sabato 23 febbraio 2013

Benedetto e san Benedetto

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(Robert Imbelli) In un libro di commento sulla Regola di san Benedetto, l’autore scrive: «L’unione profondamente amorevole e personale con Cristo è la pietra d’angolo della spiritualità di Benedetto». Naturalmente si riferiva al santo; ma lo stesso si può dire anche del Papa.È evidente la devozione di Benedetto XVI per san Benedetto, al punto che ha scelto il suo nome come Pontefice in parte come omaggio al santo. È altrettanto nota la sua ammirazione per la Regola, semplice e tuttavia profonda, che nel corso dei secoli ha guidato tante persone nella strada del discepolato devoto.
Pur essendo le omelie del Papa molto varie e creative, fanno sempre eco al consiglio fondamentale contenuto nella Regola e lo mettono in pratica: nulla anteporre a Cristo (cfr. Regola Benedettina, 72, 11). Queste straordinarie omelie testimoniano in modo eloquente il desiderio e l’impegno di Benedetto XVI a non avere «niente più caro di Cristo» (Regola Benedettina 5, 2).
Pertanto, il Papa, in tutto l’esercizio del suo ministero petrino, ha dato una testimonianza eloquente del fatto che l’amicizia intima con Gesù Cristo è al centro stesso della vita e della preghiera cristiana.
C’è però una seconda testimonianza che permea il magistero di Benedetto XVI. Quel Gesù di Nazaret, che conosciamo personalmente come amico, è il Lògos stesso di Dio incarnato. Attraverso il suo amorevole sacrificio sulla croce e la sua risurrezione nella potenza dello Spirito Santo, Gesù rivela che il Lògos è Amore. Il principio ultimo delle intelligibilità e del significato dell’intero universo è l’Amore generoso.
John Henry Newman, beatificato da Benedetto XVI, nelle sue Conferenze sulla dottrina della giustificazione scrisse: «Cristo è venuto proprio a questo fine, ovvero per riunire in uno tutti gli elementi di bene dispersi nel mondo, per farli propri, per illuminarli con se stesso, per riformarli e rimodellarli in se stesso». 
Questo senso profondo della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo corre come un filo d’oro da Paolo, passando per Ireneo, fino a Newman e a Ratzinger. Nel suo libro Gesù di Nazaret. Dal battesimo alla trasfigurazione, il Papa scrive: «Gesù deve ricapitolare tutta la storia dal suo principio, a partire da Adamo; deve attraversarla e soffrirla tutta al fine di trasformarla». 
Tra gli straordinari legati che Benedetto XVI lascia alla Chiesa c’è la rinnovata comprensione che la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione del concilio Vaticano II è il fondamento sul quale poggiano i documenti conciliari. La chiara affermazione, nella Dei Verbum, secondo cui «la profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione» deve essere il punto di partenza imprescindibile sia per la riforma costante della Chiesa, sia per la nuova evangelizzazione.
Il secondo legato che Benedetto ci lascia è quindi la sua perseverante testimonianza che Gesù Cristo è l’autobasileia: il Regno di Dio in Persona.
Come ha scritto nell’Esortazione Apostolica Verbum Domini, «nella Chiesa veneriamo grandemente le sacre Scritture, pur non essendo la fede cristiana una “religione del Libro”: il cristianesimo è la “religione della Parola di Dio”, non di “una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”» (n. 7). Come afferma la Lettera agli Ebrei: «Gesù è sempre vivo per intercedere a nostro favore” (cfr. 7, 25).
La terza testimonianza del Papa attinge alla sorgente del Vangelo di Giovanni. Quante volte nelle sue omelie e nei suoi scritti ha meditato sulla grande scena del processo di Gesù dinanzi a Pilato. Quest’ultimo pone qui la domanda fondamentale: «Che cos’è la verità?» (Giovanni, 18, 38).
Nel suo libro Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione Papa Benedetto fa due commenti indicativi su questa scena. Scrive: «Verità e opinione errata, verità e menzogna nel mondo sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la sua grandezza e purezza non appare». E poi afferma: «In Cristo, Dio — la Verità — è entrato nel mondo». E, tragicamente, il mondo ha crocifisso la Verità di Dio.
Solo alla luce della verità di Cristo, però, gli uomini e le donne trovano la libertà, ovvero la liberazione dal proprio stretto interesse personale, per diventare veramente se stessi in Cristo. A marzo dello scorso anno, in Plaza de la Revolución a La Habana, Benedetto XVI ha affermato: «Con la ferma convinzione che Cristo è la vera misura dell’uomo, e sapendo che in Lui si trova la forza necessaria per affrontare ogni prova, desidero annunciarvi apertamente il Signore Gesù come Via, Verità e Vita. In Lui tutti troveranno la piena libertà, la luce per capire in profondità la realtà e trasformarla con il potere rinnovatore dell’amore».
Papa Ratzinger ha esplorato questo tema della verità e della libertà in innumerevoli variazioni sinfoniche. Ma mai lo ha fatto in modo più commovente ed eloquente di quando ha liberamente rinunciato al ministero petrino per amore di Cristo e della sua Chiesa.
Di fatto, le tre testimonianze di Benedetto XVI non sono che una sola. L’amicizia personale con Gesù, la professione che Gesù è la presenza viva di Dio in mezzo a noi e la comprensione che in Gesù troviamo la verità che ci rende liberi sono il provvidenziale triplice legato che egli lascia alla Chiesa di Dio. E di ciò rendiamo grazie.
L'Osservatore Romano, 24 febbraio 2013.