mercoledì 27 febbraio 2013

Sotto il cielo di Roma



Nuovo tweet di Benedetto XVI: Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano, di essere amato da Dio che ha dato suo Figlio per noi. (27 febbraio 2013)

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 (Cristian Martini Grimaldi) Non poteva essere una giornata migliore oggi. Il cielo così limpido sembra il perfetto invito a tutti coloro che si trovano a Roma — pellegrini, turisti e residenti — per radunarsi in piazza San Pietro per l’ultima udienza generale di Papa Benedetto XVI. Mia è una studentessa filippina. Porta con sé un cartello sul quale, in tagalog, ha scritto il suo grazie al Papa per questi otto anni di pontificato. «Abbiamo avuto — dice — la fortuna di essere a Roma in questi giorni. Mi ricorderò sempre del suo insegnamento sul perdono: devi farti avanti per primo se vuoi che qualcosa di bello ti succeda. Stamattina ha detto una cosa bellissima: si riceve la vita proprio quando la si dona. Un altro insegnamento che ho appreso da questo Papa è che quando dico di sì a un altra persona, è un sì che dico anche a me stessa. E questo ti fa sentire migliore. Un pensiero semplice ma di efficacia eccezionale».
Dorothy è vietnamita. «Ero — racconta — alla Giornata della gioventù a Madrid nel 2011. Ricordo che quel giorno si scatenò una vera e propria tempesta. Mi dicevo: ecco, sarà un disastro. C’era anche gente che protestava per la mancanza di occupazione, per la crisi economica. Insomma, il clima era un po’ effervescente. Ero molto lontana dal luogo in cui il Pontefice doveva parlare, ma quando ho sentito quella voce mi sono rimaste impresse le sue parole: ha detto che pensava molto a noi e che avevamo vissuto un’avventura insieme. Infatti ho proprio la sensazione di aver vissuto un’avventura con lui. Per essere una buona cattolica ho dovuto superare difficoltà. Che anche a Benedetto XVI non sono mancate, come ha ricordato oggi quando ha detto di aver vissuto momenti in cui le acque erano agitate e il vento contrario; ma nonostante ciò è riuscito a superarle nel migliore dei modi».
«Mi dicevi di quella tempesta: come è andata a finire poi?» le domando. «All’inizio — risponde — c’era un vento molto forte, c’era pioggia, c’erano cose che volavano ovunque. Poi tutto a un tratto la gente ha iniziato a pregare, tutti noi abbiamo cominciato a pregare. C’è stato un grande silenzio. E come per incantesimo anche il tempo ha cominciato a cambiare. Immagina l’effetto. Credo ci fossero un milione di persone quel giorno».
Olivia viene da Hong Kong. «Quello che mi resta di questo Papa — confida — è la sua capacità di guidare la Chiesa in situazioni molto impegnative, da diversi punti di vista. Per esempio ha detto molto chiaramente che la fede ha sia una dimensione personale sia una dimensione ecclesiale. Significa che per approfondire la propria fede un cristiano deve cercare di entrare in una relazione personale con Dio. È solo così che può arrivare agli altri. Questo per me è un invito a migliorare i rapporti personali. In uno dei suoi libri su Gesù di Nazaret il Pontefice ha scritto che la fede non è credere in leggi specifiche, in dottrine particolari da seguire come degli imperativi categorici, ma è un rapporto personale con la figura di Gesù. Non perché la dottrina in sé non sia importante, ma perché, una volta scoperto Gesù in noi, riusciamo anche a comprendere meglio le ragioni della dottrina. La gente non va persuasa con ragionamenti morali; piuttosto convincendola che se ti apri alla fede, allora anche la morale seguirà. E sarà l’unica via possibile. Faccio un esempio pratico. Io amo mia madre e per questa ragione riesco a ubbidirle anche quando le nostre opinioni divergono. Perché so che che dice certe cose per il mio bene. Questo non è in contrasto con la mia felicità personale; anzi, è la strada giusta alla felicità. Che, tuttavia, non è sempre un binario chiaro e lineare, come spesso si immagina, ma può essere spesso un cammino tortuoso e nascosto».
Stephany sembra molto emozionata. Si nasconde quasi dietro l’amica, «Non saprei esprimere un pensiero su questo Papa con la stessa profondità di Olivia» dice. E aggiunge: «So di aver visto per l’ultima volta il successore di Pietro nelle sembianze di Benedetto XVI. E quando ha detto: vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano, mi sono emozionata molto. Perché è davvero quello che sento!».
Alina viene dalla provincia di Parigi. Ha 67 anni ed è qui con la figlia di 30 anni. Sono venute appositamente per questo abbraccio finale con Benedetto XVI. «Questo Papa è incredibilmente intelligente. E umile. Due doti che non è facile veder convivere in una stessa persona», sorride. «Direi che in lui — prosegue — c’è qualcosa di profetico. Leggevo già i suoi pensieri quando ancora non era Papa. Ma sicuramente la sua prima enciclica è stata quella che ricordo con maggior emozione. La relazione con Dio, prima di tutto. È questo che mi resta di lui. La cosa principale non è tanto la morale ma la vicinanza personale a Dio. Un messaggio semplice, in fondo, ma dentro c’è tutto. Nonostante in Francia la situazione morale generale non non sia delle migliori, ho una grande speranza nelle giovani generazioni. Son ragazzi molto forti. La Francia è un Paese dalla forte connotazione ideologica; e di solito sono proprio i cattolici che passano per essere persone con una visione del mondo poco flessibile. Ma è l’esatto contrario: solo chi non ha mai approfondito il pensiero cattolico, e quello di Benedetto XVI in particolare, può credere a questi luoghi comuni, alimentati spesso dai media che troppa superficialità. Però credo che questa nuova generazione sia molto forte: non ha complessi, è molto aperta, le manca forse un po’ di cultura. Mia figlia è giornalista di un importante giornale francese di sinistra, ma è cattolica, ed è molto apprezzata anche per questo. Perché il pensiero cattolico è l’unico vero pensiero controcorrente. Per questo è ancora più prezioso. Oggi esiste un pensiero unico: da una parte c’è il secolarismo, con tutti i suoi corollari di liberalismo esasperato; e poi c’è il pensiero cattolico, roccaforte di tutta una sapienza che per quanto minoritaria ha radici fortissime. E i giovani lo capiscono e lo apprezzano. Ho anche la sensazione che oggi dirsi cattolico per un giovane sia anche motivo di originalità. Per esempio, sono stati proprio i giovani a capire meglio il gesto di questo Papa».
Mariam è un operaio rumeno di 40 anni. Vive a Roma dal 1998. «Ammiro Ratzinger — dice — perché non ha avuto timore di affrontare questioni delicate: per esempio, quella dell’unità dei cristiani. Io sono ortodosso ma dopo la sua elezione al pontificato mi sono avvicinato molto al cattolicesimo. Sono arrivato a Roma e sono stato accolto come un fratello. Sono certo che tutta questa solidarietà sia dovuta al forte tessuto umano e sociale ispirato a una fede ancora molto sentita qui. Vedo moltissime opere di carità e di volontariato cattolico qui in Italia. Qui a Roma mi sento parte di una grande famiglia. E questo lo devo alla forte connotazione religiosa e in particolare a questo Pontefice, che ha saputo nutrirla e ravvivarla nei cuori e nelle menti anche di quelli che come me non sono cattolici. Credo che il messaggio di congedo di Benedetto XVI sia un invito e un auspicio alla riunificazione di tutti i cristiani». L'Osservatore Romano, 28 febbraio 2013.