martedì 22 gennaio 2013

I cattolici e le migrazioni


È responsabilità della Chiesa assicurare che l’opinione pubblica sia correttamente informata sulle cause che provocano le migrazioni e sui fattori che spingono le persone a lasciare la propria dimora. Non usa mezzi termini il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, per invitare i cristiani a un maggior impegno nel favorire una corretta percezione del fenomeno migratorio che caratterizza il mondo globalizzato.
Intervenendo alla tavola rotonda sul tema «I cattolici e le migrazioni», organizzata a Parigi dal Centro d’informazioni e studi sulle migrazioni internazionali, dal Servizio nazionale della pastorale dei migranti e dalla diocesi, il porporato ha ribadito che la Chiesa «deve opporsi al razzismo, alla discriminazione e alla xenofobia, ovunque e sempre, si manifestino: all’interno delle comunità, nei Paesi o nei continenti interi. La fede cristiana chiama i credenti a non considerare i migranti come della merce, degli stranieri in situazione irregolare o delle semplici vittime, ma come degli esseri umani che hanno il diritto a una considerazione globale dei loro bisogni, e di cui gli apporti specifici e i contributi economici, sociali e culturali devono essere presi in conto».
Del resto, le dimensioni del fenomeno migratorio sono impressionanti. Lo dimostrano con evidenza le cifre del Rapporto mondiale sulle migrazioni del 2011 dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dalle quali emerge che i migranti internazionali sono circa 214 milioni, ossia il 3 per cento della popolazione mondiale. Una massa enorme di persone che non cessa di crescere dal 2005, anno in cui si attestava a circa 191 milioni. Se si considerano poi anche i migranti interni — che lo stesso Rapporto del 2010 stimava a 740 milioni di persone — il totale si avvicina a un miliardo di esseri umani in movimento, cioè più o meno un settimo della popolazione mondiale. Si comprende perciò, ha detto il porporato, come una simile espansione della mobilità umana sia diventata una caratteristica strutturale del mondo moderno e un fenomeno stabile che persone, organizzazioni e comunità intere devono considerare.
Per questo, la solidarietà verso i migranti «richiede che sia accompagnata e inclusa nel processo decisionale» degli Stati, degli organismi e delle singole comunità. In particolare, i cristiani sono chiamati a considerare i migranti non solo semplici individui che vanno rispettati secondo le norme stabilite dalle leggi nazionali, ma esseri umani la cui presenza interpella e i cui bisogni implicano obbligatoriamente una responsabilità. Se tutti gli uomini sono chiamati alla solidarietà, i cristiani lo sono ancora di più in virtù dell’invito di Cristo. Infatti, la Chiesa «incoraggia l’umanità, non solo ad aiutare i migranti attraverso gesti di assistenza individuale, ma anche a sviluppare una cultura dell’accoglienza globale». È proprio dal riconoscere la necessità di una tale cultura che nascono l’assistenza e l’integrazione più autentiche. Per i cristiani nasce proprio dalla fede la necessità di tutelare «la giustizia, la dignità umana e la solidarietà», per impedire che ideologie e politiche di parte mettano in secondo piano gli autentici interessi dei migranti.
Per la Chiesa, i diritti dell’uomo sono radicati nella persona: un atteggiamento che differisce sensibilmente da quello delle moderne correnti di pensiero, per le quali — ha notato il cardinale — «i diritti dell’uomo sono per lo più concepiti in termini di ciò che crede l’opinione pubblica o di ciò che la legge riconosce».
L’appello alla solidarietà, quindi, è «un appello a promuovere il riconoscimento effettivo dei diritti dei migranti e a superare ogni discriminazione basata sull’etnia, la cultura o la religione». In questo spirito la Chiesa è chiamata a farsi «avvocata ferma e preoccupata della difesa dei diritti delle persone a trasferirsi liberamente all’interno del proprio Paese e, quando sono spinte dalla povertà, dall’insicurezza e dalle persecuzioni, a lasciare la propria dimora avendo il diritto di vivere in dignità».
Un forte richiamo alla solidarietà nei confronti dei migranti è risuonato anche durante la messa celebrata dal cardinale nella parrocchia romana di Santa Lucia, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Davanti a centinaia di immigrati latinoamericani il porporato, ricordando il battesimo di Gesù nel Giordano, ha sottolineato come quel gesto esprime «l’autentica solidarietà del Signore con l’umanità: è una solidarietà nella quale Gesù non condivide il peccato, ma ne assume le conseguenze, fino alla morte in croce. In questo modo, Gesù sceglie di essere vicino all’uomo fragile e vulnerabile».
Questa logica di solidarietà, ha aggiunto, è stimolo ed esempio per tutta la Chiesa, che è chiamata a «favorire e accompagnare l’integrazione dei migranti nel loro nuovo contesto socio-culturale». Questo «non significa solo accettare la presenza straniera da parte nostra e della società di accoglienza, ma soprattutto implica un processo — spesso lungo e delicato — che richiede anche mutua comprensione e accettazione».
Sull’esempio di Gesù, che è diventato uno tra noi — ha concluso il cardinale Vegliò — il cristiano deve «diventare per i migranti un segno “di speranza e di fede”, in cui essi possono trovare anche la presenza di Dio».
L'Osservatore Romano 23 gennaio 2012