lunedì 29 giugno 2015

Non sei mia sorella


sisters_day_016
di Cristina Righi
A guardar bene anche l’inno nazionale  comincia così ,”Fratelli d’Italia…”, perché, in effetti, gli italiani appartengono tutti al medesimo popolo,  ma ho sempre creduto, ancor prima di rifletterci, che non ci fosse alcuna ragione per non pensare di essere tutti fratelli o sorelle. Eppure, spessissimo, vengo smentita. Chi sono i fratelli e chi sono le sorelle? Bisogna per forza “appartenere” affinché possiamo ritenerci fratelli?
Occorre necessariamente dire una parola d’ordine o compiere un gesto di riconoscimento (talvolta criptato) per dire che, essendo fratelli tra noi tutto sarà un accordo da rispettare?
La parola FRATER, parallelo al sanscrito BHRATHAR, deriva dalla radice Bhar che significa sostenere, nutrire. I fratelli sono dunque persone legate da una relazione profonda che non sempre pronuncia il proprio nome ma che viene sempre rinnovato. È un patto naturale antico e potente che affonda radici in un sodalizio di sostegno e crescita, quasi come un punto d’appoggio che permette addirittura di spostare insieme la terra e persino il cielo. Che meraviglia questa radice maschile e femminile dell’esperienza creativa: fratello e sorella.
Non esiste un genere neutro quanto piuttosto una collettività, perché diremo fratelli per comprendere generalmente tutta l’umanità. Come quando si dice uomo per intendere l’essere umano. Sono forse io il custode di mio fratello?
San Francesco chiamò fratello o sorella ogni cosa, tutto: fratello sole, sorella Luna,fratello Vento, sorella Acqua, fratello fuoco, sorella terra fino all’ultima, la più eletta, la nostra sorella morte. Tutta la creazione respira di un profumo fraterno!
È come se fossimo intessuti di una parentela circolare. Eppure, accade che, spesso, tu non sei mia sorella. Ma come? Ci si incontra magari tutte le estati, nello stesso posto di mare, oppure nei medesimi  luoghi di lavoro, di svago, ci si vede al supermercato, addirittura tutti i giorni si celebra la stessa messa ( perché i sacramenti si celebrano), ci si racconta tante esperienze;  si è vero non ci si conosce moltissimo però, il fatto è che un un giorno, diverso per molti, comunque un giorno, ha avuto inizio il cammino della propria vita partendo dallo stesso identico  “starter”: il fonte battesimale!
Poi addirittura ci incontriamo sempre in parrocchia perché ognuno ha i propri servizi, magari non ci salutiamo proprio perché non ci conosciamo personalmente ma, caspita, siamo sorelle! Mah, no, guarda, davvero non sei mia sorella.
Ti dico che ti sbagli, noi si che lo siamo perché, di sicuro abbiamo uno stesso Padre, colui che ci ama così come siamo e ci ha chiamato suoi figli, dunque, credimi, siamo sorelle. Il fatto è che io non ti conosco, e, in questo momento non ho tempo di conoscerti. Ecco il problema, ecco l ‘origine di questa distanza.
Siamo  terribilmente soli e io, non posso essere tua sorella perché tu hai paura di perdere te stessa. Tu non sei mia sorella perché le tue ferite sono più grandi della possibilità di vederle medicate.
Tu non sei mia sorella perché ti vedi peggiore di me.
Tu non sei mia sorella perché forse non riesci ad avere figli e non sopporti il chiasso e il disordine che  spesso procurano  i miei di figli.
Tu non sei mia sorella perché non sei capace di sorridere, o non puoi sorridere perché i tuoi problemi sono irrisolvibili e incondivisibili.
Tu non sei mia sorella perché ti hanno abituato a non fidarti….e se poi avrai ragione? Se ti deluderanno?
Tu non sei mia sorella perché il rischio di competere rende impossibile la tua capacità di vulnerabilità.
Tu non sei mia sorella perché l’eventualità di un attacco opacizza le tue armi difensive e non riesci ad avere più opinioni e punti di vista.
Meglio non conoscere, non rischiare, non posso permettere di avere una sorella, meglio evitare e rinchiudermi nel mio piccolo guscio.
Tu non sei mia sorella perché piano piano mi scoprirai, toglierai le mie spine, passerai per quelle ferite e cercherai di darmi consigli. Se lo farai forse potrai aiutarmi ad affondare nelle mie radici ed estirpare quelle malate,e, così facendo comincerà a sgorgare linfa vitale per le foglie aride della mia vita. In questo modo tornerò a scoprire che uno spiraglio di vita sta illuminando qualcosa. Torneranno i ricordi che non potrò cancellare perché il passato rimane indelebile ma saranno guariti, plasmati, amati e perdonati. Comincerà a risplendere il sole, a germogliare la pianta del mio giardino che da tempo era appassita. Il deserto fiorirà!
Il lutto si cambierà in gioia, il lamento diventerà danza, la veste di sacco sarà un abito dei più preziosi e la mia bocca canterà senza posa. Ma tutto questo mi terrorizza, o meglio, mi denuda, mi costringe ad abbandonarmi. Non credo di riuscire a farcela. Però certo, se il mio sguardo andasse oltre potrei invece pensare che…..
TU SEI MIA SORELLA perché ti aspettavo da tempo, non ci conoscevamo ma, in un battito d’ali siamo diventate le parenti più strette.
Non si è fratelli o sorelle perché si appartiene a qualche cosa ma perché si è figli dello stesso amatissimo Padre che ci ha fatto così diversi perché ad ognuno liberamente ha consegnato talenti, doni, regali di ogni genere perfettamente adeguati alla specialità di ciascuno.
Il nostro essere fratelli è la condizione necessaria del superamento di una sindrome, quella del figlio unico. Perché un conto è essere figli unici, un conto è voler rimanere figli unici. Il figlio unico è colui che non riconosce la presenza dell’altro e, se lo fa, spesso è una modalità di comportamento. Ad esempio, quante volte siamo stati accolti persino in una comunità di preghiera con sorrisi smaglianti, con dichiarazioni di amore del tipo: “ieri che non sei venuto all’incontro mi sei mancato da morire” e poi, quante volte siamo stati cercati dopo tanto tempo che non frequentavamo più il nostro gruppo? Ecco questa potrebbe essere una modalità da figlio unico e qui viene in soccorso il nostro cuore. Siamo fratelli nonostante tutto o soltanto se saremo gratificati da quelle “dichiarazioni d’amore”?
Siamo fratelli in parrocchia anche se non ci siamo mai salutati perché davvero non ci conosciamo o lo siamo solo se ci accomunano gli stessi modi di sentire,pensare,pregare o parlare in sordina degli altri esseri umani? Siamo fratelli nelle sante alleanze o nella false comunanze? Siamo fratelli quando condividiamo le nostre vite per il desiderio del bene altrui o per gratificare i nostri responsabili ( chiunque essi siano)?
Che cosa significa per noi avere in comune un Padre? In che cosa soprattutto noi ci sentiamo figli?
Grazie Signore perché mi hai adottato come figlio, grazie perché la tua paternità per me è necessaria. Tu mi insegni a camminare, tu mi aiuti a mettere un piede dopo l’altro soprattutto quando spesso manca la mattonella d’appoggio. Grazie perché mi aiuti a fidarmi di me stesso e degli altri. Grazie perché come Padre mi mostri la sapienza e la capacità di guardare a chiunque altro che, a sua volta è stato adottato come figlio, cioè è mio fratello. Grazie perché, quando io penso che tu preferisci gli altri e mi tratti peggio, mi ricordo che, essendo fratelli, tu non farai ingiustizie ma dipenderà da me comprendere l’amore che nutri verso tutti. Dunque saprò attendere un momento diverso perché, un genitore, quando apparentemente sembra che stia preferendo un figlio, in realtà sta solo curando le debolezze del momento e, contando sulle maggiori forze dell’uno, tralascerà qualcosa per ridonarlo al momento opportuno.
Figuriamoci tu, Padre che sei Amore Onnipotente, ricco di Amore e Tenerezza che le nostre parole non possono e non devono neppure immaginare, con quale perfezione curi e custodisci ogni tua singola creatura. Per questo nessuna gelosia tra fratelli, nessuna invidia tra fratelli, nessuna competizione tra fratelli, nessuna condanna tra fratelli, nessun odio tra fratelli, nessun risentimento, nulla, perché, i figli di un Padre perfetto contano su di Lui, e se io sono la sua specialissima figlia a cui non sarà tolto neppure un capello, cosa sono tutti gli altri esseri umani viventi di tutta questa terra? La stessa identica cosa: figli dello stesso Padre, cioè i miei fratelli!
LUCA 21,10 Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo.12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi;17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.
Se penso al matrimonio trovo nell’essere figli ,dello stesso meraviglioso Padre, una fratellanza particolare che è quella dell’essere entrambi a sua immagine. E in questa fraternità, cioè nella condivisione più profonda dell’adozione a figli, diventando una sola cosa l’uno con l’altra ecco che dei due siamo uno, fratello e sorella in Cristo, coniugati dall’amore del Padre.
Caro fratello o sorella che leggi, ovunque tu sia e in qualunque condizione tu ti stia trovando ricorda che tuo Padre è per te e anche io sono per te, per la tua solitudine, per la comune salvezza perché noi siamo  preziosi e non possiamo permetterci di rimanere soli.
Ecco perché, tu sei mia sorella!