Ma il 20 giugno in piazza i veri fondamentalisti non c'erano
di Massimo Introvigne
Caro Crippa,
Il tuo articolo è la critica più intelligente e articolata che ho letto alla manifestazione di Piazza San Giovanni, a fronte di tante sciocchezze e volgarità. Solleva certamente problemi su cui è bene che i dirigenti delle associazioni cattoliche riflettano. Io l'ho fatto e lo faccio, arrivando però a conclusioni diverse dalle tue.
Come sociologo studio il fondamentalismo da qualche anno, e mi appresto a pubblicare un nuovo volume sul tema in autunno, dove mi occupo anche del fondamentalismo cattolico. Preferisco parlare di fondamentalismo e non di integrismo, etichetta che nasce con fini polemici e che presenta problemi di definizione ancora maggiori del fondamentalismo. Quanto a quest'ultimo, fra tante definizioni mi convince questa, che è anche la più usata in sociologia: si tratta di una prospettiva dove la fede assorbe la ragione, e come conseguenza la religione assorbe la politica, ovvero si pretende di dedurre meccanicamente la politica dalla religione. Spesso, come giustamente scrivi, il fondamentalismo porta con sé il clericalismo – in Iran o in Italia – cioè il far guidare la politica dai preti.
Sono d'accordo con te: il fondamentalismo è una tentazione e un errore. C'è anche un errore speculare: il laicismo, che è cosa diversa dalla sana laicità, dove al contrario la ragione assorbe totalmente la fede e ne nega i caratteri specifici, e la politica alza una muraglia cinese nei confronti della religione, richiudendola nelle chiese e nelle sagrestie e negando ai credenti la possibilità di intervenire in quanto credenti nelle grandi questioni politiche e sociali.
Se i credenti si lasciano intimidire dal laicismo, nasce la "scelta religiosa", cioè l'auto-censura per cui si accetta di rimanere rinchiusi nelle sagrestie – o nelle sedi delle associazioni cattoliche – per timore di essere considerati fondamentalisti. Io non appartengo a Comunione e liberazione, ma ricordo come fosse ieri don Giussani esporre questa critica della "scelta religiosa" in una cena a Torino. Naturalmente, si espresse nello stesso senso decine di altre volte.
Eppure il problema che sollevi rimane. Il rischio del fondamentalismo esiste. Il rischio del clericalismo anche, ma non c'entra con piazza San Giovanni, di cui tutto si può dire meno che fosse una manifestazione convocata e guidata da preti e vescovi. Era semmai il contrario: il vero clericale, cioè chi, per dirla con Papa Francesco, era pronto a muoversi solo con l'assenso di "vescovi-pilota" il 20 giugno è rimasto a casa.
Perché costoro a Piazza San Giovanni non c'erano? Precisamente perché sono fondamentalisti. Vorrebbero dedurre le leggi dal Catechismo di San Pio X. Non erano in piazza perché sapevano che la piazza non sarebbe stata contro le persone omosessuali, ma solo contro leggi giudicate nocive al bene comune. Chi sono io per giudicare gli omosessuali? Ma chi sono io per non giudicare le leggi, venendo meno al mio dovere di cittadino prima ancora che di cristiano?
I fondamentalisti sono dunque stati a casa, così come i clericali e i sostenitori della scelta religiosa. Ma allora in piazza chi c'era? La risposta è semplice. I cattolici normali, fedeli al Papa e al Magistero, che non sono né fondamentalisti né proni al laicismo, che non vogliono confusioni fra religione e politica ma nemmeno separazioni assolute, e trovano nella dottrina sociale della Chiesa la via media della collaborazione nella distinzione e nel rispetto delle rispettive autonomie delle due sfere. Hanno torto anche il mio collega sociologo Marco Marzano, «sociologo-pilota» di tante interpretazioni del 20 giugno, e Pierluigi Battista. Non ci sono due Chiese, quella che sta con Papa Francesco è quella che è andata, con tanti non cattolici, a Piazza San Giovanni. Sono la stessa Chiesa, dove naturalmente convivono sensibilità diverse. I nemici fondamentalisti di Papa Francesco esistono: ma sono quelli che a Piazza San Giovanni avevano invitato a non andare.
Se per timore di essere chiamati fondamentalisti rinunciamo a fare politica cediamo al laicismo. Se per timore di cedere al laicismo ci lasciamo sedurre da slogan massimalisti che deducono la politica dalla religione torniamo al fondamentalismo. La strada fra la Scilla del fondamentalismo e la Cariddi del laicismo e della scelta religiosa è stretta. Ma non strettissima. Ci sono passate un milione di persone.
Il Foglio