sabato 27 giugno 2015

L’irresistibile leggerezza dell’essere



foto di Mario Barbieri
foto di Mario Barbieri
di Mario Barbieri
Ho assistito e partecipato all’incontro del 25 giugno a Modena per il settimo (e ultimo) incontro del ciclo “Giovani, Famiglia e Società”, dove il “primo relatore”, l’invitato d’onore, come credo tutti sappiano su questo blog, era Costanza.
Volevo qui condividere alcune sensazioni e considerazioni che vorrebbero andare oltre il semplice plauso o i complimenti a Costanza, anche perché sono fermamente convinto che in un’ottica cristiana le eccessive lodi ad una persona, ancor più se la si stima, non sono un gran regalo da farsi, anzi possono trasformarsi in un inconsapevole “sgambetto”…
Ciò detto, devo dire che ancora una volta (non è la prima che ascolto Costanza parlare in pubblico), mi ha favorevolmente colpito la sua “leggerezza”, il suo estremo garbo e anche la sua ironia (spesso auto-ironia), nell’affrontare temi non dici scabrosi, ma certamente seri ed importanti.
Ha anche un discreto “sense of humor”, alcune battute direi sarebbero degne di esser citate sul palco di Zelig (quella dell’Apollo 13 con a bordo una donna – non se ne abbia a male la nostra formidabile Cristoforetti – è spassosissima).
Queste peculiarità certo devono esserle in qualche modo connaturate, per carattere, indole e propria formazione, ma hanno dei tratti che mi piace riportare allo spartito, anzi al pentagramma, che fa da ossatura a queste o quelle note, che diversamente suonerebbero come assoluta cacofonia.
Lo spartito, il sottofondo musicale del dire di Costanza e che ha in comune ad altri, è la Fede, la Fiducia, la Speranza ed anche direi la Carità (quella Evangelica). Questo fa si che come il “bel canto”, il dire non si imponga a forza, non diventi un disturbo, una violenza, ma qualcosa che allieta, che può anche trasformare l’umore di un singolo momento o giorno intero.
Dovrebbe essere credo, l’essenza non tanto dell’Annuncio Cristiano, che può anche avere toni ieratici, profetici, perentori se così Dio vuole, quanto quello della nostra singola, feriale, umana testimonianza. Qualcosa che, indipendentemente da chi ci troviamo di fronte, viene porta all’altro come si porge un dono, un omaggio. Anche spogliando un po’ se stessi, mostrandosi più che mettendosi in mostra, mostrandosi per quello che si è, perché l’altro possa in noi riconoscersi e, come diceva anche Costanza in quell’incontro, pensare: “ma se ce l’ha fatto lei/lui, perché non posso anch’io?”
Ho osservato attentamente durante l’incontro, il “malcapitato” (scherzo, non so se lo era…) che sul palco era certo stato mandato d’ufficio, a rappresentare la Banca “sponsor” – e nessuno si scandalizzi, anche gli “sponsor” sono a volte necessari – e che ha fatto il suo intervento formale e professionale.
Non so nulla di quel giovane bancario, della sua vita, tanto meno della sua Fede o se dentro di sé aveva tirato accidenti per una serata sprecata a cui non aveva potuto sottrarsi, ma… ma vi posso assicurare che se l’è goduta. Non si è perso un passaggio del parlare di Costanza, non s’è perso un battuta, ridendo e applaudendo di gusto con l’assemblea. Un’attenzione troppo viva per non pensare che il tutto non l’abbia colpito. Magari in tante cose si è ritrovato, certo credo non sia tornato a casa come era arrivato.
Questo anche è il valore, l’essenza, la gioia, la forma della testimonianza e della testimonianza Cristiana, perché forse la parola “Dio” o il nome di Gesù o i Dogmi o il Catechismo, non sono stati ripetuti a raffica, ma non di meno non potevano essere “non udibili” perché stavano in quella melodia. Perché la domanda che chiama a conversione non è “come faccio a conoscere ed imparare queste… Cose”, ma “come mai la tua vita è così (e la mia no)?”.
E il far sorgere questa domanda è dato a tutti, se la nostra vita pur con tutti, tutti i nostri limiti è redenta. E non dobbiamo e non possiamo sottrarci, perché non è necessario stare su un palco, aver scritto un libro o essere “Costanza”, basta aver fatto esperienza dell’Amore di Dio e non nasconderlo (come il servo infingardo dell’unico talento).
Vi è un’altra cosa che già da molto mi sorprende, ed è la capacità di sondare le dinamiche umane come il più sapiente degli psicologi o psichiatri se vogliamo. Sentire parlare Costanza di tutte le dinamiche del rapporto uomo-donna, ma anche uomo-donna-figli, quelle dinamiche che trovano motivo nella nostra profonda e specifica natura e nell’essere diversi ma complementari è sorprendente ma nello stesso tempo naturale.
Potrei quasi dire che nella mente del credente, si trasfonde una conoscenza che è quella che il Creatore ha per la Sua Creatura. Una visione che a me piace chiamare discernimento, che appunto discerne gli spiriti, gli umori, le pulsioni e le persone. Non sto parlando di una mistica arte divinatoria o di chissà quali poteri paranormali, ma di leggere l’uomo per quello che è, di capirne la psicologia profonda e soprattutto averne misericordia.
Ma misericordia, già sembra un termine di chi è accondiscendente (non parlo ovviamente della Misericordia divina), di chi guarda le cose un po’ dall’alto… parlo invece della misericordia di chi ha “cura”, di chi si fa carico dei pesi dell’altro con la stessa filosofia che è nella parola tanto concreta e materiale della liturgia di questa Domenica: “Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza…” (2Cor 8, 14). Dove è chiaro che in questo contesto non mi riferisco ad un’abbondanza e un’indigenza solo materiali, anzi.
Così mi auguro che da incontri come questi non si apprendano delle “formulette”, dei piccoli segreti per viver meglio la nostra relazione sponsale o altro che sia, ma che si trovi il desiderio e lo stimolo per la testimonianza bella del bello, del bello che c’è in noi, del bello che c’è in noi nel nostro rapporto intimo con Dio da cui ogni altro rapporto prende senso e misura e pienezza.
Mi sia consentito anche un pubblico e personale grazie, per una cosa semplice come quella di aver avvicinato Costanza e dopo essermi fatto riconoscere per chi ogni tanto è qui ospite di scritto e partecipante a volte invadente, si è sentito rivolgere un: “Uhhh, che bello… aspetta aspetta…” per aspettare la sua circumnavigazione del tavolo del palco e poi un abbraccio, come si abbraccia un amico fraterno che si ritrova dopo tempo o a lungo atteso.
Grazie Costanza.