sabato 13 giugno 2015

«Anche una manifestazione è testimonianza» Ecco perché io, ciellino, sarò a Roma il 20 giugno

Difendiamo i nostri figli
di Peppino Zola

Sta facendo discutere in questi giorni la lettera inviata dalla segreteria centrale a tutti gli aderenti al movimento di Comunione e Liberazione (v. infra), in cui si prendono le distanze dalla manifestazione pro-famiglia del 20 giugno a Roma. Nel documento, si comunica che CL «in quanto tale ha deciso di non aderire all'iniziativa del 20 giugno, che – al di là delle buone intenzioni di tanti che vi parteciperanno − non sembra adeguata a favorire il necessario clima di incontro e di dialogo con chi la pensa diversamente». Allo stesso tempo però la dirigenza di CL «lascia evidentemente libero di partecipare chiunque lo ritenga opportuno, con l’invito a verificare fino in fondo, nell’esperienza, le ragioni ultime della sua adesione». Un invito, quest'ultimo, che è stato accolto da un ciellino della prima ora, l'avvocato Giuseppe Zola, che qui spiega le ragioni della sua adesione.  

Prendendo sul serio l’invito a darsi e dare “le ragioni ultime” dell’adesione alla manifestazione del 20 giugno, desidero comunicare i motivi che mi hanno portato personalmente a decidere di essere presente a Roma, motivi frutto dell’esperienza di 57 anni di appartenenza attiva alla vita della Chiesa e di 48 anni di matrimonio, che ha dato origine a 2 figli e 7 nipoti.
1) Vorrei, anche (e non solo) in quella piazza, testimoniare (senza urlare) “la bellezza del disegno creatore che inscrive l’immagine di Dio anche nell’alleanza tra l’uomo e la donna”, come ci ha invitato a fare Papa Francesco il 15 aprile 2015. Ogni strumento ed ogni momento sono buoni per questa testimonianza.
2) È particolarmente pressante  l’esigenza di questa pubblica testimonianza in un momento in cui il contesto sociale ed il sistema mass-mediatico hanno messo in atto una pesante censura nei confronti di chi vuole proporre un’ipotesi di famiglia che ha le sue radici in millenni di storia. Oggi questa censura impedisce che nasca un vero dialogo. Vado a Roma per esporre con pacatezza le nostre ragioni e, quindi, per “favorire il necessario clima di incontro e di dialogo con chi la pensa diversamente”.
3) A questo punto, qualunque sia il giudizio che si voglia dare circa l’evento del 20 giugno (per me è positivo), mi sentirei un vigliacco a non stare vicino a chi ha avuto il coraggio di esporre la propria faccia, le proprie idee ed il proprio tempo per affermare la positività di una esperienza che il “pensiero unico” dominante (e che affonda le radici ai tempi dell’Umanesimo, come dimostra il servo di Dio don Giussani nel III capitolo di ‘Perché la Chiesa’) vorrebbe seppellire definitivamente.
4) Voglio testimoniare il mio civile dissenso rispetto a 3 proposte legislative che ingorgano attualmente i lavori del Senato e che segnalo brevemente:
a) se passasse il ddl Scalfarotto, che riguarda la fantomatica “omofobia”,verrebbe fatta fuori la libertà di pensiero e di opinione (art. 21 Cost.): chi dicesse, ad esempio, che il matrimonio tra uomo e donna è l’unico voluto dalla Costituzione, rischierebbe la galera;
b) se passasse il ddl Cirinnà, verrebbe introdotto anche in Italia il matrimonio tra omosessuali, in contrasto con quanto previsto dall’art. 29 della Costituzione e, quel che è peggio, si aprirebbe l’autostrada per le adozioni e per l’orribile pratica dell’utero in affitto;
c) se passasse la legge sulla scuola così come è arrivata dalla Camera dei Deputati, verrebbe introdotta in ogni ordine e grado della scuola italiana l’insegnamento dettato dalla cultura del “gender” (mi esonero dal fare in questa sede esempi, che sarebbero osceni, ma che è bene che prima o poi tutti ne vengano a conoscenza, prima di esserne vittime).
Mi pare che vi siano tutti i motivi ideali e pratici per partecipare ad un evento (che spero sia molto affollato, come auspicato dal cardinale Ruini), in cui il popolo, senza sigle e bandiere, possa pacificamente, serenamente e orgogliosamente manifestare l’evidenza di una verità irrinunciabile. Così, anche una manifestazione è testimonianza.

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La lettera

CL: Noi non ci saremo (a Roma)
In merito alla manifestazione del 20 giugno 2015 a Roma
«Dio ha affidato la terra all’alleanza dell’uomo e della donna: il suo fallimento inaridisce il mondo degli affetti e oscura il cielo della speranza. I segnali sono già preoccupanti, e li vediamo. (…) Da qui viene la grande responsabilità della Chiesa, di tutti i credenti, e anzitutto delle famiglie credenti, per riscoprire la bellezza del disegno creatore che inscrive l’immagine di Dio anche nell’alleanza tra l’uomo e la donna. La terra si riempie di armonia e di fiducia quando l’alleanza tra uomo e donna è vissuta nel bene. E se l’uomo e la donna la cercano insieme tra loro e con Dio, senza dubbio la trovano. Gesù ci incoraggia esplicitamente alla testimonianza di questa bellezza che è l’immagine di Dio» (Papa Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015).
«Gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità» (Evangelii Gaudium). Nel contesto attuale, infatti, i valori nati dal cristianesimo non sono più evidenti, tanto che la mentalità comune ne prescinde, ne inventa ogni giorno di nuovi e a questi si adattano sempre più velocemente anche le leggi dello Stato.
CL è nata per la passione all’educazione delle persone, perché possano trovare nell’esperienza di fede il luogo adeguato per riconquistare le evidenze perdute, sul valore della vita, sulla bellezza del matrimonio tra uomo e donna, sulla dignità umana dal suo concepimento alla sua fine naturale. Questo significa porre le basi per riscoprire il significato di tutti questi valori dall’interno della propria esperienza e così poterli difendere con la testimonianza della propria vita. Questo non vuol dire che il cristiano non abbia il dovere di opporsi alla deriva antropologica attuale. Occorre però chiedersi quale sia la modalità più adeguata, realistica ed efficace per farlo. Fin dall’epoca dei referendum su divorzio e aborto la storia ha mostrato a tutti che andare in piazza non produce alcun effetto positivo e non arresta certi processi. Anzi. Le leggi su divorzio e aborto non sono state la causa del venir meno di una certa mentalità nata in ambito cristiano, ma l’esito dello sfaldarsi di essa. Già nel 1978, don Giussani diceva: «In una società come questa, non possiamo rivoluzionare niente con parole, associazioni, o istituzioni, ma solo con la vita, perché la vita è un grande fatto contro cui le derive ideologiche non riusciranno a vincere mai».
Da questo punto di vista, non crediamo che in questo momento storico siano le manifestazioni di piazza a cambiare la concezione dell’uomo implicita nei nuovi diritti. Come ha dichiarato recentemente il Segretario CEI monsignor Nunzio Galantino, «il problema è la ricerca della verità su ciò che riguarda l’uomo. Un cristiano che si mette “contro” qualcuno o qualcosa già sbaglia il passo. A me piacerebbe un tavolo sul quale poniamo le nostre ragioni. Non si tratta di fare a chi grida di più, i “pasdaran” delle due parti si escludono da sé. Ci vuole un confronto tra gente che vuole bene a tutti» (Corriere della Sera, 25 maggio 2015).
In questo senso, condividiamo la valutazione del Forum delle associazioni familiari, che non aderisce alla manifestazione del 20 giugno: «Come Forum sosteniamo e attuiamo una modalità di intervento diversa, orientata al dialogo, al rapporto diretto con interlocutori della politica e della cultura sensibili». E questo è un impegno che richiede equilibrio e pazienza, tanto si è certi delle buone ragioni che si portano nel dibattito pubblico.
Al momento la Chiesa italiana non ha dato alcuna indicazione univoca sulla partecipazione a un’iniziativa organizzata di fatto da varie sigle e personalità cattoliche, ma formalmente presentata come aconfessionale e promossa da liberi cittadini. «È chiaro che di fronte alla difesa della famiglia naturale (…) la modalità concreta può essere espressa legittimamente in forme diverse. (…) C’è stato anche chi, assolutamente senza negare ogni forma di impegno a favore della famiglia, ha ritenuto, per questo momento storico, sia più ragionevole e più urgente l’apertura di un processo che (…) veda tutti impegnati a fronteggiare la cultura individualista che è alla base di leggi e proposte estemporanee che tendono a mettere all’angolo la famiglia costituzionale e a privilegiare i diritti dei singoli sul bene comune. Ora, questo processo, non meno impegnativo, anzi più esigente di altri, richiede comunque un sentire e un impegno comune che non è solo frutto di paure, ma si costruisce invece sul dialogo» (Nunzio Galantino, Intervista a Radio Vaticana, 10 giugno 2015).
Per tutte queste ragioni il movimento in quanto tale ha deciso di non aderire all'iniziativa del 20 giugno, che – al di là delle buone intenzioni di tanti che vi parteciperanno − non sembra adeguata a favorire il necessario clima di incontro e di dialogo con chi la pensa diversamente. Questo lascia evidentemente libero di partecipare chiunque lo ritenga opportuno, con l’invito a verificare fino in fondo, nell’esperienza, le ragioni ultime della sua adesione.
Milano, 11 giugno 2015.