mercoledì 24 giugno 2015

OPERAZIONE GF CONTRO KIKO

Family Day, Adinolfi: 'Ai cattolici da convegno dico: Ddl Cirinnà neutralizzato. Operazione GF contro Kiko'

di Marco Guerra
“Nel silenzio generale di tutta la stampa il Governo ha dato parere neutrale al ddl Cirinnà. Ecco i primi effetti concreti di piazza San Giovanni”. Dopo il successo della mobilitazione di sabato, Mario Adinolfi registra con soddisfazione la marcia indietro dell’Esecutivo Renzi che non esprime appoggio alla disegno di legge sulle unioni civili e, parlando con Intelligonews, fa chiarezza sugli “attacchi strumentali” a Kiko Arguello e sulle critiche che continuano ad arrivare da una parte del mondo cattolico.

Al di là degli errori ci possono essere stati, perché ci continua a parlare male di piazza San Giovanni sbaglia?

“Il dissenso verso la mobilitazione è legittimo, ci mancherebbe altro, su La Croce stiamo dando voce anche a pareri molto critici come quello dell’autorevole don Mauro Leonardi. Tuttavia credo che non si possa partire da una constatazione, ovvero che la manifestazione di San Giovanni fa la storia. A mio parere poi i cattolici dovrebbero sbandierare un’iniziativa completamente operata dal basso e senza neanche un cartello sbagliato o uno slogan fuori luogo, animata da gente mossa esclusivamente da un grande amore per i propri figli e dal rispetto per tutti, una cosa difficile solo da immaginare considerando che in piazza erano presenti quasi un milione di persone. Tutto questo possiamo considerarlo una forma di lezione per tutti coloro che si stanno scatenando con le critiche più feroci”.

Al centro delle ultime polemiche c’è il passaggio del intervento di Kiko Arguello sul femminicidio che sarebbe provocato dal tradimento della donna...

“Le parole di Kiko sono state travisate e slegate in maniera strumentale dal contesto di tutto l’intervento. Si tratta di un attacco a tavolino. Un colpo partito prima da fuoco amico e poi preparato a freddo dai soliti giornali, Repubblica, Il Fatto…che si sono andati a sbobbinare tutto il discorso di Kiko per poi isolare quelle parole. È un'operazione da grande fratello perché viene fatto pensare alla gente che sono stati espressi concetti che nessuno si è mai sognato di sostenere. Che tutto sia strumentale è dimostrato dal fatto che sabato Kiko ha parlato davanti a centinaia di giornalisti, se le sue parole fossero state così scandalose perché nessuno se n’è accorto subito? Perché nessuno ha reagito immediatamente? Perché sono andati a recuperare queste parole scollegate a cento ore dall’evento? In realtà la cosa che ha dato davvero scandalo è che Kiko ha parlato appoggiato ad una Croce. In molti non riescono a sopportare il fatto che San Giovanni è stato un successo enorme che ha avuto effetti immediati”.

L’effetto di destare l’opinione pubblica su questi temi…

“No, mi riferisco ad effetti molto più concreti. Oggi i giornali tacciono tutti invece di riportare che ieri il Governo ha dato parere di neutralità sul ddl Cirinnà. Prima della mobilitazione di un milione di persone, il ministro delle Riforme Boschi aveva fatto diverse dichiarazioni baldanzose a sostegno del ddl sulle Unioni Civili mentre ora apprendiamo che l’esecutivo intende rimanere neutrale rispetto all’iter di approvazione del disegno di legge. Insomma è evidente che quelli che sono andati in piazza lo hanno fatto con una modalità positiva e hanno prodotto effetti immediatamente riscontrabili. Su questo dovrebbero ragionare tanti cattolici che affermano che sia meglio una strategia culturale fatta di convegni e incontri – cosa che tra l’altro noi abbiamo fatto e continuiamo a fare – e che sia meglio aspettare altri dieci anni prima di mobilitarci”.

Piazza e strategia culturale, l’una non esclude l’altra?

“Certo, appena nata la Croce abbiamo fissato l’obiettivo della grande mobilitazione nazionale. Da molti ambienti ci è stato risposto “siete quattro gatti” e ora che abbiamo dimostrato che non siamo quattro gatti dobbiamo subire attacchi strumentali su tutti i media, e anche attacchi informati. Anche in questi giorni il sito de La Croce e quelli di altre realtà vicine al comitato promotore sono infatti nel mirino degli hacker. Paghiamo tutti il prezzo del successo della manifestazione, ma continuo a sperare che la parte più critica  mondo cattolico e delle sue gerarchie si renda conto di cosa è stato fatto grazie alla mobilitazione spontanea delle famiglie”.

C’è la possibilità di ricomporre un’unità di scopo all’interno del mondo cattolico?

“Io mi adopero perché ciò avvenga, non a caso sul mio giornale sto cercando di tenere tutti insieme, dialogando con tutte le realtà che animano il corpo della Chiesa italiana. Però un chiarimento a questo punto va fatto, quasi lo esigo, perché non si può trattare piazza San Giovanni così. Un’iniziativa del genere dovrebbe solo raccogliere le simpatie di chi dice di lottare per le famiglie”.

Le danno più fastidio gli attacchi da fuoco amico o le mistificazioni della stampa?

“Oggi su La Croce in poche righe ho messo tutto questo: l’attacco a Kiko, gli attacchi hacker, il silenzio della stampa riguardo alla decisione del governo di esprimere neutralità sul ddl Cirinnà e le strumentalizzazioni del testo ‘Intrumentum laboris’ presentato ieri in vista del Sinodo. La Cei dovrebbe convocare una conferenza stampa per parlare degli ultimi due punti che ho citato”.

Tutta questa intolleranza arriva proprio dai media che si professano più tolleranti…

“Ma è ovvio tutti sono Charlie fin quando Charlie ha la loro stessa opinione. In caso contrario si possono dire le peggiori nefandezze e non trovi nessuno che salti sulla sedia e dica che una piazza del genere non può essere trattata così”.
www.intelligonews.it

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Austria e Family day, due eventi inaspettati e ricchi di speranza

di Giancarlo Cerrelli
In questi ultimi giorni si sono verificati due eventi significativi e inaspettati, che sono un segno di speranza che potrebbe cambiare il corso delle cose.
Il primo è un evento che è passato completamente sotto silenzio.
In Austria, il 18 giugno, l’Assemblea nazionale, che è l’organo legislativo della Repubblica austriaca, ha votato contro una proposta legislativa che intendeva concedere alle coppie gay e lesbiche «il diritto umano di matrimonio egualitario». Su 136 votanti, solo 26 hanno votato a favore, il resto dei rappresentanti, cioè 110, ha votato contro.
L’organo legislativo austriaco ha rigettato la proposta di delibera, con il voto contrario anche dei socialdemocratici, che erano stati, tra l’altro, i promotori dell’iniziativa legislativa.
È importante rilevare che la decisione dell’Assemblea nazionale austriaca è avvenuta proprio qualche mese dopo il rapporto del Parlamento Europeo in seduta plenaria del 12 marzo 2015, che incoraggiava le istituzioni Ue e gli Stati membri – pur non potendoli vincolare – «a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento dei matrimoni omosessuali e delle unioni dello stesso sesso come questione politica, sociale e di diritti umani e civili».
È significativo che l’organo legislativo austriaco nonostante l’incoraggiamento del Parlamento Europeo abbia ritenuto di non approvare i matrimoni egualitari e ciò che meraviglia di più è che questo esito sia avvenuto con una schiacciante maggioranza trasversale. L’Austria, peraltro, non può certamente essere considerato un Paese “omofobo”. La legislazione austriaca, infatti, dal 2010 riconosce ai partner omosessuali il diritto di costituire una partnership registrata; conseguenza di tale riconoscimento, tra l’altro, è stata la decisione della Corte Costituzionale, dell’11 dicembre 2014, che ha rimosso definitivamente il divieto di adozione per i partner omosessuali facenti parte di una partnership registrata. Nonostante tali aperture, però, l’organo legislativo austriaco ha deciso di non andare oltre; come mai? Come mai l’esito della votazione è stato così chiaro e insindacabile?
Quello che proviene dall’Austria è un forte segnale che dovrà far riflettere quei ben pensanti nostrani che sul piano dei diritti civili soffrono di un atavico complesso d’inferiorità con il resto dei Paesi europei, che ritengono più civili, solo perché il loro ordinamento riconosce dei diritti che sono in realtà degli autentici anti-diritti.
Quest’evento, tuttavia, dovrà essere motivo di riflessione, soprattutto per i nostri parlamentari, affinché guardino al vero bene dell’Italia, che non equivale certamente a trasformare desideri velleitari di pochi in presunti diritti.
L’altro evento avvenuto in questi giorni è stato il grande successo della manifestazione del 20 giugno a Roma, in piazza San Giovanni, che ha sorpreso più di qualcuno, tanto da indurlo a sostenere che il raduno di sabato scorso apre uno scenario inaspettato.
Chi ha mostrato sorpresa per tale evento è soltanto perché ignora che esiste un’Italia profonda, fatta di famiglie, che con i sacrifici di ogni giorno mandano avanti il Paese reale, che è radicalmente diverso da quello artificiale descritto dai mezzi di comunicazione e dalle speculazioni dei maître à penser.
Da oggi, si dovrà tenere conto di un popolo che vive di vita propria e non desidera sottostare al diktat del pensiero unico e del politically correct.
Tale popolo ha mostrato una reazione significativa all’omologazione totalitaria che la “dittatura del pensiero unico” sta perseguendo in modo sempre più aggressivo e capillare in ogni ambito della società.
Forti e potenti lobby culturali, politiche e finanziarie favoriscono, da tempo, una cultura che vuole propiziare l’edificazione di una società sempre più liquida, priva di punti di riferimento, profondamente individualista, deprivata di una base valoriale comune.
E, così, anche la comunicazione profonda tra le persone, basata su principi condivisi, ne risente e, ormai, diventa sempre più precaria.
Il malcelato intento delle lobby è, difatti, quello di indebolire, qualsiasi comunicazione condivisa di principi tra i consociati, tale da poter generare una reazione popolare; in definitiva, l’intento è quello di renderci sempre più delle monadi; appariamo vicini gli uni agli altri, ma non stiamo insieme, perché non ci deve legare alcuna base valoriale comune.
Queste forze, infatti, stanno perseguendo un’aggressiva decostruzione della struttura antropologica della società, con lo scopo, altresì, di propiziare la costruzione di un nuovo ordine mondiale, non rispettoso, però, della legge naturale.
Per perseguire tale obiettivo è usato il diritto come strumento per manipolare la realtà.
Il vero merito di quel popolo che sabato scorso è sceso in piazza è di essersi posto controcorrente a questa violenta colonizzazione ideologica, che vuole renderci tutti omologati, tutti sottomessi a una vincente e coinvolgente “democrazia totalitaria”.
Qualcuno potrebbe domandarsi: com’è stata possibile una tale reazione in una società che le forti lobby hanno in gran parte anestetizzato?
La risposta la troviamo nell’osservare quel popolo.
Il popolo che è sceso in piazza non è una massa amorfa, che casualmente si è ritrovato per una manifestazione colorata e folcloristica, ma è un popolo fatto di famiglie, costituite da nonni, padri, madri, figli, nipoti, che con sacrifici e per anni si sono preparate a propiziare un cambiamento di rotta della nostra nazione che si è incamminata, purtroppo, da tempo, verso un forte declino culturale e morale.
Tali famiglie, sono considerate un corpo estraneo dai cosiddetti maître à penser, che si meravigliano di come sia possibile, che dopo anni di bombardamento culturale di tipo relativista, possa esistere ancora un’opposizione che enunci e testimoni una base valoriale comune.
Qualcuno, come dicevo, ha paventato acutamente che dall’evento del 20 giugno potranno sorgere scenari inaspettati.
È vero! Il popolo che è sceso in piazza si è preparato per molto tempo e in modo silenzioso, per favorire una rinascita della nostra nazione, che sia rispettosa del bene umano oggettivo.
La manifestazione del 20 giugno è, infatti, soltanto l’inizio di una nuova stagione che si sta schiudendo davanti a noi e che mira a propiziare la costruzione di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio; vale a dire di una società rispettosa di quella grammatica umana e sociale iscritta in ognuno di noi.
È molto forte, però, anche tra alcuni cattolici, la tentazione di cedere al mito illuminista di una storia lineare, pilastro della dittatura del relativismo, che presenta la verità come figlia del tempo e certi processi come irreversibili.
La storia, però, non ha nessun senso umano predeterminato e necessario – il suo unico senso è che Cristo ha vinto il mondo una volta per tutte –, le battaglie le vincono e le perdono gli uomini e le donne, e per il cristiano nessuna vittoria del male è ineluttabile o irreversibile.
Il cattolico che pensa diversamente è vittima, per dirla con papa Francesco, di quella «mondanità spirituale» che perde la fiducia in Dio e segue le vie e il consenso del mondo, e di quella disperazione storica che, come non si stanca di spiegarci il Pontefice, viene molto spesso dal diavolo.
L’evento austriaco e quello italiano ci confermano che non dobbiamo cedere allo scoraggiamento, la vittoria è nelle nostre mani e in quelle di Dio.


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