giovedì 21 febbraio 2013
Un esempio di Fede anche per i luterani
(Jens-Martin Kruse, Pastore della Comunità evangelicaluterana di Roma) Già il giorno dopo l’elezione a Papa, avvenuta il 19 aprile 2005, Benedetto XVI dichiarò, nel messaggio ai cardinali, che l’ecumenismo era uno dei temi fondamentali del suo pontificato, definendo suo impegno prioritario «quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo».
Consapevole che, per far questo, non bastano le manifestazioni di buona volontà, ma occorrono «gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo». Chi considera sotto quest’angolazione il pontificato di Benedetto XVI si renderà subito conto che il Papa ha saputo compiere continui gesti ecumenici come questo. È facile non accorgersi di tali gesti; ma ad essi spetta un’importanza permanente, perché rafforzano la fede comune, rendono esperibile la comunione tra le Chiese e perché in essi risiede una forza visionaria per il proseguimento del cammino verso l’unità visibile della cristianità.
Desidero ricordare tre gesti di Papa Benedetto XVI perché, secondo la mia percezione e valutazione di pastore luterano a Roma, hanno, per l’ecumenismo, importanza perdurante, capace di indicare il cammino. Il primo è costituito dalla visita, il 14 marzo 2010, alla Comunità evangelica luterana di Roma, con cui Benedetto XVI quel giorno celebrò il culto nella nostra chiesa, la Christuskirche. Per noi questo è un segno molto speciale di legame ecumenico. In piccola scala, esprime quale posto occupi, per Benedetto XVI, l’ecumenismo. Perché il Papa, come capo della Chiesa cattolica romana, è stato disponibile a celebrare, con la nostra piccola comunità di Roma, un culto nella nostra tradizione luterana. La prima cosa che ha impressionato molte persone della mia comunità in tale occasione, è stata la personalità del Papa: il suo modo di porsi, modesto e gentile; la cordialità con cui ha incontrato le persone e la sua devozione, ben avvertibile.
Nel discorso tenuto nella Christuskirche, Benedetto XVI ha commentato un passo del Vangelo di Giovanni (12, 20-26). L’evangelista vi narra di alcuni greci che vanno dal discepolo Filippo e così gli dicono: «Vogliamo vedere Gesù» (Giovanni, 12, 21). Nella meditazione su questo passo della Scrittura, il Papa ha spiegato che questa è «un’espressione che ci commuove, poiché noi tutti vorremmo sempre più veramente vederlo e conoscerlo. Penso che quei greci ci interessano per due motivi: da una parte, la loro situazione è anche la nostra, anche noi siamo pellegrini con la domanda su Dio, alla ricerca di Dio. E anche noi vorremmo conoscere Gesù più da vicino, vederlo veramente. Tuttavia è anche vero che, come Filippo e Andrea, dovremmo essere amici di Gesù, amici che lo conoscono e possono aprire agli altri il cammino che porta a lui».
Pellegrini che sono in cammino verso Dio e, al tempo stesso, amici di Gesù che possono aprire agli altri la porta che conduce a lui: così il Papa descrive in modo pregnante le caratteristiche fondamentali di una vita cristiana. E, con le immagini del pellegrino e dell’amico di Gesù, al tempo stesso sono nominate le idee che caratterizzano il Papa nella percezione e nell’adempimento del suo servizio, conferendo un’impronta peculiare al suo esercizio del ministero. Chi incontri il Papa, trova un cristiano che non pone al centro né se stesso né il suo ministero, ma Gesù Cristo. È lui che vuole conoscere sempre più da vicino e vuole condurre altre persone all’incontro con Lui, perché ha sperimentato per sé come la fede dia sostegno, conforto e senso nella vita. Proprio questo è ciò che Benedetto XVIha fatto con le sue prediche, con la catechesi e con le visite pastorali, nel suo modo cauto, discreto e umile, ma anche convincente, che lo rende un esempio di fede anche per i cristiani luterani. Senza dubbio, Benedetto XVI è una delle personalità più importanti della nostra epoca. Sulle grandi questioni che occupano il mondo di oggi (il rapporto tra le religioni, la crisi economica, la pace in Medio Oriente, i valori e le tradizioni della nostra società) ha detto cose decisive. Al tempo stesso, però, Papa Benedetto XVI fornisce, soprattutto nella vita quotidiana del mondo, un contributo fondamentale alla fede cristiana. Sia come pellegrino sia come amico di Gesù, continua a mettersi in cammino per andare verso le persone, le ascolta, rende loro testimonianza del messaggio del Vangelo e le incoraggia alla propria fede: che si tratti della visita a migranti e senzatetto della stazione Termini, dell’incontro con persone anziane in una casa della Comunità di Sant’Egidio o con i detenuti del carcere di Rebibbia o che si tratti della visita a una normalissima parrocchia della periferia romana. Piccoli gesti e segni che, spesso, non producono titoli cubitali, ma che sono espressione di vissuta sequela di Gesù, mediante la quale la realtà del mondo si trasforma.
Secondo esempio di tali gesti, che fanno percepire la vicinanza e la comunione, può essere considerata la visita di Benedetto XVI all’ex convento degli Agostiniani a Erfurt, il 23 settembre 2011. Per la prima volta un Papa si è recato nel luogo in cui Martin Lutero (1483-1546) fu consacrato sacerdote e celebrò la prima messa. Qui, il Papa e i vescovi della Chiesa evangelica in Germania si sono radunati per un incontro e hanno celebrato insieme il culto. Nel suo discorso nella sala del capitolo dell’ex convento, Benedetto XVI anzitutto ha ringraziato per il dono di «poter conversare insieme come cristiani qui, in questo luogo storico. Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt». Ciò che il gesto della visita a Erfurt rende visibile, per quanto riguarda l’avvicinamento, il Papa lo ha approfondito nel discorso, nella sala capitolare, confrontandosi intensamente con la teologia di Lutero. «“Come posso avere un Dio misericordioso?” Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore», ha dichiarato il Papa. «Chi, infatti, oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani?». Ma così, secondo l’idea di Benedetto XVI, si è smarrito qualcosa di decisivo; perciò incoraggia: «La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? Questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero».
Riguardo alla situazione ecumenica presente, il Papa ha indicato due sfide. Di fronte alla pressione della secolarizzazione, le Chiese dovrebbero, per prima cosa, badare a non perdere «le grandi cose che abbiamo in comune, che di per sé ci rendono cristiani e che ci sono restate come dono e compito». In secondo luogo, le Chiese dovrebbero aiutarsi vicendevolmente «a credere in modo più profondo e più vivo. Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo, mediante la quale Cristo, e con Lui il Dio vivente, entri in questo nostro mondo». E, in modo del tutto analogo, Papa Benedetto XVI, con le sue parole durante il culto ecumenico, seguito all’incontro, ha sottolineato che «il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Naturalmente di questa testimonianza fondamentale per Dio fa parte, in modo assolutamente centrale, la testimonianza per Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che è vissuto insieme con noi, ha patito per noi, è morto per noi e, nella risurrezione, ha spalancato la porta della morte. Cari amici, fortifichiamoci in questa fede! Aiutiamoci a vicenda a viverla! Questo è un grande compito ecumenico che ci introduce nel cuore della preghiera di Gesù».
La visita di Papa Benedetto XVI a Erfurt ha un’alta e perdurante valenza simbolica. Per la prima volta, un Papa è stato disponibile a recarsi in un luogo centrale della Riforma luterana e a celebrarvi un culto ecumenico. Il vescovo Eduard Lohse ha così espresso tale aspetto: «Il suo dono è stato ed è egli stesso che è venuto per la comunione cultuale, nel luogo dove la Riforma ha preso avvio con la lotta di un monaco agostiniano». Con i suoi due discorsi di Erfurt, Benedetto XVI al tempo stesso ha dato impulsi importanti all’ecumenismo. Non soppesando vantaggi e svantaggi, ma solo mediante una riflessione sempre più profonda nella fede, cresce l’unità. Di fatto, si può avere l’impressione che le Chiese siano troppo occupate con se stesse e con le richieste all’altra parte. Un po’ meno questioni riguardanti la struttura e invece un po’ più questioni di fede: questo gioverebbe sicuramente al movimento ecumenico.
Tale orientamento al centro della nostra fede contraddistingue anche il terzo gesto ecumenico di Papa Benedetto XVI, gesto che mi ha molto commosso. Durante la preghiera per l’apertura dell’Incontro europeo dei giovani, a Piazza San Pietro il 29 dicembre 2012, al posto dove, di solito, si trova la cattedra del Papa, c’era una croce. Come i fratelli di Taizé, anche il Papa si è inginocchiato davanti a questa croce, rimanendovi per alcuni minuti in preghiera e in meditazione. Un gesto impressionante, della concezione che il Papa ha di sé e indizio chiaro del messaggio fondamentale della fede: c’è un solo Cristo, cui guardiamo insieme. E anche questo gesto, Papa Benedetto, nel suo discorso, lo ha collegato a una chiara dichiarazione in favore dell’ecumenismo: «Vi assicuro dell’impegno irrevocabile della Chiesa cattolica a proseguire la ricerca di vie di riconciliazione per giungere all’unità visibile dei cristiani». Benedetto XVI, coi suoi gesti e discorsi, ha posto accenti ecumenici importanti, che resteranno. Ciò che lo contraddistingue, in questo, è che le difficoltà in ambito ecumenico non le tralascia, ma le chiama per nome. Alcuni si sono scandalizzati e forse per questo non hanno visto che il Papa ha sempre anche indicato come la vicinanza e la comunione tra le Chiese possano continuare a crescere, e lo ha fatto sottolineando il comune centro della fede.
Le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI nella Chiesa luterana, il 14 marzo 2010, possono essere lette come lascito ecumenico. Davanti alle lamentele, le Chiese cristiane devono anzitutto essere grate «che vi sia già tanta unità. È bello che oggi, domenica Laetare, noi possiamo pregare insieme, intonare gli stessi inni, ascoltare la stessa parola di Dio, insieme spiegarla e cercare di capirla; che noi guardiamo all’unico Cristo che vediamo e al quale vogliamo appartenere, e che, in questo modo, già rendiamo testimonianza che Egli è l’Unico, colui che ci ha chiamati tutti e al quale, nel più profondo, noi tutti apparteniamo. Credo che dovremmo mostrare al mondo soprattutto questo: non liti e conflitti di ogni sorta, ma gioia e gratitudine per il fatto che il Signore ci dona questo e perché esiste una reale unità, che può diventare sempre più profonda e che deve divenire sempre più una testimonianza della parola di Cristo, della via di Cristo in questo mondo». Benedetto XVI concluse la sua predica con le parole: «Preghiamo gli uni per gli altri, preghiamo insieme affinché il Signore ci doni l’unità e aiuti il mondo affinché creda». Così facciamo, gli uni per gli altri e insieme, grati per aver incontrato, in Benedetto XVI, un Papa che, come noi, intende se stesso come pellegrino sulla via che conduce a Dio e come amico di Gesù.
L'Osservatore Romano 22 febbraio 2013