sabato 19 gennaio 2013

L'ecumenismo è scambio di doni


(Gabriel Quicke, Reverendo assistente per la Sezione orientale del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani) L’enciclica sull’ecumenismo Ut unum sint del beato Giovanni Paolo II sottolinea in maniera significativa l’importanza dello scambio attraverso il dialogo, che è molto più di uno scambio di idee: è uno «scambio di doni» (28). 
Nel nostro pellegrinaggio verso l’unità dei cristiani, incontriamo i nostri fratelli e le nostre sorelle di altre Chiese e comunità ecclesiali. Le visite ecumeniche favoriscono non solo uno scambio teologico, ma creano anche una cultura di amicizia in uno spirito di fratellanza e fraternità evangelica. Gli incontri ecumenici offrono la possibilità di accogliere gli altri e di essere dagli altri accolti. L’ospitalità da una parte e dall’altra permette un continuo arricchimento e un proficuo confronto, anche allo scopo di risolvere sia problemi comuni relativi alla vita umana e alla società sia difficoltà pratiche concernenti la Chiesa. L’ecumenismo non è indifferente alla realtà concreta delle diverse comunità cristiane e si preoccupa, ad esempio, dell’uso comune di luoghi di culto, come pure di questioni di giustizia sociale, di povertà, di razzismo e di violenza. L’ecumenismo mira a sviluppare una cultura di ospitalità e di amicizia, incoraggiando la condivisione sia della gioia che del dolore tra i cristiani. In tal senso, siamo sempre chiamati ad alleggerire il fardello gli uni degli altri. E in questo spirito devono procedere i dialoghi teologici: veritatem facientes in caritate. Rappresentanti della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse orientali si sono riuniti dal 17 al 21 gennaio 2012 come membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, sotto la co-presidenza, da parte cattolica, del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e, da parte ortodossa, del metropolita Bishoy di Damiette, segretario generale del Santo sinodo della Chiesa ortodossa copta. L’incontro è stato ospitato in Addis Abeba da sua santità Abuna Paulos i, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope tewahedo. Durante l’incontro, i membri della commissione hanno approfondito lo studio della comunione e della comunicazione esistenti tra le Chiese fino alla metà del v secolo della storia cristiana, come pure lo studio del ruolo svolto dal martirio e dal monachesimo nella vita della Chiesa primitiva. Essi hanno riassunto gli aspetti convergenti tra le due comunità al fine di presentare modelli che possano essere usati oggi in un approccio pastorale ecumenico che miri all’obiettivo della piena comunione. Nei giorni 13 e 14 settembre 2012, un comitato di redazione si è incontrato a Roma per esaminare i contributi presentati durante l’attuale fase di dialogo e per produrre una bozza di testo che dovrà essere valutata durante la riunione della commissione prevista nel 2013. In tale sessione, i membri rifletteranno anche sul tema «I santi come elemento di comunione e di comunicazione nella Chiesa primitiva» e sul tema «Il processo di riconoscimento/canonizzazione dei santi nella storia e oggi».
Dal 1989, due dialoghi paralleli hanno luogo una volta all’anno in Kerala (India del sud), uno con la Chiesa sira ortodossa malankarese e l’altro con la Chiesa ortodossa sira malankarese. Questi dialoghi si occupano principalmente di questioni legate a tre tematiche: la storia della Chiesa, l’ecclesiologia e la testimonianza comune. La delegazione cattolica comprende rappresentanti della Santa Sede (il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e chi scrive, officiale del medesimo dicastero) e membri di Chiese di rito diverso: latino, della Chiesa siro-malabarese e della Chiesa cattolica siro-malankarese.
La Commissione mista di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa sira ortodossa malankarese ha tenuto il suo quindicesimo incontro presso il Centro di spiritualità di Manganam, nel Kottayam, il 6 dicembre 2012. La riunione è stata co-presieduta da monsignor Farrell e dal metropolita Kuriakose Mar Theophilose, vicario patriarcale in Germania, Svizzera e Austria. I principali punti all’ordine del giorno sono stati una dichiarazione su «Natura, costituzione e missione della Chiesa» e un’altra su «Missione nel contesto religioso pluralistico dell’India».
Nello stesso luogo ha tenuto il suo ventiduesimo incontro la Commissione mista di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa sira malankarese nei giorni 7 e 8 dicembre 2012. I co-presidenti erano il vescovo Farrell e il metropolita Gabriel Mar Gregorios, presidente del dipartimento per le relazioni ecumeniche della Chiesa ortodossa sira malankarese. Diverse questioni sono state dibattute, tra cui «La pratica del principio di oikonomia nella condivisione dei sacramenti in situazioni pastorali» (da un punto di vista ortodosso), «I principi teologici cattolici della condivisione dei sacramenti» e «Le sfide sollevate dalle Chiese pentecostali e dalle nuove Chiese cristiane».
Molti risultati positivi sono stati conseguiti dal dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell’Oriente. La Dichiarazione cristologica comune, firmata l’11 novembre 1994 da Giovanni Paolo II e dal Patriarca Mar Dinkha iv, ha aperto orizzonti nuovi sia per il dialogo teologico che per la collaborazione pastorale. Dopo tale dichiarazione, la Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell’Oriente ha programmato due ulteriori fasi di lavoro: la prima sulla teologia sacramentale, la seconda sulla costituzione della Chiesa. La prima fase si è conclusa con un ampio consenso su questioni sacramentali. La commissione ha presentato per approvazione il suo documento finale alle autorità delle rispettive Chiese. Tuttavia, sono insorte alcune difficoltà che hanno ritardato la recezione di tale documento. All’inizio del 2012, il Pontificio consiglio ha ricevuto una delegazione della Chiesa assira dell’Oriente; in tale occasione, sono stati compiuti alcuni passi per riavviare il dialogo quanto prima.
Il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e chi scrive hanno partecipato ai funerali di papa Shenouda a Il Cairo, il 20 marzo 2012. La Chiesa ortodossa copta, fondata da san Marco evangelista, è la comunità cristiana più numerosa nel Medio Oriente. Il cardinale Koch ha rappresentato il Santo Padre, di cui ha letto un messaggio augurale, all’intronizzazione di papa Tawadros ii, centodiciottesimo Patriarca copto. Nel suo messaggio, Benedetto XVI assicurava al nuovo Patriarca le proprie preghiere: «Così che il gregge affidato alla Sua cura possa sperimentare l’insegnamento del Buon Pastore». Il Santo Padre ha invitato a un «approfondimento del dialogo teologico che ci permetterà di crescere nella comunione e di rendere testimonianza davanti al mondo della verità salvifica del Vangelo».
A seguito del decesso di sua santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope tewahedo, Benedetto XVI ha inviato un sentito messaggio di cordoglio ai membri del Santo sinodo, al clero, ai religiosi e a tutti i fedeli del Patriarcato. Il Papa ha ricordato «con soddisfazione» le visite del Patriarca in Vaticano «ed in particolare il discorso tenuto davanti alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi il 6 ottobre 2009 e le sue importanti osservazioni in tale occasione». Benedetto XVI ha di seguito aggiunto: «Sono grato per il suo impegno nel promuovere una maggiore unità attraverso il dialogo e la cooperazione tra la Chiesa ortodossa etiope tewahedo e la Chiesa cattolica». Il cardinale Koch e chi scrive hanno partecipato ai funerali del Patriarca Abuna Paulos il 23 agosto 2012. La Chiesa ortodossa etiope tewahedo conta approssimativamente trentacinque milioni di fedeli.
Dal 22 al 27 settembre 2012, il cardinale Koch si è recato in Armenia, accompagnato da chi scrive. Sua santità Karekin ii Catholicos ha confermato l’esistenza di buone e fraterne relazioni tra la Chiesa armena apostolica e la Chiesa cattolica. La delegazione ha visitato la Chiesa cattolica armena a Kanaker, dove il cardinale Koch ha presieduto la santa eucaristia e ha tenuto l’omelia. Nei giorni seguenti sono state organizzate visite ai monasteri di Khor Virap e di Geghard. Khor Virap è un monastero della Chiesa armena apostolica situato nella pianura di Ararat in Armenia, vicino al confine con la Turchia. La fama di Khor Virap come monastero e meta di pellegrinaggio è dovuta al fatto che san Gregorio l’Illuminatore fu inizialmente imprigionato in questo luogo per tredici anni dal re Tiridate III d’Armenia. San Gregorio divenne in seguito il mentore religioso del re e insieme portarono avanti l’attività evangelizzatrice nel Paese. Nel 301, l’Armenia divenne il primo Paese del mondo a essere dichiarato cristiano. La visita ai monasteri e all’Istituto di antichi manoscritti a Matenadaran ha permesso alla delegazione cattolica di conoscere più da vicino la ricca tradizione culturale e spirituale della Chiesa armena apostolica. La visita al monumento in memoria del genocidio, dove è stata posta una corona ed è stata pronunciata una preghiera comune, ha ricordato alla delegazione quanto la Chiesa armena apostolica abbia sofferto. La descrizione delle varie fasi del genocidio armeno ha infatti reso palese che la Chiesa armena apostolica è una Chiesa di martiri.
La storia della cristianità armena è stata segnata da periodi di persecuzione e di oppressione. Il martirio è diventato il tratto caratteristico dell’identità armena. Qui risiede una fonte sempre feconda di comunione tra i cristiani, uniti nella fedeltà al Signore, anche quando sono divisi da fattori a volte prettamente umani. Benedetto XVI ha più volte ripreso e sviluppato il tema del martirio: «Dove si fonda il martirio? La risposta è semplice: sulla morte di Gesù, sul suo sacrificio supremo d’amore, consumato sulla Croce affinché noi potessimo avere la vita (cfr. Giovanni, 10, 10). […] Ancora una volta, da dove nasce la forza per affrontare il martirio? Dalla profonda e intima unione con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a Cristo e alla Chiesa, e così al mondo. […] In una parola, il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio» (Udienza generale, Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, 11 agosto 2010).
I cristiani continuano a essere oppressi e perseguitati nel mondo di oggi. Possa l’esempio dei nostri martiri e dei nostri santi spronarci a rendere testimonianza e a riscoprire la ricchezza del nostro battesimo e della nostra fede.
L'Osservatore Romano 20 gennaio 2013