martedì 30 giugno 2015

Non è stato un caso!



di Francesco Agnoli
Roma. All’indomani della manifestazione di piazza San Giovanni a Roma del 20 giugno, il Comitato “Difendiamo i nostri figli” è già pronto a riconvocarsi. Alcuni incalzano perché non si molli la presa. In tanti chiedono che si torni in piazza già a settembre, sull’esempio dei francesi. Abbiamo chiesto al presidente e portavoce del Comitato, Massimo Gandolfini, come si siano potute mobilitare, in 18 giorni, migliaia e migliaia di persone, senza l’appoggio né di partiti o sindacati, né della gerarchia ecclesiastica.
“Il risultato di piazza S.Giovanni – risponde il neurochirurgo e psichiatra – è senz’altro straordinario e ha superato le più ottimistiche previsioni. Ma non è stato un fulmine a ciel sereno. Nei dodici mesi precedenti abbiamo incontrato decine di migliaia di persone in convegni, conferenze, dibattiti; abbiamo incontrato la gente comune – quella degli oratori, delle piazze, dei circoli culturali più disparati e più sconosciuti, dei ritrovi e dei bar – e abbiamo informato di quanto stava accadendo, senza che se ne accorgessero, raccontando storia e strategia del gender, con tutti i pericoli che figli e nipoti stavano correndo nella scuola, compresi i rischi per la famiglia, scippata della sua identità (padre e madre) e del suo diritto educativo. Si è alzata una voce comune: facciamo qualcosa, manifestiamo il nostro dissenso, diciamo che vogliamo una famiglia con mamma e papà e i bimbi al centro, protetti nella loro innocenza, che il gender si ripromette di traviare! Questo è il segreto del successo in pochissimi giorni: molte famiglie erano già pronte e aspettavano solo che qualcuno avesse il coraggio di chiamarle all’appello. Anzi, molti erano scandalizzati che non si facesse nulla: se non ora, quando?”

Sì, l’attività sul territorio è stata febbrile, ma otto anni fa il Family day fu sostenuto dalla Cei di Camillo Ruini. Furono organizzati pullman, persino da Coldiretti e Cisl… Questa volta non solo la Cei non c’era, ma il suo segretario, Nunzio Galantino, si è mostrato apertamente contrario. Senza risultato, se non il fastidio di molti cattolici e di non pochi confratelli nell’episcopato. Cosa significa, per dei laici agire in prima persona, senza appoggio della gerarchia? E’ finito il tempo dei “vescovi pilota”? Che giudizio dà del disimpegno, non certo assoluto, ma purtuttavia evidente, delle gerarchie ecclesiastiche, sui temi eticamente sensibili?

“Sì, l’autoconvocazione è stato un aspetto nuovo. Il Family Day del 2007 nacque dall’alto ed ebbe alle spalle un’organizzazione formidabile, in tutti i sensi. Il 20 giugno, nasce dal basso, dalla gente comune, priva di qualsiasi finanziamento, tutto a spese delle singole famiglie. Nessuna agevolazione o sconto speciale, né per treni né per pullman. Il laicato cattolico è diventato il vero protagonista diretto: certamente onore al merito, ma è anche un merito ‘obbligato’ dalle circostanze. Quando nessuno si muove, non si hanno molte alternative: o si sceglie di rimanere passivi e supinamente immobili, o si decide di avere coraggio, anche rischiando… ma se la causa è alta, importante, di valore, vale certamente la pena di rischiare. San Giovanni Paolo II, nella Familiaris Consortio (43) esortava le famiglie ad assumersi responsabilità per ‘trasformare la società: diversamente saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza’. Responsabilità che – secondo gradi e livelli specifici – è di tutti. Tutti, di fronte al durissimo attacco alle basi stesse dell’umano e della famiglia – leggi ddl Cirinnà e ddl Fedeli – hanno il dovere di alzare il capo, giocandosi con coraggio e lealtà, in nome della verità, al di là di machiavelliche considerazioni strategiche. Responsabilità che è prima di tutto verso la propria coscienza, e poi di fronte alla gente e alla storia”.

Responsabilità di tutti, afferma Gandolfini, con serena fermezza. Ma non la pensa così monsignor Galantino, vero deus ex machina della chiesa italiana, che ha agito in ogni modo per ostacolare il 20 giugno, prima, e per silenziarlo, poi. All’osservatore attento, che segue ormai da parecchi anni la grande battaglia antropologica in atto, appare chiara la svolta imposta dal segretario Cei, in contrasto, è giusto ricordarlo, con il presidente Bagnasco. Dieci anni fa Ruini propose la creazione di Scienza & Vita, un pensatoio di laici, medici, filosofi, insegnanti… capaci di rendere ragione di una visione antropologica fondata sulla fede, ma anche sulla ragione e la scienza. Oggi l’indirizzo suggerito, talora imposto, dal segretario Galantino, è assolutamente antitetico all’impegno vigente sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Le voci vanno però tutte nella stessa direzione: è stato Papa Francesco ad approvare la manifestazione, come aveva già fatto in passato in Argentina. E’ stato lui a mettere in riga monsignor Galantino. Con esiti imbarazzanti, quali la lettera “filo-governativa” della dirigenza di Comunione e liberazione, che, per stare con il segretario Cei, si è trovata, forse senza neppure accorgersene, in disaccordo con il Pontefice. Viene spontaneo chiedere a Gandolfini se il clericalismo abbia qualcosa a che fare con le vicende di questi giorni. “Papa Francesco – risponde – sta aiutando moltissimo a liberarci da un clericalismo che cala dall’alto e considera il laicato un quadro subalterno, mero esecutore di scelte imposte e, spesso, non condivise. Però, a mio avviso, è tanto vero che il ‘pastore-pilota’ è figura ormai superata, quanto è vero che il gregge ha bisogno di un pastore che coglie le sue necessità, i suoi bisogni, le sue richieste, il suo grido di allarme e di aiuto. La storia – anche recente – ci insegna che quando il pastore tace, vincono i lupi. Quando il Bene e la Verità non hanno più voce pubblica, il Male la fa da padrone”.

Che il pastore talvolta taccia, sembra appurato. I rumors che vengono dai corridoi del Parlamento, però, sono ancora diversi: Renzi – svela qualcuno – è infastidito dalla grande manifestazione del 20, ma non troppo. Corre voce che Galantino stesso abbia assicurato, non solo con i segnali pubblici di appeasement lanciati in questi giorni al governo, ma in modo ancora più esplicito, che la chiesa italiana non andrà alla “guerra” per il gender. In questa condizione anche i parlamentari impegnati sul fronte delle leggi, si trovano in grande difficoltà. Hanno dietro un popolo, che non solo Renzi, Cirinnà e Scalfarotto vogliono silenziare, ma anche qualcun altro il cui gioco di sponda potrebbe rivelarsi decisivo.
Il Foglio