lunedì 25 maggio 2015

Come un pugno nelle palle



Dati falsificati sulle nozze gay

di Leone Grotti

«Un’inchiesta meticolosa» dai risultati «impressionanti»: bastano solo 22 minuti di colloquio a un sostenitore della causa omosessuale per far cambiare idea a un oppositore del matrimonio gay e trasformarlo in un attivista. Così scrivevano nel dicembre del 2014 tutti i più importanti quotidiani del mondo, citando lo studio pubblicato dall’eminente rivista Science.
New York TimesLe MondeJerusalem PostWall Street JournalVoxHuffington PostGuardian (la lista sarebbe troppo lunga) hanno pubblicato giovedì articoli di scuse e smentite. Lo studio che ha fatto emozionare ed esultare tutti i sostenitori delle cause Lgbt del globo, infatti, era stato inventato di sana pianta.
IL REFERENDUM. Il 4 novembre del 2008, in California, si tenne un referendum (Proposition 8) in cui si chiedeva l’abolizione del diritto al matrimonio gay, introdotto a maggio da una controversa sentenza della Corte suprema della California, e l’introduzione in Costituzione di un emendamento per affermare che le uniche nozze valide sono quelle eterosessuali. Il 52,1 per cento degli aventi diritti votò a favore della proposizione.
Per rifarsi dalla cocente sconfitta, il centro Lgbt di Los Angeles lanciò una campagna telefonica e porta a porta per convincere, in 20 minuti, chi aveva votato contro il matrimonio gay a cambiare idea. Da qui nacque uno studio per dimostrare l’efficacia del metodo, condotto da un affiliato del centro Lgbt e assistente universitario presso la prestigiosa Columbia University, Michael LaCour, che nel dicembre 2014 scrisse insieme al docente della Columbia Donald Green un articolo su Science.
INCREDIBILI RISULTATI. Lo studio era basato ufficialmente sui dati raccolti dalla società di sondaggi Qualtrics tra circa 9.500 persone. Impressionanti i risultati: dopo un breve colloquio, le persone che ricevevano la visita porta a porta di un militante omosessuale cambiavano idea diventando, in una scala da 1 a 10, 8 volte più favorevoli alle nozze gay. Addirittura, dopo nove mesi, erano ancora convinti e tanti erano riusciti a persuadere anche i propri conoscenti.
DATI FALSI. Quando a maggio, due laureati hanno cercato di ampliare lo studio pubblicato su Science, si sono accorti che qualcosa non andava. Chiedendo informazioni a Green, co-autore dell’articolo, gli hanno messo la pulce nell’orecchio. Così, quando Green ha interrogato LaCour sul tema, si è accorto che i dati mirabolanti erano stati falsificati. Addirittura, Qualtrics non avrebbe mai condotto i sondaggi.
«PUGNO NELLE PALLE». Mercoledì Green ha scritto al blog Politico: «Sono profondamente imbarazzato per come sono andate le cose e chiedo scusa ai direttori, ai redattori e a tutti i lettori di Science. LaCour ha falsificato almeno in parte» i dati. Una bella delusione per tutti, soprattutto per Dave Fleischer, direttore del centro Lgbt che ha lanciato il progetto: «Mi sento come se mi avessero dato un pugno nelle palle. Fa davvero male quando ti fidi di una persona e pensi stia facendo un’indagine onesta sul tuo lavoro e poi scopri che non è così».


Tempi
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Fatta la legge, i gay in Europa non si sposano più. Lo dicono i numeri


“After ten years of same-sex marriage, approximately 9 out of 10 gay and lesbian people in the Netherlands have still not chosen to enter a legal marriage”. E’ la conclusione cui approda  uno studio di William C. Duncan dell’Institute for Marriage and Public Policy condotto a dieci anni dall’introduzione in Olanda del matrimonio omosessuale (nel 2001). Nello stesso studio si dà conto, riportando il parere di Vera Bergkamp, “head of a Dutch gay rights organization”, della mancanza di entusiasmo per il matrimonio omosessuale in quello che è “il primo paese al mondo a riconoscere il matrimonio omosessuale”. E questo è precisamente il punto. Il matrimonio omosessuale, quantitativamente parlando, sta disattendendo le attese. Non ha sfondato in Olanda. In Spagna, dopo la punta di oltre 4 mila nel 2006, primo anno dopo l’approvazione nel 2005, la cifra dei matrimoni omosessuali si è assestata sopra i 3 mila senza più superare i 3.500 all’anno: cifre nettamente inferiori anche rispetto alla più contenuta delle previsioni. Stesso andamento in Inghilterra: boom nel primo anno (anche lì il 2006) dopo quello dell’approvazione, poi un calo progressivo e un assestamento che ha portato i “same-sex marriage” a pesare per poco più del due per cento sul totale dei matrimoni. Proporzione del 2 per cento attorno alla quale si assestano, e  spesso al di sotto, anche gli altri paesi europei dov’è stato introdotto.
Mancanza di entusiasmo, dunque. “Lack of nuptial enthusiasm among gay couples”, come la definisce Vera Bergkamp, che cerca di darsene una spiegazione. Anzi, tre. Minore pressione sugli omosessuali esercitata da famiglia e amici; meno coppie gay che si sposano per avere bambini delle corrispondenti coppie eterosessuali; più individualismo e meno orientamento alla famiglia tra molti omosessuali.
Onestamente, tre ragioni che per un verso sanno di acqua fresca e per l’altro di giustificazione a posteriori. In conclusione: nel tempo della drammatica caduta del matrimonio eterosessuale gli omosessuali, dopo l’orgoglio, la lotta, il riconoscimento, il giubilo per la vittoria del riconoscimento del “diritto a sposarsi” si sposano assai meno di quanto lo facciano gli eterosessuali – che praticamente non si sposano più. E questo per le più che ovvie ragioni spiegate da loro stessi: sentono meno la spinta dei figli e sono mentalmente meno orientati al matrimonio di quanto non lo siano gli eterosessuali.
Detto in termini spicci: si profila, all’interno dell’“inverno” del matrimonio, il fallimento di quello omosessuale. Se proprio quel fallimento non è già nelle cose. A dirlo sono come sempre i numeri. Tornando  all’Olanda: dopo dieci anni in flessione, dal riconoscimento dei matrimoni omosessuali appena una coppia omosessuale su cinque (che dunque già convive) risulta sposata. Niente a che vedere con l’analogo dato riguardante le coppie etero, che risultano sposate nella proporzione di otto su dieci.
I trionfi del matrimonio omosessuale, dunque, appaiono soprattutto mediatici e preventivi. Caso significativamente assai diverso da quanto avvenuto per altre “conquiste civili”. L’introduzione in Italia del divorzio e dell’interruzione volontaria di gravidanza, per fare un esempio, e giudizi di merito a parte, furono innovazioni legislative cui seguirono anni di formidabile adesione. Nella pancia della società italiana c’erano i divorzi impossibilitati e gli aborti clandestini, che “emergevano” alla legalità. E’ del resto un fenomeno che la statistica sociale ben conosce: quando all’orizzonte legislativo si staglia il riconoscimento di un nuovo diritto, il ricorso a esercitarlo è subito impetuoso, in quanto esiste una situazione pregressa da sanare, poi il fenomeno tende a stabilizzarsi e flettere o perfino crescere. Ma il matrimonio omosessuale non ha conosciuto neppure dei veri e propri exploit iniziali, se non in termini assai blandi, per cominciare immediatamente a declinare e mostrare una tendenza alla stabilizzazione attorno alla soglia minima della rilevanza in tutti i paesi europei dov’è consentito.

Un tale, comune andamento svela quel tanto di artificiosità, di invenzione tutta politica che c’è nel matrimonio omosessuale. Quell’eccesso legislativo, nel senso dei diritti, che va tanto di moda perseguire ma che più che corrispondere a dati di realtà solletica e tende a ingraziarsi segmenti di società particolarmente attivi che, della realtà, si ergono a interpreti e rappresentanti, non sempre essendolo veramente. Mentre invece il riconoscimento delle coppie omosessuali e dei loro diritti è qualcosa che ha un senso pieno e avvertito come tale, il matrimonio no: sono i comportamenti concreti a svelare questa verità. I loro stessi atteggiamenti concreti. Quando non addirittura gli stessi, concreti giudizi delle organizzazioni direttamente coinvolte. Le loro stesse, oneste, ammissioni.
Roberto Volpi (Il Foglio)