26
GENNAIO
SANTI
TIMOTEO e TITO
VESCOVI,
DISCEPOLI DI S.
PAOLO
(sec. I)
Memoria
Vedi anche:
26 Gen 2012
I).
Di seguito il Vangelo di oggi, 26 gennaio, festa liturgica dei santi
Timoteo e Tito, vescovi. Sparso il seme del Vangelo mediante la sua
presenza corporale,. subì la passione e la morte e risuscitò,. mostrando
con la passione ...
|
LETTURE:
2
Tm 1,1-8; Sal 95; Lc
10,1-9
|
Timoteo, colui al quale Paolo «il primo dei peccatori» aveva confidato: «La grazia di nostro Signore ha sovrabbondato in me, con la fede e la
carità che è in Cristo Gesù» (1 Tm 1,12-17), fu il
discepolo prediletto dell’Apostolo delle Genti. Forse venne convertito
da Paolo stesso durante il suo primo viaggio missionario. Era figlio di
padre pagano e di madre giudea. La comunità di Listra raccomandò Timoteo
a Paolo ed egli lo prese come compagno nel suo secondo e terzo viaggio;
ma, poiché era figlio d’una ebrea per facilitargli l’apostolato fra i
giudei, lo circoncise. Gli affidò numerosi incarichi e in vane
circostanze le comunità di Tessalonica, della Macedonia e di Corinto.
L’Apostolo gli indirizzò per lo meno due lettere, incorporate net
canone del Nuovo Testamento. Timoteo si trovava presso Paolo durante la
sua prima prigionia. In seguito lo troviamo a Efeso ad esercitare la
funzione di vescovo. Paolo, prigioniero per la seconda volta, richiese la
sua compagnia a Roma.
L’altro collaboratore di san
Paolo, Tito, era di famiglia pagana. Pare che l’apostolo
l’abbia convertito a Cristo durante il primo viaggio missionario. Tito
accompagnò Paolo e Barnaba a Gerusalemme, dove Paolo si oppose
energicamente a coloro che volevano che il suo discepolo proveniente dalla
gentilità fosse circonciso. Tito fece le funzioni di intermediario tra
Corinto e l’apostolo. Nella lettera che gli indirizzò Paolo, appare già
come residente a Creta. San Paolo gli scrisse pregandolo di riunirsi a lui
a Nicopoli in Epiro; probabilmente di lì lo inviò in Dalmazia, dove
viene venerato in maniera particolare.
|
Ho combattuto la
buona battaglia
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse
e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava
i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come
fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma stà
bene attento in qual senso lo diceva: Certo era un premio essere sciolto
dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 23), mentre restava nel corpo
era una lotta
continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter
combattere: cosa che giudicava ancor più necessaria. L'essere separato da
Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e
dolore. Essere con Cristo era l'unico premio al di sopra di ogni cosa.
Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch'io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli e i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: «Chi é debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema?» (2 Cor 11, 29). Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi. Se qualcuno si meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso Apostolo che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4, 7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla partecipazione della medesima gloria. Ora, poiché viene presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di diventare degni di quei beni che sono stati promessi. Non dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la comunanza di natura, per cui egli é come noi in tutto. Così anche le cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoti in questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. |
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Ez 34,11.23-24
«Cercherò le pecore del mio gregge» dice il Signore.
«e farò sorgere un pastore che le conduca al pascolo;
io,
il Signore, sarò il loro Dio».
Colletta
O
Dio, nostro Padre, che hai formato alla scuola degli Apostoli i santi
vescovi Timoteo e Tito, concedi anche a noi per loro intercessione di
vivere in questo mondo con giustizia e con amore di figli, per giungere
alla gloria del tuo regno. Per il nostro Signore...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
2
Tm 1,1-8
Mi
ricordo della tua schietta
fede.
Dalla seconda Lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Paolo, apostolo di Cristo Gesù
per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo
Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte
di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.
Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Oppure: Tt 1,1-5 A Tito, mio vero figlio nella medesima fede. Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore. Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 95
Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome. Dite tra le genti: «Il Signore regna!». È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine.
Canto
al Vangelo
Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di
me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. Alleluia.
Vangelo
Lc 10,1-9
La messe è abbondante, ma sono
pochi gli operai.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò
altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo
dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». Parola del Signore. |
.
LetturaGesù viene giudicato dai suoi come una persona “fuori di sé”. Non basta la vicinanza fisica e neppure i rapporti di parentela per comprendere il mistero che avvolge la persona di Cristo. Solo la fede ci apre alla giusta visione dell’azione di Dio nella nostra vita.
Meditazione
Il brevissimo brano che ci è proposto oggi ci trasmette una situazione in continuità con quanto avevamo ascoltato nei giorni precedenti, con il concorso delle folle all’ascolto degli insegnamenti di Gesù. Ma in questo caso, l’evangelista si sofferma sull’episodio dell’incomprensione dei “suoi”, che lo giudicano “squilibrato”. L’evangelista ha fatto precedentemente notare che si era radunata una tale quantità di gente che «…non potevano neppure mangiare». Tale era lo zelo che spingeva Gesù nella sua predicazione! E gli Apostoli erano coinvolti in questo turbine di attività, di donazione a tutti; essi stessi faranno tesoro di queste esperienze e saranno in grado di affrontare non solo il digiuno e la fame, ma anche il martirio, come il Maestro, pur di diffondere l’annuncio della buona novella. È il contrasto tra la carne e lo spirito; è la lotta tra una visione “troppo umana” e le strade sempre nuove dello Spirito. Una luce su questo contrasto e su questa apparente “pazzia” di Gesù, ce la offre il testo della Lettera agli Ebrei di oggi, che costituisce il perno centrale di tutta la lettera stessa. L’autore ispirato ci dice, infatti: «Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna». Gesù è il vero sacerdote della nuova alleanza che ha offerto se stesso al Padre per noi. Ciò che anima Gesù, non è pazzia, ma l’amore appassionato per l’uomo che lo ha spinto ad offrire un sacrificio unico al Padre per i suoi fratelli, fino all’annientamento di se stesso; è l’amore per l’uomo che ha fatto sì che si realizzasse il mistero dell’incarnazione; è un amore che lo ha spinto ad umiliarsi fino alla morte e alla morte di croce; ed è ancora un eccesso di amore quello che ci ha donato la sua presenza continua nel mistero dell’Eucaristia e negli altri sacramenti. Quest’amore ha spinto tanti santi e sante, come san Timoteo e san Tito, collaboratori di san Paolo, che ricordiamo oggi, posti come pastori delle prime comunità cristiane.
Preghiera
«Quale fu la ragione che tu ponessi l’uomo in tanta dignità? Certo l’amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l’hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno» (S. Caterina da Siena).
Agire
Oggi cercherò di vivere il mio amore per il prossimo, con l’aiuto di Dio, fino all’estremo.
Meditazione del giorno a cura di padre Paolo Cerquitella, LC, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it