martedì 12 maggio 2015

Rahbat al Wardiya



Se i politici islamici mandano le figlie a scuola dalle suore...

Il 17 maggio diventa santa Marie Alphonsine Danil Ghattas, fondatrice delle suore del Rosario, l’unica Congregazione nata in Terra Santa. Sono apprezzate da tutti, musulmani compresi

GEROLAMO FAZZINIMILANO

Il nome arabo è «Rahbat al Wardiya» (le Suore del Rosario). Ma la gente le conosce come «Wardiye» nelle terre in cui svolgono la loro missione, tutte arabofone: Giordania, Libano, Siria, Egitto, Emirati Arabi e Kuwait, oltre a Palestina e Israele.

Domenica 17 maggio, in Vaticano, la fondatrice delle «Wardiye» - la palestinese suor Marie Alphonsine Danil Ghattas - sarà proclamata santa insieme alla monaca carmelitana Mariam Bawardi, fondatrice del Carmelo di Betlemme.

Nata a Gerusalemme nel 1843, Maryam Sultanah Danil Ghattas - Marie Alphonsine dopo la professione religiosa nelle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione - decise di consacrarsi a Dio a 14 anni. La Madonna, che le apparve in due occasioni, le ispirò la fondazione della prima Congregazione religiosa femminile della Terra Santa, le suore del Rosario, unica Congregazione autoctona di Terra Santa. La sua missione era quella di «vincere l’analfabetismo ed elevare le condizioni della donna di quel tempo nella terra dove Gesù stesso ne esaltò la dignità» (Benedetto XVI). Punto centrale della sua spiritualità l’intensa devozione alla Vergine Maria. Morì ad Ain Karem il 25 marzo 1927.

Fondata nel 1880 a Gerusalemme, la Congregazione oggi conta 250 religiose ed è impegnata, oltre che sul fronte educativo (attraverso scuole e università), pure in attività di assistenza sanitaria e caritativa con ospedali, orfanotrofi, case di riposo per anziani, senza distinzione di fede.

«L’importanza di essere una Congregazione araba che opera nel mondo arabo consiste nel fatto che noi suore parliamo la stessa lingua della gente e ne condividiamo mentalità, abitudini e tradizioni»: lo spiega – in un reportage di Chiara Zappa nell’ultimo numero di Mondo e Missione - la superiora generale della Congregazione, madre Iness Al-Yacoub, che risiede nel monastero di Beit Hanina, a Gerusalemme est. Ecco spiegato come mai anche le élite musulmane mandino i loro figli in una scuola di suore. «I genitori si fidano di noi e ci stimano, perché vedono che siamo professionali, competenti e trasparenti», racconta madre Beatrine, religiosa libanese da 49 anni nel Golfo Persico, attiva nella scuola Fajer al-Sabah di Kuwait City, che dal 1961 sorge nel quartiere di Jabriya e oggi è frequentato da oltre 4mila studenti, dal kindergarten alle superiori.

«Viaggiando in Medio Oriente, è facile imbattersi nella loro presenza, soprattutto nei luoghi di riferimento della Chiesa latina, ma non solo - scrive Mondo e Missione. Da Salt, in Giordania, dove nel 1887 madre Marie Alphonsine insieme a tre consorelle fondò la prima missione in Transgiordania fino a Birzeit, in Cisgiordania, dove, dal 1885, le loro vesti nere svolazzano tra le aule di catechismo della parrocchia Nostra Signora di Guadalupe e il cortile della scuola. Con una costante: uno stile di presenza discreta, essenziale e quotidiana, totalmente inserita nel contesto locale».

In alcuni contesti, quella delle Wardiye è una presenza letteralmente in trincea.
A Gaza, la scuola delle suore (dalla materna alle medie) sorge nel quartiere moderno di Tel Al-Hawa, spesso pesantemente bombardato. Oltre all’impegno educativo e caritativo quotidiano, dunque, l’opera delle suore comprende l’azione in prima linea per far fronte ai traumi provocati dai conflitti soprattutto ai più piccoli, e alle emergenze materiali vissute dalle famiglie.

Ad Aboud, villaggio palestinese a 22 km da Ramallah, la Congregazione del Rosario è un’istituzione da oltre un secolo. Oggi la casa è gestita da suor Nadia e suor Eva (venuta dalla Giordania), che visitano le famiglie cristiane, in particolare le anziane sole, ma che negli ultimi anni hanno visto crescere le occasioni di collaborare con i musulmani, il cui numero è in aumento. A scuola, gli allievi di religione islamica sono centocinquanta, a fronte dei settanta cristiani: una condizione ricorrente nelle scuole delle Wardiye in tutto il Medio Oriente – sottolinea Mondo e Missione - e che rappresenta una sfida educativa cruciale, a maggior ragione in questa zona del mondo minacciata dall’estremismo.

«La nostra missione è molto importante per educare i giovani ad accettare gli altri e a convivere positivamente», racconta al mensile del Pime madre Iness Al-Yacoub. «Noi insegniamo il rispetto della fede altrui, e il diritto di tutti a vivere con dignità. Oggi nelle nostre scuole ci sono molte alunne musulmane: per noi è un’occasione preziosa per educarle a una mentalità moderata e aperta. In un clima avvelenato dall’estremismo, poi, una delle sfide più difficili è formare i giovani al perdono evangelico».

Un’opera educativa preziosissima, non a caso molto apprezzata dalle istituzioni statali dei Paesi in cui le suore sono impegnate. Tanto che, nelle loro scuole, sono stati formati i rampolli di molte famiglie dell’élite politica. In Giordania, le figlie del precedente re, Hussein, sono state allieve delle suore del Rosario e attualmente in Kuwait e negli Emirati Arabi tra le studentesse figurano le figlie di alcuni esponenti politici. «La ragione è sempre la stessa – spiegano le religiose - la buona educazione impartita soprattutto sul piano umano, visto che noi formiamo i ragazzi alla disciplina e ai valori etici, e naturalmente l’ottimo livello dell’istruzione».