Come mamma credo di essere valutata tollerabile dai miei figli, persino simpatica a tratti, vecchia ma non decrepita, e passabilmente poco racchia, in confronto alla media delle vecchie. Purtroppo però ho l’insanabile difetto di essere femmina, e quindi vengo estromessa da tutte una serie di attività valutate maschili: posso accompagnare a una partita ma non assistervi; invitare amici dei figli, ma non parlarci per più di quindici secondi, nel timore che venga colta da un attacco di “io-ti-conosco-da quando-eri-piccolo-così”; fornire informazioni, sapendo però che verranno sottoposte al vaglio della verifica (se lo dice anche il babbo, allora è proprio vero).
Anche oggi dunque mio figlio Bernardo si è dovuto rassegnare ad essere accompagnato alla partita non da una ma da ben tre femmine (anche le sorelline). Cacciate subito dagli spalti, ci siamo trovate all’ombra della Basilica di san Paolo fuori le Mura, e la grandezza di una delle quattro basiliche papali ha colpito le mie bambine, che mi hanno chiesto di visitarla.
Ovviamente l’attrazione numero due è risultata la cioccolata dei monaci benedettini, ma la numero uno, e di parecchio, sono stati inaspettatamente i “bolloni”, cioè gli enormi tondi con dentro i ritratti dei papi, dal primo, san Pietro, a Benedetto XVI, illuminato da un fascio di luce. Le mie bambine sono rimaste a bocca aperta a cercare di contarli, quegli oltre 250 ritratti lungo tutte le navate, la centrale e le laterali. Una fila ininterrotta, una muraglia fondata su quella prima pietra che ha portato fino a noi il depositum fidei. Una muraglia che ha vacillato, e forse vacillerà ancora, che forse si assottiglierà, magari fino a trasformarsi in un ponte lungo e stretto sul quale dovremo camminare uno dietro l’altro per non cadere giù. Ma anche così, diroccate ed esposte ai venti, le mura non cederanno, ce lo ha assicurato Gesù (un mio figlio è stato convinto per anni che Gesù avesse detto le porte dei pifferi non prevarranno, e non si spiegava perché ce l’avesse tanto con l’innocuo strumento musicale).
Mi chiedevo poco fa cosa avesse colpito due bambine di cinque anni, perché i bolloni dei Papi avessero folgorato la mente di ragazzine che maneggiano l’iPad meglio di me, che hanno gli occhi pieni di immagini e oggetti colorati. Cosa le ha attratte così tanto?
Quello che attrae anche me, credo: il pensiero di una catena di uomini che ha tramandato dagli apostoli fino a noi il deposito della fede, qualcosa che prima di tutto si trasmette, e solo poi si integra con i passi avanti che la rivelazione fa fare all’umanità, con la cura però di non perdere una briciola di quello che c’è stato in passato. C’è molto altro, la Chiesa sacramento di Cristo, la Chiesa, una, santa, la Chiesa sposa dell’Agnello, la Chiesa madre, una Chiesa che noi continuiamo fermamente a credere così anche se non la vediamo così splendente (se la vedessimo non sarebbe necessario crederla)… ma una catechesi tarata sui cinque anni ha necessariamente dei limiti.
La Chiesa è la garanzia che ciò in cui crediamo non è un prodotto delle nostre fantasie, delle nostre alienazioni. Sottopone al vaglio le rivelazioni, le particolari forme di spiritualità. Aspetta con calma di vederne i frutti, valuta, conforta o corregge.
Chi non crede in Dio è pronto a credere in qualsiasi cosa – scaramanzia, oroscopi, opinioni del cugino dell’estetista, fantasiose teorie sul benessere fisico o ecologico che prendono il posto della spiritualità – mentre noi crediamo in una sola cosa, e sempre chiediamo conforto ai fratelli maggiori nella fede, come quello che riposa nella basilica, Paolo, l’apostolo delle genti che accoglie i fedeli dal chiostro con una enorme statua, armato di spada.
E poi ci sono fratelli maggiori di oggi, i sacerdoti, i figli prediletti del Padre, dal cui sì dipende la nostra salvezza.
Mi conosco abbastanza da sapere che non mi devo sempre totalmente fidare di me stessa, delle mie emozioni, delle mie intuizioni, ed è per questo che ho una guida spirituale. Che non è solo una persona intelligente, è anche un sacerdote, cioè colui che spezza per me il pane della rivelazione, la parola e la sapienza cresciuta per duemila anni di storia.
Chi non crede in Dio, dove si specchia? Come potrebbe non seguire le proprie emozioni, non assecondare quello che gli salta in mente, non perdersi?
Oppure può entrare nella basilica, e mettersi al centro, tra quelle colonne, sotto quei ritratti, e sentirsi parte di qualcosa che non affonderà mai. Perché nonostante le magagne, le trame, i peccati, qui e solo qui c’è la vita eterna. (C. Miriano)