Jihad e nichilismo è la crisi dell'Occidente
La coincidenza non era stata evidentemente voluta, ma c’era qualcosa di tragicamente simbolico nell’intrecciarsi ieri delle notizie sul sangue sparso da terroristi islamici in Tunisia, nel Kuwait e in Francia con quelle sulla sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti impone lo pseudo-matrimonio omosessuale in tutto il Paese. Nello sventolare in Internet delle bandiere nere dell’ISIS sui siti jihadisti da una parte e dall’altra, sul sito ufficiale della Casa Bianca, lo sventolare della bandiera arcobaleno prima e più in alto di quella a stelle e strisce; per non dire dello stesso logo del sito, con la Casa Bianca divenuta essa pure per l’occasione color arcobaleno. E aggiungiamoci anche nel nostro piccolo il varco verso la propaganda del “gender” che si è aperto nelle scuole statali italiane con la legge di riforma passata ieri in Senato con voto di fiducia.
Una nuova barbarie sta tentando l’assalto a mano armata a un modo di convivenza civile che non è certo né perfetto né immacolato, ma che comunque è quanto di meglio si sia finora affacciato alla ribalta della storia; un modo di convivenza civile radicato in Occidente, che senza l’Occidente non potrebbe crescere altrove; un modo di convivenza civile che è in primo luogo e sostanzialmente fondato sul cristianesimo. E proprio in un giorno nel quale il terrorismo islamista sferra contemporaneamente attacchi in Europa, in Africa e in Asia, tra grandi squilli di trombe mediatiche la maggiore potenza occidentale del nostro tempo fa un balzo in avanti verso lo sgretolamento della società civile, di cui la famiglia secondo natura è la prima base, e verso la sua sostituzione con una società “liquida”, disancorata da qualsiasi valore e da qualsiasi impegno comune. Una società che perciò, malgrado una sua pur enorme superiorità tecnica e militare, non sarebbe in grado di reggere alla minima sfida.
Il nichilismo, la società “liquida” sono (si fa per dire) dei lussi che ci si possono permettere quando ha si ha una superiorità assoluta, quando si dispone di un potere imperiale, quando si può essere certi di vincere qualsiasi battaglia senza versare una goccia del proprio sangue. Oggi non è più questo il nostro caso, se mai lo è stato. In tale situazione i cristiani, la gente di fede, si trovano ad avere una specifica e grande responsabilità. Tutti questi che non pensano ad altro se non alla propria personale affermazione, e non hanno altra meta se non il soddisfacimento dei propri immediati desideri, sono la preda inerme e predestinata di qualsiasi aggressore. Senza valori condivisi, e senza legami forti e irrevocabili, anche disponendo di armi ultra-potenti non si regge lo scontro nemmeno con un avversario armato di un semplice bastone. E così dicendo mi riferisco non solo alle armi in senso stretto ma anche alle armi della fermezza, della cultura, della tecnica, delle ricerca scientifica, della capacità organizzativa.
Urge perciò, prima che sia troppo tardi, un’iniziativa forte, un’assunzione di responsabilità che parta dal vissuto quotidiano per giungere al più presto anche ai livelli più complessi della vita pubblica e delle relazioni internazionali. Oggi bande di terroristi che sono in effetti poca cosa tengono in scacco i Paesi più sviluppati e materialmente più potenti del mondo. Per liberarsene occorre un progetto di politica estera organico e attivo, e non casuale e passivo come quelli che oggi vediamo sul tappeto. A monte di tutto questo però occorre, da parte di tutti coloro che hanno buoni motivi per farla, la mobilitazione umana e civile di cui si diceva.