giovedì 7 maggio 2015

La famiglia è sacra e la donna ne è il fulcro

marcia 10 maggio

Gli abortisti alzano i toni, tutti a Roma il 10 maggio
(di Mauro Faverzani) Sono sempre più scatenati: ad ogni latitudine, ad ogni longitudine del pianeta gli attacchi alla vita si fanno sempre più feroci. Gli ultimi fuochi son giunti dagli Stati Uniti, dove, nonostante il sostegno bipartisan appena ricevuto dalla Camera dei Rappresentanti, la risoluzione a tutela della libertà religiosa è stata definita un«azzeramento del processo democratico» ed un male per le donne.
A dir questo è stato il portavoce di Hillary Clinton, candidata alla Casa Bianca per i Democratici. In realtà la risoluzione per la libertà religiosa si propone di tutelare in ambito sanitario i pro-life e le organizzazioni religiose dal devastante Atto di non-discriminazione per la salute riproduttiva, che impone ai datori di lavoro di assumere indipendentemente dalle convinzioni e dalle azioni dei candidati, nonché di dare copertura assicurativa ai dipendenti anche per le spese abortive.
Ora la risoluzione dovrà passare al Senato, ma il Presidente Obama ha anticipato il proprio veto. E la Clinton ha già dimostrato di voler proseguire sulla stessa linea. Nel frattempo, anche le multinazionali dell’aborto hanno intensificato la loro offensiva su scala planetaria: Cecile Richards, presidente di Planned Parenthood ̶ tristemente leader mondiale nel settore ̶ , lo scorso 28 aprile dalle colonne della rivista “Time”, ha suonato la carica: «Giovani donne, volete raggiungere i vostri sogni e cogliere le vostre opportunità? Spegnere una vita innocente può essere proprio ciò che fa per voi!», ha tuonato, lodando i media per l’incredibileassist fornito alla sua Fondazione, peraltro finanziata col denaro dei contribuenti, loro malgrado.
L’errore è culturale, di fondo e deriva dalla convinzione che per la vita si schierino solo i credenti. Non è così: «L’aborto è sbagliato in sé – ha scritto l’agenzia “LifeSiteNews” –,l’aborto è un atto di violenza che distrugge un essere umano durante il suo sviluppo nel grembo materno: su tale definizione possono essere tutti d’accordo, dall’ateo Christopher Hitchens al Papa. Una panoramica dei testi di embriologia in uso presso le scuole di Medicina dovrebbe bastare, per capire se il bambino che cresce in grembo sia un essere umano o meno e quindi se meriti il diritto alla vita o meno».
È proprio a partire da qui che occorre diffondere la consapevolezza di quanto il valore della vita sia universale, di come alla vita tutti possano e debbano credere, di come essa sia da tutelare senza compromessi al di là della propria fede, dei propri ideali, delle proprie convinzioni. È quel che le Marce per la Vita, promosse ormai in tutto il mondo, vogliono testimoniare.
Ed il successo da esse ovunque riscosso dimostra come la gente, tutto ciò, lo capisca eccome, nonostante gli sforzi martellanti compiuti dalle potenti lobby abortiste per farlo loro dimenticare. Poiché è vero come in campo etico siano emerse anche altre urgenze – in particolar modo, gender, eutanasia e via dicendo –, ma non è certo l’attualità a stabilire le priorità: alla base di tutto, a fondamento di tutto, al di là di ogni attualità contingente, stanno i principi non negoziabili – tra cui quello della Vita –, come ebbe già a dire nel 2006 Benedetto XVI: «Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana e pertanto sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere confessionale, ma si dirige a tutte le persone».
Il prossimo appuntamento, come noto, è a Roma per domenica 10 maggio con la V edizione della Marcia per la Vita italiana, prevista dalle ore 14 a partire dalla centralissima via della Conciliazione per giungere sino a piazza Bocca della Verità attorno alle ore 16. Moltissimi sono i pullman previsti, provenienti da tutta Italia e dall’estero, soprattutto da Polonia, Romania e Spagna, contando sul sostegno di tanti Vescovi e sul coinvolgimento di parrocchie, associazioni ecclesiali, folte rappresentanze pro-life dall’Europa e dal resto del mondo.
Mons. Livio, Melina Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia esprime la sua più «cordiale adesione alla quinta Marcia per la Vita, che intende proclamare il “Vangelo della Vita”, di cui fu araldo intrepido e gioioso San Giovanni Paolo II. Difendendo i più piccoli, i più deboli e i più minacciati da una cultura egoistica e dello scarto, si testimonia il valore unico di ogni persona umana, dal suo concepimento alla fine naturale, e si promuove la famiglia autentica, radicata nel mistero nuziale dell’unione tra uomo e donna, fondata sul matrimonio fedele e indissolubile, aperta alla procreazione, santuario della vita e cellula primaria della società.». Parole chiare. Senza compromessi. In perfetta sintonia con lo spirito dell’ormai imminente Marcia nazionale per la Vita di Roma. (Mauro Faverzani)
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La famiglia è sacra e la donna ne è il fulcro

(di Cristina Siccardi) «Perché si dà per scontato che le donne debbano guadagnare di meno degli uomini?», se lo è chiesto Papa Francesco nella catechesi all’Udienza Generale del 30 aprile u.s., nella quale ha affermato che «la disparità tra i sessi è un puro scandalo».
Le “ingiustizie” del maschilismo e i valori della famiglia sono stati al centro dell’omelia del Pontefice. Ventimila fedeli radunati in piazza San Pietro hanno sentito che «la disparità di retribuzione tra uomo e donna» è uno scandalo. «Serve uguale retribuzione per uguale lavoro». Papa Bergoglio ha ancora domandato: «Perché si dà per scontato che le donne devono essere pagate di meno?» «Il cristianesimo non può essere maschilista»; ma non può essere nemmeno femminista, perché il Cristianesimo è per antonomasia non contrapposizione, ma unione e completamento fra gli opposti, così opera il cosmo, tale è il Creato nella sua bellezza e nella sua armonia. Quando l’armonia è spezzata l’esistenza diventa greve, violenta e inquieta. L’ideologia femminista, come altre ideologie politiche e mondane, è entrata nella Chiesa in una forma, filosoficamente e teologicamente, allarmante.
Papa Francesco ha poi denunciato i danni che compie il pensiero maschilista nella società occidentale, pensiero che ritiene l’emancipazione femminile causa della diminuzione dei matrimoni. «Questa», ha scandito il Pontefice, «è anche un’ingiuria, ed è una forma di maschilismo: l’uomo che sempre vuol dominare». «Così facciamo la brutta figura di Adamo, che per giustificarsi di aver mangiato la mela ha risposto al Signore: “Lei me l’ha data”». Allora «Dobbiamo difendere le donne!». Quante verità esistono in queste affermazioni, attinte da una sociologia metropolitana? È chiaro che oggi le riflessioni ecclesiastiche si concentrano maggiormente sui luoghi comuni dettati dal pensiero dominante, conformato e omologato. Ma che cosa è veramente la donna? È ciò che hanno detto le suffragette e le loro eredi, oppure ciò che ha detto e stabilito Dio?
Il Dottore della Chiesa santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), alla quale furono concessi doni, meriti, privilegi straordinari, fino ad essere resa degna di divenire portavoce di Dio, afferma che la bellezza umana si manifesta particolarmente nella donna, formata dalle ossa di Adamo e non «con polvere del suolo» (Gn 2, 7), come aveva fatto il Signore con Adamo stesso. Ildegarda pone la figura femminile in alto, la eleva e la nobilita (proprio come farà Dante, che nascerà 86 anni dopo la morte di Ildegarda), dichiarando che è la creatura fra tutte più compiuta, più delicata, più capace istintivamente di assurgere alla dimensione celeste (da qui la dote dell’intuizione femminile, che non necessita di molti passaggi logici per giungere al dunque).
Ildegarda ben comprese il ruolo della figura femminile nella storia e nel creato: la donna è raffinatezza, eleganza, edificazione del prossimo, aspirazione alle altezze, vicinanza alle realtà celesti, carità operante ed è, intrinsecamente, madre, sempre: sia con la maternità carnale (con la vocazione matrimoniale), sia con la maternità spirituale (con la vocazione religiosa) e proprio nella maternità risiede la sua piena realizzazione.
Chi veramente vuole difendere le donne – e il Cristianesimo è l’unica religione al mondo a nobilitare la donna (a partire dal Vangelo) – lo potrebbe fare ridando alle donne ciò che è loro congeniale, ciò che realmente a loro appartiene per volontà di Nostro Signore, che è perfetta Giustizia e se la Sua Giustizia viene applicata è perfetta Letizia per tutti, compresi quelli che si affidano all’assurda ideologia del gender. «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo» (Gn 2, 21-22); in questi termini santa Ildegarda spiegò il brano veterotestamentario: le costole sono in prossimità del cuore, centro vitale dell’esistenza umana, e la donna proprio da lì venne tratta.
La Sibilla del Reno lascia scritto che fin dalla sua origine la donna ha, nella creazione, un ruolo aureo, naturalmente trascendente (ovvero che ha maggiore capacità a distaccarsi dalla materia; non a caso, percentualmente parlando, le mistiche della storia della Chiesa sono in numero superiore ai mistici). Proprio per tale ragione Satana insidiò prima Eva che Adamo. Si alzò, quindi, un’aria malefica, che ricoprì tutta la terra e tutto danneggiò. Ma sarà proprio la Donna, «La Donna gentil», come Dante definisce la Madonna, ad annientare il potere di Lucifero e san Giovanni, nell’Apocalisse, ne descrive il traumatico e salvifico processo, dominato dalla Madre di Dio. Dio, infatti, volle per Sé il candido grembo di una Madre, Madre che, nella Sua magnanimità, donò anche, spiritualmente, all’umanità. A nessun uomo sono state assegnate le dignità concesse da Dio alla Prescelta e a lei l’onore di essere incoronata Regina del Cielo e di essere «il Paradiso di Dio» come la definisce san Louis-Marie Grignion de Montfort.
Durante l’Udienza Generale il Papa, parlando della crisi del sacramento del matrimonio, ha dichiarato che le vittime di separazioni e divorzi sono soprattutto i figli, perciò ha invitato ad interrogarsi sul perché i giovani abbiano paura dei legami stabili e subiscano la «cultura del provvisorio». La risposta non è complessa: se le donne scimmiottassero meno gli uomini, riscoprendo ed esaltando le loro qualità, questa nostra civiltà, ormai scardinata e fuori di senno), avrebbe maggiori benefici in equilibrio personale, in ricadute familiari, sociali e religiose (nessuno può negare che la madre cattolica, nella prima infanzia, è la prima catechista). Se le donne cristiane cercassero maggiormente il pudore, la dolcezza, la soavità, la sobrietà, che non inficiano la personalità femminile, ma la esaltano, il mondo sarebbe migliore e anche gli uomini resterebbero più allettati nel cercare la stabilità del matrimonio. Nel matrimonio, come spiega san Paolo, l’uomo è il capo della famiglia, mentre la donna, per sua propria ontologia, ne è il cuore, il perno. Tutto il resto, quando c’è, è contorno.
Se, difatti, in una famiglia la sposa e la madre rimane al suo posto, quella famiglia, benché il padre sia scapestrato e irresponsabile, rimane ugualmente in piedi. La forza fisica degli uomini è direttamente proporzionale alla forza spirituale delle donne: a lei, non a caso, l’incombenza di partorire, di nutrire, di prendersi cura, dentro le mura domestiche, dei suoi cari, dalla nascita alla morte. Se poi tutto ciò, nella modernità, non viene più considerato, non per questo viene cancellata la vera identità femminile.
Che cos’è il focolare domestico se non quel rifugio dove ognuno trova nella madre acqua che spegne tensioni e passioni, ma anche consolazione, protezione, calore, accoglienza, cura alle piaghe fisiche e morali? Quando la donna rinnega questi suoi uffici naturali, esce da ciò che è per essenza e va in cerca di amore come un vagabondo senza meta, in balia di questa società malata di oscenità. La donna è elargitrice di vita per disegno divino. È lei a mettere alla luce le creature ed è lei ad abortire.
È lei, in definitiva, a volere la vita o a negarla, perché, quando un figlio è concepito, nessuno può obbligarla ad ucciderlo. E non esistono eguali sulla terra, per peso ed intensità, paragonabili alla potenza d’amore come quella materna, potenza d’amore che la Madonna rappresenta nel modo più perfetto. La Marcia per la vita del 10 maggio possa essere un provvidenziale evento per focalizzare l’attenzione sul fatto che la vita è sacra e, conseguentemente, la famiglia è sacra; dove Adamo ed Eva siano considerati per quello che furono realmente nel piano della Salvezza e non per quello che potrebbero servire per una politica che ammicca alle femministe, acerrime nemiche dello splendore, della bellezza e dell’utilità di essere donne. (Cristina Siccardi)