martedì 12 novembre 2013

Missione e Prolelitismo da Giovanni XXIII a Francesco




“Il proselitismo è una solenne sciocchezza”: così Papa Francesco proprio all’inizio del suo colloquio con Eugenio Scalfari… Qualche commentatore, abituato a vagliare il pensiero dei Papi con le proprie idee come metro di misura, ha espresso dubbi sul significato di quelle parole, e su siti che da tempo non fanno altro che brontolare, e spesso distorcere apposta le parole e i gesti di Francesco, le sottolineature e le proteste sono state e sono ancora tante.
E allora vale la pena di ricordare che la differenza tra missione e proselitismo è grande, e decisiva.

La “missione” in senso cristiano è l’annuncio di salvezza, l’Evangelo, la buona notizia dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, Figlio di Dio e Dio Egli stesso, e questo annuncio è fatto con i mezzi indicati da Lui stesso: come agnelli in mezzo ai lupi, nella mitezza e nella misericordia, senza la pretesa di usare mezzi di forza e di potere…Del resto lo stesso Francesco, nel discorso fatto ai giovani preti, ai religiosi e alle religiose due giorni dopo essere andato a Lampedusa, e proprio in tema di missione ed evangelizzazione ha scandito che “la missione di fa in ginocchio”, per indicare la presenza dello Spirito Santo che deve essere sostanza dell’attività evangelizzatrice, e quindi il primo dovere dei “missionari” di mantenere il contatto vivo con il Signore, senza snaturare il compito dell’annuncio.


Nessuna forzatura quindi della libera volontà degli “evangelizzati”, nessuna pretesa di convincere per forza, nessuna fretta di annettersi con altri mezzi persone di altre religioni, o di nessuna religione. La fede è dono che va annunciato e presentato alla libertà dell’uomo, di ogni uomo, di qualsiasi condizione…

E’ davvero nuovo, questo insistere del Papa sul “proselitismo” come metodo da evitare? Hanno scritto, e scrivono di sì, ma non è così. E vale la pena di far conoscere un precedente illustre, che risale a molti anni orsono, ed ha per protagonista mite e tollerante, sereno e fraterno, Angelo Giuseppe Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII.

E’ il testo di una lettera di mons. Roncalli, allora 45enne, visitatore apostolico in Bulgaria da 15 mesi. Aveva incontrato un giovane seminarista ortodosso, Christo Morcefki, il quale gli aveva espresso il desiderio di poter trasferirsi a Roma, per studiare teologia, ed aveva dichiarato di essere disposto, se poteva servire, anche al passaggio alla Chiesa Cattolica…Una conversione promessa? 
Molto significativa è la risposta del futuro Giovanni XXIII. Eccola, nel testo autenticato da mons. Loris Capovilla, preziosa memoria vivente e custode della vera identità del “Papa buono”.



Sofia  -  Rue Mussalà 2                           27  luglio  1926

Sigr. Cristo Morcefki (Ferdinancko) Morcevo 
 N. 713 
Mio caro amico ,
             la sua lettera del 24 corrente mi rivela i suoi buoni sentimenti e desideri di mettere la sua vita a servizio del Signore.  Di ciò mi compiaccio. Ella però è male informato circa gli scopi della mia visita in Bulgaria. Il Santo Padre mi ha mandato qui per cooperare alla ristorazione della povera Chiesa Cattolica di rito orientale in questo Paese, costituita per lo più da poveri rifugiati della Tracia e della Macedonia e per aiutare in generale i cattolici di rito Orientale e di rito Latino in Bulgaria. Non per altro
 Una volta mi accadde di raccomandare per un istituto di carità di Torino un giovane orfano alunno del Seminario di Sofia. Ma non mi sono mai interessato di altro. Sono in verità molti i giovani, specialmente allievi dei seminari Ortodossi in Bulgaria, in Romania, in Jugoslavia, in Russia che domandano di essere accolti dal Santo Padre nei seminari di Roma. Ma Finora non fu presa alcuna decisione, e credo che nessuna decisione si prenderà se non previe intelligenze col Santo Sinodo delle Chiese Ortodosse nei vari paesi e col Governi rispettivi.
 Io non mi trovo quindi in condizione di corrispondere ai suoi desideri, mio caro amico. Poiché però ella me ne dà l'occasione, lasci che io la inviti, come ho sempre fatto con tutti i giovani Ortodossi che ebbi il bene di incontrare in Bulgaria, ad approfittare degli studi e dell’educazione che ella riceve nel Seminario dl Sofia. I Cattolici e gli Ortodossi non sono dei nemici, ma dei fratelli. Abbiamo la stessa fede; partecipiamo agli stessi sacramenti, soprattutto alla medesima Eucaristia. Ci separano alcuni malintesi intorno alla costituzione divina della Chiesa di Gesù Cristo. Coloro che furono causa di questi malintesi sono morti da secoli. Lasciamo le antiche contese, e, ciascuno nel suo campo, lavoriamo a rendere buoni i nostri fratelli, offrendo loro i nostri buoni esempi. Ella apprenderà al Seminario molte cose, soprattutto l’amore di Gesù, lo spirito di apostolato e di sacrificio. Più tardi, benché partiti da vie diverse, ci si incontrerà nella unione delle Chiese, per formare tutte insieme la vera ed unica Chiesa di N. S. Gesù Cristo.
    Questo è ciò che posso dirle; che ho detto a parecchi altri bravi giovani Bulgari. Mi dispiace di non poterle aggiungere altro, in conformità ai suoi desideri. Teniamoci uniti, colla preghiera, nel Signore. Io le auguro di cuore ogni bene ed ogni letizia.
            Devotissimo Suo 
                        + Angelo Giuseppe Roncalli
                                 visit. apostolico

NOTA. L’arciv. Angelo Giuseppe Roncalli aveva allora 45 anni. Era in Bulgaria da 15 mesi. Questa lettera al giovane seminarista ortodosso Christo Morcefki è eloquente. Il buon cammino ecumenico evita fretta ed entusiasmi effimeri.
+ Loris Francesco Capovilla Copia conforme, archivio “Fondazione Giovanni XXIII”, Seminario di Bergamo

Ecco. La novità del linguaggio di Francesco, e la sua perentorietà che può sorprendere, con quell’epiteto, “una solenne sciocchezza”, non è altro che traduzione odierna di una condotta che risale alla mitezza ed all’esempio di Gesù e di coloro che, tra i suoi discepoli davvero fedeli, hanno conservato nei secoli, lo “stile” autentico della missione cristiana, per la quale non c’è stato mai bisogno, come per altri “stili”, di chiedere perdono a Dio e agli uomini nel corso dei secoli… 
G. Gennari