venerdì 25 gennaio 2013

Il carisma dell'unità nelle chiese e nella società.



Di Chiara Lubich
ROMA, Friday, 25 January 2013.
Carissimi fratelli e sorelle, che Gesù sia in mezzo a noi! E può esserlo avendo promesso lui stesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome - che per alcuni Padri della Chiesa vuol dire uniti nel mio amore -, io sono in mezzo a loro" (cf Mt 18,20). E noi siamo più di due o tre.
Il 3 novembre prossimo si celebrerà qui a Ginevra l'anniversario della Riforma, una festa religiosa che auguro ricca dei migliori doni spirituali a tutti i cristiani delle Chiese Riformate, miei amatissimi fratelli e sorelle. In quel giorno risuonerà quindi forte una parola: "riforma", appunto. Riforma, espressione che dice desiderio di rinnovamento, cambiamento, rinascita quasi. Parola speciale, attraente, che significa vita, più vita. Parola che può suscitare anche una domanda: il sostantivo "riforma", l'aggettivo "riformata", valgono unicamente per la Chiesa che ha in Ginevra il suo centro? O non sono parole applicabili in qualche modo a tutte le Chiese? Anzi non erano forse tipiche della Chiesa da sempre?
Dice il decreto sull'ecumenismo del Concilio Vaticano II: "La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno"1. E, se osserviamo bene la storia della Chiesa, e in particolare gli anni in cui noi cristiani eravamo ancora uniti, vediamo che Gesù, con lo Spirito Santo, ha sempre pensato, voluto, orientato la sua Sposa verso una continua riforma, sollecitandone un costante rinnovamento. Per questo ha mandato sulla terra, di tempo in tempo, doni, carismi dello Spirito Santo che hanno suscitato correnti spirituali nuove o nuove Famiglie religiose. E con esse ha riofferto lo spettacolo, in uomini e donne, di una vita evangelica totalitaria e radicale.
Così è anche nei nostri tempi, cari fratelli e sorelle, per decine e decine di carismi diffusi nelle Chiese, atti a rinnovarle. Di essi, a mo' di esempio, vi dirò qualcosa di quello chiamato "carisma dell'unità" che ha suscitato il Movimento dei Focolari. Questa realtà ecclesiale, infatti, pur nata in una Chiesa, quella cattolica romana, è formata ora da persone appartenenti a oltre 350 Chiese e Comunità ecclesiali. Il suo fine è quello di collaborare proprio all'unità fra tutti i cristiani ed alla fraternità universale fra tutti gli uomini e le donne della terra. I suoi frutti abbondanti, la sua espansione nel mondo in 182 nazioni e la sua consistenza, fatta circa di sette milioni di persone, di 91 lingue, dicono che fino ad oggi, ringraziando Dio, è andato veramente bene.
Non solo. Questo Movimento è di una straordinaria attualità. E lo possiamo capire analizzando un po' insieme la presente situazione del nostro pianeta. Tutti sappiamo che recentemente a Johannesburg c'è stato il summit delle Nazioni Unite (ONU) sullo sviluppo sostenibile definito come "una presa di coscienza"2. Per esso le terribili cifre sulla povertà, in cui versa una gran parte dell'umanità, sono state davanti agli occhi del mondo. E si è capito che non è più possibile rimanere inerti; occorre che impariamo eil mondo impari a vivere tenendo conto del disegno di Dio sull'umanità: siamo tutti fratelli e sorelle, siamo una sola famiglia. (…)
E' questa una visione non assolutamente nuova. Testimoni della storia recente, come il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama e Giovanni Paolo II, l'hanno pensata e fortemente voluta. Ma è soprattutto Gesù che vuole la fraternità universale se ha pregato così: "Padre, che tutti siano uno" (cf Gv 17,21). Egli parlando di unità, parla di fraternità; fraternità che, per noi cristiani, può e deve essere addirittura sul modello della Trinità, alla cui vita noi possiamo partecipare, per il comune battesimo.
L'unità. L'unità, dunque. La fraternità. Unità e fraternità che, per il carisma dell'unità, il Movimento dei Focolari è particolarmente impegnato a realizzare. Esso - il Movimento - testimonia e insegna che per vivere l'unità occorre partire dall'amore annunciato nel Vangelo, quell'amore radicale tipicamente cristiano. Quell'amore che, se si accoglie con attenzione e diligenza e lo si pratica, può far sperare molto per il momento presente della storia. (…)
Chi lo pratica nel Movimento dei Focolari, ad esempio, ha sperimentato che l'amore è la più potente forza del mondo: scatena, attorno a chi lo vive, la pacifica rivoluzione cristiana, sì da far ripetere ai cristiani di oggi quello che, secoli fa, dicevano i primi cristiani: "Siamo di ieri e già siamo diffusi in tutto il mondo"3. Questa rivoluzione cristiana tocca non solo l'ambito spirituale, ma anche quello umano, rinnovandone ogni espressione: culturale, filosofica, politica, economica, educativa, scientifica, ecc.
L'amore! Quanto bisogno d'amore nel mondo! E in noi, cristiani!
Tutti noi insieme delle varie Chiese siamo più di un miliardo. Molti, dunque, e dovremmo essere ben visibili. Ma siamo così divisi purtroppo, che tanti non ci vedono, né vedono Gesù attraverso di noi. Egli ha detto che il mondoci avrebbe riconosciuto come suoi e, attraverso di noi, avrebbe riconosciuto lui, dall'amore reciproco, dall'unità: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (cf Gv 13,35).
L'amore reciproco, l'unità doveva essere, dunque, la nostra divisa, il nostro distintivo, e il distintivo della sua Chiesa. Ma la piena comunione visibile non l'abbiamo mantenuta e non c'è ancora; per cui è nostra convinzione che anche le Chiese in quanto tali debbano amarsi con questo amore, e ci sforziamo di lavorare in questo senso.
Quante volte le Chiese sembrano aver obliato, dimenticato il testamento di Gesù, hanno scandalizzato, con le loro divisioni, il mondo, che dovevano conquistargli! Infatti, se diamo uno sguardo alla nostra storia di 2000 anni e in particolare a quella del secondo millennio, non possiamo non costatare come essa sia stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte che hanno spezzato in molti punti la tunica inconsutile di Cristo, che èla sua Chiesa. Colpacertamente anche di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali...; ma pure del venir meno fra noi di quest'elemento unificatore, nostro tipico: l'amore. E' per questo che ora, per poter tentare di rimediare a così tanto male, per attingere nuova forza per ricominciare, dobbiamo porre tutta la nostra fiducia in quest'amore evangelico. Se diffonderemo amore e amore reciproco fra le Chiese, quest'amore le porterà, pur diverse, a divenire ognuna dono alle altre, come auspica Giovanni Paolo II in un suo libro: "Bisogna - scrive - che il genere umano raggiunga l'unità mediante la pluralità, che impari a raccogliersi nell'unica Chiesa, pur nel pluralismo delle forme del pensare e dell'agire, delle culture e delle civiltà."4
Carissimi fratelli e sorelle, l'abbiamo capito: il tempo presente domanda a ciascuno di noi amore, domanda unità, comunione, solidarietà. E chiama anche le Chiese a ricomporre l'unità lacerata da secoli. E' questa la riforma delle riforme che il Cielo ci chiede; è il primo e necessario passo verso la fraternità universale con tutti gli altri: uomini e donne del mondo. Il mondoinfatti crederà se noi saremo uniti. Lo ha detto Gesù: "Che tutti siano uno (...) affinché il mondo creda" (cf Gv 17,21). Dio questo vuole! Credetemi! E lo ripete e lo grida con le presenti circostanze che permette.
Che egli ci dia la grazia, se non di veder realizzato tutto questo, almeno di prepararlo.
(Fonte: www.centrochiaralubich.org. Il testo è la trascrizione di una registrazione video della riflessione  pronunciata da Chiara Lubich il 27 ottobre del 2002 a Ginevra, in Svizzera, durante una celebrazione ecumenica nella cattedrale di Saint-Pierre)
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NOTE
1 Unitatis Redintegratio 6.
2 Cf intervento della Santa Sede all'Assemblea Plenaria del Vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile - Johannesburg 24.8-4.9.02 in "L'Osservatore Romano" 4.9.2002, p.2.
3 TERTULLIANO, Apologetico 37,7.
4 GIOVANNI PAOLOII, Varcare la soglia della speranza, Milano 1994, p.167.