venerdì 1 novembre 2013

Il mistero del sesso (2)



La radice antropologica del sesso (secondo articolo) 
Questo articolo fa seguito, come avevo promesso, al precedente “Il mistero del sesso” (V. post pubblicato il 29 ottobre scorso) nel quale avevo illustrato il significato antropologico e cristiano del sesso come mistero di fede. In questo intendo mettere in luce la radicazione del sesso nel mistero della persona umana.
La persona umana, come insegna il Concilio Lateranense IV del 1215 (Denz.800), è l’unica creatura in tutto il creato ad essere composta di spirito e corpo. Essa non è un puro spirito come gli angeli. Ma non è neppure un corpo inanimato come le sostanze fisiche e chimiche, sino ai corpi e le particelle elementari dell’universo.
Certamente nel mondo fisico esistono corpi viventi e non viventi. I corpi viventi possono vivere grazie ad un’anima vegetativa (le piante), sensitiva (gli animali), o spirituale (l’uomo). Il Concilio non entra in queste precisazioni, che del resto sono dati indiscutibili della scienza.
La sessualità, come è noto, è legata alla vita, essendo il principio della riproduzione della specie. I corpi non viventi o elementari possono aggregarsi tra di loro a formare agglomerati più grandi, o corpi più complessi e voluminosi, come per esempio i cristalli, ma non possono generare, ossia trarre dal proprio seno e produrre all’esterno, mediante un’opportuna attività, appunto la generazione sessuale, altri corpi della stessa specie. La riproduzione sessuale avviene ai gradi inferiori della vita, vegetativo e sensitivo, ma non a livello della vita spirituale in quanto tale. Lo spirito creato non genera lo spirito.
Tuttavia è vero che l’uomo genera l’uomo, benchè l’uomo sia composto di materia e spirito. Ma il sesso, anche nell’uomo, resta legato alla vita fisica e sensitiva, e quindi il sesso come tale non è capace di generare lo spirito, il quale, all’atto del concepimento dell’uomo, come si ricava dalla scienza ed è un dato della stessa fede cattolica, è creato immediatamente da Dio, come insegna ancora Pio XII nell’enciclica Humani Generis.
Infatti lo spirito, sia quello umano che quello angelico, non è generabile, ma solo creabile, in quanto è una forma semplice sussistente da sé, mentre il generabile è un corpo, composto di materia e forma, che raggiunge la propria o completezza o perfezione finale – entelechìa – grazie alla forza generativa del genitore, che conduce la materia all’acquisto della forma, grazie alla forza formativa della forma, che è la forma della specie, la quale presente individualmente nel genitore, si riproduce individualmente nel generato. Invece lo spirito, essendo una forma semplice senza materia non può che essere creato da Dio dal nulla.
Ogni spirito umano è creato all’atto del concepimento, nel corso della storia, mentre gli spiriti angelici, che non sorgono da riproduzione della specie, sono stati creati tutti all’inizio della creazione del mondo[1]. Nella specie umana, mentre la specie è una e resta la stessa, gli individui sono molti e aumentano – “crescete e moltiplicatevi” (Gen 1,28) – nel tempo e nello spazio, poiché sono corpi viventi  che come tali non possono che essere collocati nello spazio-tempo.
Anche gli angeli hanno tutti la medesima essenza specifica, ossia condividono la stessa natura genericamente angelica, ma mentre gli individui umani differiscono per differenze materiali e sessuali, dato che posseggono un corpo, gli angeli, essendo puri spiriti, differiscono per differenze solo formali e specifiche, essendo pure forme sussistenti o pure intelligenze.
Mentre lo spirito umano è un’anima, ossia una forma sostanziale fatta per animare un corpo sessuato, e quindi è solo la parte di quel tutto che è la persona umana, lo spirito angelico è già un tutto completo in se stesso, è una persona puramente spirituale. In tal modo il sesso, in quanto essenziale al corpo, è costitutivo della persona umana e dà allo spirito un modo d’essere maschile e femminile. Oppure per converso si può dire che lo spirito umano, in quanto fatto per animare un corpo di per sé sessuato, è fatto per avere una modalità maschile e femminile. Per questo, mentre negli angeli la spiritualità è del tutto estranea al sesso, nell’uomo esiste una spiritualità maschile e una spiritualità femminile.
Il sesso nell’uomo non è solo animale ma anche spirituale. Il che vuol dire che non è solo finalizzato alla procreazione, ma anche ad una reciproca complementarità personale tra uomo e donna. Per questo Dio nel Genesi non dice “non è bene che l’uomo generi da solo”, ma “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18): uomo e donna si completano reciprocamente nell’esistenza, ossia come persone.
Sotto questo punto di vista, le parole seguenti di Jahvè – “facciamogli un aiuto simile a lui”[2] – non vanno riferite principalmente all’opera procreatrice ed educativa dei figli, quindi all’istituto familiare, per quanto tutto ciò sia di estrema importanza, ma vanno sempre intese come riferite al senso della vita: cioè donna e uomo sono reciprocamente complementari non solo sul piano del sesso ma anche su quello dello spirito nello scoprire assieme il senso e il gusto della vita, in quanto finalizzata a Dio, e quindi nell’aiutarsi a vicenda a realizzarlo: cristianamente parlando ciò vuol dire aiutarsi l’un l’altro a farsi santi.
Come è noto, la definizione aristotelica dell’uomo è “animale razionale”. Essa è certamente esatta, tanto che  attraverso S.Tommaso, è stata assunta dal Magistero della Chiesa, come risulta da  numerosi Concili[3] sino al Vaticano II. Senonchè però nell’età moderna tale definizione è stata migliorata e in certo senso superata dal concetto biblico della persona creata “ad immagine di Dio”, ossia l’aspetto spirituale dell’uomo. Su questo punto dobbiamo riconoscere l’apporto di Lutero e di Cartesio circa la dottrina dell’autocoscienza, benchè tale apporto sia notoriamente viziato da un’impostazione soggettivistica assolutamente inaccettabile.
Tuttavia è vero, come del resto aveva già intuìto S.Tommaso raccogliendo uno spunto della filosofia greca, a partire da Anassagora, che ciò che c’è di più nobile nell’uomo non è tanto il logos, la razionalità, il raziocinio, quanto il nus, ossia l’intelletto, organo dell’intuizione dell’Assoluto ovvero dell’Essere, come già aveva scoperto Parmenide. Proprietà dello spirito infatti, più che la ragione è l’intelletto. La ragione come movimento o processo logico del pensiero, è legata al senso e quindi al corpo. Viceversa l’angelo, che non ha corpo ed è un puro spirito, è anche un puro intelletto.
Invece, la concezione aristotelica  della natura umana non riconosce a sufficienza quella che è al dignità della donna, ma tale dignità risulta con chiarezza dalla concezione biblica della la dottrina dell’immagine di Dio, purissimo Spirito. La base dell’uguaglianza, dunque non è la ragione, ma lo spirito e quindi l’intelletto, il potere intuitivo-contemplativo, legato alla religione, all’amore e alla mistica.
Indubbiamente la definizione aristotelica inserendo l’animalità nell’essenza dell’uomo, evita sia il dualismo rigorista platonico che il monismo edonista epicureo, riconosce il sesso come ingrediente essenziale della persona. Ma si tratta di un sesso puramente animale, che non ha nessun rapporto con lo spirito, e non compare almeno esplicitamente nella definizione dell’uomo.
Il criterio per la distinzione tra la spiritualità maschile e femminile è allora dato dalla considerazione dei tre piani fondamentali della vita umana, diversamente intrecciati nell’uomo e nella donna: quello sensitivo, quello razionale e quello spirituale-intellettuale. Si ricordi la tripartizione paolina “spirito” (intelletto), “anima” (ragione) e “corpo” (senso) (I Ts 5, 23).
La ragione media fra il senso e l’intelletto. Nella congiunzione fra due estremi possono darsi due possibilità: o la forza della mediazione o la saldezza della congiunzione fra gli estremi. La mascolinità rafforza la mediazione: da qui la maggior capacità sillogistica del maschio, che però più facilmente si astrae dal senso e privilegia la ragione all’intuizione[4]. Invece alla donna il sillogismo astratto, soprattutto scientifico è meno congeniale, ma essa supera il maschio nella sensibilità, nell’emotività  e nella percezione del concreto, soprattutto della persona concreta con riferimento all’intuitività dello spirito, soprattutto nel campo della religione, dell’affettività e della mistica.
Il sesso non è solo un accidente dell’individuo ma anche della specie umana. La distinzione dunque non è solo traquesto maschio e questa femmina, ma tra il maschio e la femmina, e ciò non solo in senso fisico, cosa che è evidente anche per gli animali, altrimenti non si accoppierebbero fra di loro, ma anche in senso spirituale, cosa che può essere percepita solo dalla ragione o dall’intelletto ed anzi dalla fede stessa, fondata sulla Bibbia, così come ho già detto nell’articolo precedente, perché il sesso, oltre ad essere un fatto profondamente umano è anche un mistero di fede.
Maschio e femmina dunque non sono solo due individui della specie umana, ma due specie[5] o due forme specifiche o sottospecifiche[6] della specie umana, che non intaccano per nulla l’unità antropologica della specie, ma la precisano e la arricchiscono. Se c’è distinzione tra questo maschio e quell’altro e così pure per la femmina, vuol dire evidentemente che si tratta di due individui della stessa specie sessuale: maschio e femmina. Si tratta di due individui sotto un medesimo universale. E se è vero che l’universale (la definizione) è oggetto di scienza, questo fonda la conoscenza scientifica dell’essenza spirituale della mascolinità e della femminilità.
Il sesso, o meglio la differenza sessuale maschio e femmina è dunque anche e fondamentalmente un accidente proprio, essenziale ed intrinseco della specie. Esiste certo un piano di assoluta identità spirituale fra uomo e donna, cosa che costituisce il fondamento dell’uguaglianza specifica e della pari dignità di persone[7], ma nel contempo lo spirito è differenziato in due sottospecie secondo la reciprocità testè indicata e descritta, sicchè la specie umana, pur restando una in se stessa – animal rationale -, è poi di fatto suddivisa  (“maschio e femmina li creò” Gen 1,27) e al contempo unita (“una sola carne” Gen 2,24) in due modalità essenziali: maschio e femmina definiti secondo la suddetta descrizione.
P. Giovanni Cavalcoli


[1] Secondo i Padri gli angeli sono stati le prime creature ad essere create, il che sarebbe espresso nel comando di Dio “sia la luce” (Gen 1,3)
[2] Cf il saggio di Jacques Maritain Faisons-lui une aide semblable à lui, in Approches sans entraves, Paris, Fayard, 1973 (trad.it. per l’Editrice Città Nuova, Roma 1978).
[3] Per esempio il Concilio Lateranense IV già citato, il Concilio di Viennes del 1312 e quello Lateranense V del 1513.
[4] Il primato della ragione sull’intelletto è sistematicamente sostenuto soprattutto dall’idealismo tedesco, eminente forma di maschilismo intellettuale.
[5] Vedi gli studi sulla donna di Edith Stein (S.Teresa Benedetta della Croce) pubblicati da Città Nuova.
[6] Vedi il saggio già citato di Maritain.
[7] Questo tema importante è stato sviluppato da Pio XII per tutto il corso del suo pontificato.