Di seguito il Vangelo di oggi, 23 febbraio, sabato della I settimana di Quaresima, con un commento.
Chi accoglie il Signore nella propria vita
e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio.
Riesce a compiere la volontà di Dio:
realizzare una nuova forma di esistenza
animata dall’amore e destinata all’eternità.
Se siamo veramente consapevoli di questa realtà,
e la nostra vita ne viene profondamente plasmata,
allora la nostra testimonianza diventa chiara,
eloquente ed efficace.
Un autore medievale ha scritto:
«Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire,
mescolato all’amore di Dio,
allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore»
(Giovanni Climaco, Scala Paradisi).
Benedetto XVI, Angelus del 20 febbraio 2012
Dal Vangelo secondo MAtteo 5,43-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Il commento
Perfezionismo? No assolutamente. La perfezione cristiana, quella che incontriamo nel vangelo di oggi, è piuttosto il "compimento": perfetto è colui che è compiuto. Sulla Croce "Tutto è compiuto". Solo consegnando se stesso sino al'ultimo respiro, il Signore ha potuto pronunciare queste parole, anticipate e profetizzate nel gesto con il quale Gesù si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli, amati sino alla fine, letteralmente, sino al compimento. Esso appare dunque nella sua vita offerta per perdonare. La perfezione è distesa tra due braccia aperte in un abbraccio misericordioso. La perfezione sgorga da un cuore squarciato per amore. Amore allo stato purissimo, raffinato nel crogiuolo della sofferenza. Vino pigiato nel tino della storia. Ai piedi dei nemici, servo dei malvagi, ultimo dietro l'ultimo uomo. In fondo alla fila, alle spalle del peggiore della storia, del più sanguinario, del più abietto. Ultimo per rovesciare l'ordine della carne e della giustizia umana, dietrofront!, e gli ultimi, i peccatori, siano i primi, dietro il primo che ha vinto la morte e il peccato ed è entrato trionfante nel Paradiso. L'ultimo, il ladrone crocifisso accanto a Gesù, il primo dietro di Lui: "Oggi sarai con me in paradiso". Mentre il mondo - e noi nel mondo - condanna e giustizia ogni nemico al quale si muove guerra, sino all'annientamento. Ma Lui ci dice di amarlo il nemico, e la sua Parola è verità, l'unica ragionevole e realistica. Già qui ed ora si compie in noi, nemici di Dio intenti, ogni giorno, ad ammazzare chi si mette di traverso sul nostro cammino, smarrendo per via pazienza, perdono e amore. Noi, obesi di malvagità, amati e riamati infinitamente. La nostra vita perduta, ma riscattata e compiuta nel suo perdono. Le sue braccia aperte sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra perfezione. Siamo perfetti, compiuti solo nascosti tra le sue ferite d'amore. "È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare" (Benedetto XVI, Deus caritas est n.12).
Trafitti dalla sua misericordia diventiamo noi stessi le sue ferite aperte sul mondo, segno di salvezza, vita e perdono per ogni uomo: "Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l'uomo può diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva. Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio" (Benedetto XVI, ibid n.7). Le nostre piaghe quotidiane unite alle sue piaghe sono la perfezione che salva il mondo. Disprezzati, rifiutati, insultati, derisi, licenziati, trattati ingiustamente sul lavoro, e poi da mogli e mariti, suocere, figli, nipoti, nuore e generi. Lì, inchiodati alla nostra croce siamo perfetti. Laddove nessuno saluta e si vuole celare il sole e trafugare la pioggia ai malvagi, laddove il mondo cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste offrono la vita, gratuitamente, senza sperare nulla. Laddove il mondo odia, i discepoli dell'Amore amano. E' Lui vivo in noi che ama ogni uomo, e scende all'ultimo posto, servo di questa generazione per aprire il Cielo ad ogni nemico, nel suo sangue trasformato in amico. Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di Cristo, come lo siamo stati noi, appena un secondo fa... O Ieri. O come lo saremo domani. "Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione... Io vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno" (Benedetto XVI, ibid n.18). Gli occhi di Dio, che ama ciascun uomo donando a tutti il necessario, senza distizione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa umanità attraverso i nostri stessi occhi. Lo sguardo d'amore che ha folgorato Matteo, che tutti ci ha coinvolto in un cammino di conversione e di gioia. La quaresima ne è un paradigma, il segno dell'opera di Dio in ciascuno di noi: l'amore che polverizza il vecchio cuore di pietra per donarci un cuore di carne, il cuore di Cristo. La nostra vita è così trasformata nella Pasqua dei nemici divenuti fratelli di Cristo, coeredi con Lui perché figli dello stesso Padre, figli della misericordia.