unigenito Figlio tuo, che regna con te, della stessa sostanza, coeterno, che ha parlato nella Legge, nei Profeti e nel Nuovo Testamento». Poi in quello che lo Spirito fa, cioè la santificazione dei doni: «Affinché per la sua venuta faccia di questo pane il corpo di Cristo. E di quello che è mescolato in questo calice il sangue di Cristo». Infine in quello che i santi doni diventano per i fedeli e per la Chiesa: «Affinché questi misteri diano a coloro che li ricevono e ne partecipano santità dell’anima e del corpo, e producano in essi frutti di buone opere, raffermino la tua santa Chiesa preservandola da ogni eresia e degli scandali di coloro che trasgrediscono la fede».
Bisogna sottolineare la dimensione ecclesiologica della teologia dello Spirito santo nelle anafore siriache: la santificazione adoperata dallo Spirito sui santi doni è in vista della santificazione dei fedeli, della purificazione delle loro mancanze e del perdono dei loro peccati. Inoltre, nell’anafora attribuita a san Giovanni Evangelista, lo Spirito santo è il fuoco nascosto che avvolge il sacerdote che opera il sacrificio, sorvola l’altare e discende sui doni. Gli autori siriaci parlano del calore, della lievitazione, dell’incandescenza come simboli di realtà spirituali. Descrivendo lo Spirito santo come fuoco, sottolineano l’opera divina per mezzo dei santi doni: infuocati nello Spirito Santo, i fedeli sono vivificati e ricevono i doni dell’immortalità.
All’invocazione del sacerdote, lo Spirito santo, datore di vita, scende sulle offerte sull’altare che rappresentano Cristo nella tomba. Si può dire che egli invoca lo Spirito santo affinché renda presente la risurrezione di Cristo sull’altare, dando al suo corpo messo nella tomba l’immortalità, l’incorruttibilità e trasformandolo in «corpo datore di vita, corpo che dà la salvezza alle nostre anime e ai nostri corpi».
L'Osservatore Romano
Il tema dell’acqua come grembo e del battesimo come nascita è tipico della teologia siriaca. Ci troviamo di fronte a una forza e a una presenza misteriosa che agiscono nell’eucaristia. Efrem in un’omelia sulla settimana santa afferma: «Voi mangerete una Pasqua pura e immacolata, un pane lievitato e perfetto che lo Spirito santo ha preparato e ha fatto cuocere, un vino mescolato di fuoco e di Spirito: il corpo e il sangue di Dio, che fu vittima per tutti gli uomini».
Dopo la narrazione dell’istituzione dell’eucaristia nelle anafore il sacerdote invoca lo Spirito santo sui doni e sulla comunità: «Ancora ti chiediamo, Signore di tutto e Dio delle potenze sante, prostrandoci davanti a te sul nostro volto, di mandare il tuo Spirito santo su queste offerte qui poste. E rivela che questo pane è il corpo prezioso del nostro signore Gesù Cristo. E che questo calice è il sangue del nostro signore Gesù Cristo. Perché questi santi sacramenti siano per tutti coloro che ne prenderanno: vita, risurrezione, remissione dei peccati, guarigione dell’anima e del corpo, illuminazione dello spirito, giustificazione davanti al tremendo tribunale del tuo Cristo».
Nell’anafora attribuita a san Giacomo troviamo tutta la teologia dello Spirito santo sviluppatasi nella seconda metà del IV secolo, in tre aspetti ben concreti. Innanzi tutto in quello che lo Spirito santo è: «Il tuo Santissimo Spirito, che è Signore e dà la vita, assiso sul trono insieme con te, Dio e Padre, e con l’unigenito Figlio tuo, che regna con te, della stessa sostanza, coeterno, che ha parlato nella Legge, nei Profeti e nel Nuovo Testamento». Poi in quello che lo Spirito fa, cioè la santificazione dei doni: «Affinché per la sua venuta faccia di questo pane il corpo di Cristo. E di quello che è mescolato in questo calice il sangue di Cristo». Infine in quello che i santi doni diventano per i fedeli e per la Chiesa: «Affinché questi misteri diano a coloro che li ricevono e ne partecipano santità dell’anima e del corpo, e producano in essi frutti di buone opere, raffermino la tua santa Chiesa preservandola da ogni eresia e degli scandali di coloro che trasgrediscono la fede».
Bisogna sottolineare la dimensione ecclesiologica della teologia dello Spirito santo nelle anafore siriache: la santificazione adoperata dallo Spirito sui santi doni è in vista della santificazione dei fedeli, della purificazione delle loro mancanze e del perdono dei loro peccati. Inoltre, nell’anafora attribuita a san Giovanni Evangelista, lo Spirito santo è il fuoco nascosto che avvolge il sacerdote che opera il sacrificio, sorvola l’altare e discende sui doni. Gli autori siriaci parlano del calore, della lievitazione, dell’incandescenza come simboli di realtà spirituali. Descrivendo lo Spirito santo come fuoco, sottolineano l’opera divina per mezzo dei santi doni: infuocati nello Spirito Santo, i fedeli sono vivificati e ricevono i doni dell’immortalità.
All’invocazione del sacerdote, lo Spirito santo, datore di vita, scende sulle offerte sull’altare che rappresentano Cristo nella tomba. Si può dire che egli invoca lo Spirito santo affinché renda presente la risurrezione di Cristo sull’altare, dando al suo corpo messo nella tomba l’immortalità, l’incorruttibilità e trasformandolo in «corpo datore di vita, corpo che dà la salvezza alle nostre anime e ai nostri corpi».
L'Osservatore Romano