Condivido assolutamente l'appello seguente, lanciato da Antonio Socci su "Libero" di oggi, 21 febbraio.
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C’è una domanda che mi urge da quando Benedetto XVI ha dato l’annuncio choc delle sue dimissioni.
Perché i cardinali, che sono i prìncipi della Chiesa e indossano vesti rosse per significare la disponibilità al martirio, quindi una dedizione totale alla Chiesa, i cardinali che conoscono la grandezza di papa Benedetto XVI e anche lo smarrimento del popolo cristiano per le sue dimissioni, perché – dicevo – non fanno almeno un tentativo per chiedergli di ripensarci?
E’ una domanda che mi pongo da semplice cristiano, che stima immensamente questo Pontefice e ama la Chiesa. Sono tanti i fedeli che hanno espresso questo desiderio e voglio dunque lanciare pubblicamente questo piccolo appello.
Prima che arrivi quel fatale 28 febbraio e prima che si metta in moto la macchina del Conclave, ratificando queste storiche dimissioni di un Vicario di Cristo.
I porporati potrebbero, tutti insieme, in perfetta unità e comunione, fare (almeno) un passo verso il Santo Padre perché riconsideri la sua decisione e – imitandone il distacco dalle cose terrene – potrebbero accompagnare questa accorata richiesta mettendo a sua disposizione i loro mandati e incarichi, in modo da permettergli le eventuali scelte che gli sarebbero di aiuto nella ripresa del suo ministero.
Questa “disponibilità totale” infatti sarebbe un grande gesto, una risposta consona da parte del collegio cardinalizio a quanto scritto da Benedetto XVI nella sua dichiarazione di dimissioni, che sono state motivate così: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.
Ciò che ha colpito tutti non è solo il riferimento al venir meno del “vigore del corpo” (che è del tutto comprensibile, ma che è una condizione di tutti i pontefici).
Ha sorpreso soprattutto il riferimento al diminuito “vigore dell’animo”. Qualcosa che ha a che fare con un senso di sconforto e di solitudine e che potremmo considerare anche come una preghiera di aiuto, di vicinanza, di collaborazione.
Il popolo cristiano ha giustamente “interpretato” queste parole come un appello alla preghiera e alla conversione.
Io stesso ho ricevuto tanti messaggi e lettere dove dei semplici fedeli mi dicono che si sentono chiamati dal gesto del papa a impegnarsi in un vero cammino di santità.
Analogamente una eventuale iniziativa dei cardinali, corredata di “rinuncia” e di piena disponibilità, potrebbe essere una grande risposta cristiana al “grido” del Santo Padre, che – facendo tesoro del loro passo indietro – potrebbe disporre un ringiovanimento generale, capace di portare nuove energie (fisiche e spirituali) al pontificato.
A un gesto straordinario come quello del Papa si addice almeno una risposta che sia allo stesso livello, che mostri lo stesso amore per la barca di Pietro, la stessa abnegazione.
Probabilmente un simile appello corale del collegio cardinalizio, a nome del popolo di Dio, non otterrebbe comunque dal papa l’auspicato ripensamento, ma di certo sarebbe un grande segno di affetto e stima al Pontefice (per lui stesso molto confortante).
E sarebbe pure una bellissima testimonianza, data al mondo, di distacco dalle cose terrene, di slancio evangelico e di amore esclusivo a Gesù Cristo.
In un momento in cui, sui media, si rappresenta la Curia e l’insieme del collegio cardinalizio come un qualsiasi consesso mondano, diviso da lotte di potere, ambizioni, fazioni e interessi, questa iniziativa mostrerebbe cosa è veramente la Chiesa e cosa è Pietro per la Chiesa di Dio.
Non ho nessun titolo per dare consigli ai porporati. E anche nessuna voglia di farlo. Questo è semplicemente un desiderio, espresso da chi vive la fede sul fronte della prova e sulla trincea del mondo.
E’ comprensibile che nessuno ci abbia pensato finora, vista l’assoluta novità di questa situazione. In effetti, sebbene le dimissioni siano una facoltà prevista dal Codice di diritto canonico, bisogna riconoscere che si tratta di un caso unico nella storia della Chiesa. Che ha sorpreso tutti.
Nessun Papa aveva finora rinunciato per motivi di età (gli stessi Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II avevano considerato la possibilità, ma per seri motivi di salute e infine scelsero di restare).
Gli altri due casi storici evocati – Celestino V e Gregorio XII sono del tutto diversi da quello di Benedetto XVI e, in un certo senso, non costituiscono dei precedenti.
Certo la rinuncia di per sé non deve scandalizzare ed è – lo ripeto – perfettamente conforme alle norme del Codice di diritto canonico. Ma è possibile ragionare sulle motivazioni?
Si può tentare ancora qualcosa per aiutare il Papa e per indurlo a tornare sui suoi passi?
La Cristianità, in questo momento storico veramente drammatico per la fede, può privarsi (definitivamente e totalmente) di una voce così alta, di una presenza così illuminante e di un magistero straordinario come quello di Benedetto XVI?
Che questa grande figura di padre e maestro scompaia totalmente (e di colpo) per il mondo, come ha preannunciato, dà profonda tristezza.
Senza nulla togliere al prossimo pontefice che certo svolgerà al meglio il ministero petrino, possiamo dire che dalle ore 20 del 28 febbraio si sentirà un vuoto immenso?