mercoledì 17 giugno 2015

Se vince la famiglia, vincono tutti!

rom20giugno

Il 20 giugno prossimo sarò in piazza San Giovanni a Roma per dire NO all’indottrinamento della cultura gender nelle scuole dei miei due figli, andrò insieme a loro e mia moglie anche per i figli di chi non vuole e non può venire. Prenderemo un pullman, uno dei tanti, pare siano centinaia, che si apprestano a partire da tutta Italia, per esprimere liberamente in una pubblica piazza il nostro sostegno alla famiglia naturale, quella composta – intendiamoci – da un uomo e da una donna, uniti in matrimonio e aperta al dono di nuove vite, quella cioè che con fatica, sudore e tanta gioia stiamo cercando di tenere su giorno dopo giorno, ormai da 15 anni!
L’ho scritto già, la mia famiglia è la mia strada!! Passerò dalla piazza per ritrovarla nuovamente!
In tantissimi andremo ad occupare quel luogo “simbolo” che è appunto la piazza, che per troppo tempo abbiamo lasciato riempire ad altri, i quali, occupandola nel mio più totale disinteresse – parlo per me – sono riusciti a proporre ed imporre negli anni una vera e propria cultura dello “scarto” responsabile dell’attuale degrado antropologico. Oggi pago la mia indifferenza! Ci andrò, quindi, per riuscire a fare quel minimo che la coscienza mi richiede, per tentare almeno all’ultimo minuto, di arginare questa deriva. Non andrò per urlare slogan o sfasciare vetrine, ma per testimoniare semplicemente e con gioiosa presenza quanto è bella la famiglia, importante il matrimonio, vera la sessualità, sorprendente la nascita di un bimbo, avventuroso ed entusiasmante l’educazione libera dei figli! Farò centinaia di chilometri per delle ovvietà, ora non più scontate!
Cercherò adesso, per quanto mi è possibile e a più riprese, di descrivere alcune motivazioni che mi spingono a partecipare a questa manifestazione, senza pretendere di esaurire ogni possibile argomentazione in merito, perché non ne sarei capace e non ho i titoli per farlo. Sono però convinto che mi basti essere padre per avere voce in capitolo e dire ciò che penso di tutta questa storia!
Prenderò spunto dai tre disegni di legge attualmente in discussione in Parlamento (Ddl Cirinnà, Ddl Fedeli, Ddl Scalfarotto) che vorrebbero agevolare e presidiare con nuove norme l’iniezioneculturale della teoria del gender nel corpo sociale, per poi concludere in una terza o quarta parte (spero di riuscirci..) dove tenterò anche di proporre delle soluzioni, dei tentativi di risposte ovviamente limitate, riassumendo quegli elementi propositivi di cui farò cenno nei “volumi” precedenti (spero si sia bene intesa la sfumatura “tarantiniana”) … Almeno ci provo…
Con questa iniezione, che molti sostengono non esistere anche se ad essere onesti di qualcosa t’accorgi d’esser stato punto, si va avvelenando in modo subdolo il contesto sociale che circonda la famiglia, perché vogliono liberarsene; è attaccata in modo più o meno velato perché è un’aggregazione ancora troppo solida, un grumo sociale che potrebbe causare dei “trombi”  ed impedire il flusso dei rapporti che si vorrebbe controllato in altro modo e per fini oscuri. È la riproposizione della continua lotta allo spessore che pretende l’appiattimento di ogni elemento verticale e profondo…
Io voglio resistere perché la famiglia continui ad esistere! Agire contro l’ideologia gender e tutto ciò che comporta per difendere la natura stessa dell’uomo.
A Luglio in Senato probabilmente partirà la discussione su un disegno di legge (il Ddl Cirinnà) che vorrebbe equiparare le unioni civili tra persone dello stesso sesso al matrimonio tra persone di sesso diverso, con annessa l’opzione della “stepchild adoption”, cioè la legittimazione per il convivente dello stesso sesso a diventare genitore adottivo del figlio dell’altro convivente. E’ evidente che con tale legittimazione non vi è più ostacolo all’adozione per il convivente dello stesso sesso di un partner che ha avuto il figlio da fecondazione eterologa. Una clausola quindi che permetterà, con gli aggiustamenti giurisprudenziali che non tarderanno a venire, la pratica della “maternità surrogata”. Badate bene: si scrive e si parla, in modo politicamente corretto, di “maternità surrogata”, ma trattasi di fatto di “utero in affitto”.
Culturalmente questo fenomeno si spiega  – e per molte femministe radicali non fa un piega – seguendo il loro stesso pensiero, battagliando per il quale nelle piazze, decenni fa, si urlava in modo isterico “l’utero è mio e lo gestisco io”, prendendo per vero tale assunto ne consegue inesorabilmente che l’utero potrà pur essere affittato, se la titolare lo desidera. Evidentemente la donna deve essere libera a tal punto da decidere se prostituirsi o meno, farsi o fare del male, ospitare o espellere dal proprio grembo qualcosa che è stata, abilmente – e diabolicamente – abituata a considerare come semplice “materiale organico”, ora anche di altrui – e spesso sconosciuta – provenienza. A me pare che la donna in questo caso sia stata ulteriormente avvilita, violentata, appiattita e ridotta ad una sola sua parte, la più importante dal punto di vista umano. Attraverso l’immagine dell’utero isolato e sbandierato nelle piazze, si è voluto – forse – osannare le doti intellettuali della donna, far recuperare la sua dignità emancipandola dall’altro sesso, dividendola da un uomo il cui sguardo spesso si è trattenuto al di sotto del mento di lei. Diciamolo apertamente: se la donna  in un certo senso “impazzisce” è colpa di noi uomini che continuiamo a ragionare con ciò che ci penzola tra le gambe e non con quel che occupa lo spazio tra le nostre orecchie!
Potrei pertanto sostenere che il risultato raggiunto da certe contestazioni femministe sia stato in primo luogo divisivo, consistente cioè in un’inesorabile ed ulteriore allontanamento della donna sia dall’uomo, sia dal figlio, quindi dall’amore coniugale e dall’amore materno; dall’utero in solitaria la donna ha ottenuto una disaffezione alla propria natura, divenendo, pertanto, “affettivamente” sola, indifesa e depressa. Ci si è fissati su di una sua parte, strumentalmente, per una battaglia avvenuta al centro della stessa e che per certi versi, nonostante la diabolica insistenza, rimane pur sempre il luogo decisivo, dove si mette in gioco la sopravvivenza stessa dell’intera umanità.
L’utero in affitto è il negozio finale di una serie consecutiva di altri negozi necessari per ottenere il prodotto finale, un bene di consumo che soddisfi le aspettative della coppia richiedente, che abbia quindi le caratteristiche richieste dal consumatore finale e contrattualmente garantite; in questo caso il bene da acquistare, da fabbricare su misura è ovviamente il bambino!
La complessa operazione contrattuale coinvolge più soggetti in tempi e modi differenti: chi pretende un figlio, chi dona gli ovuli, chi lo sperma, chi eroga un finanziamento a sostegno dell’intero e costoso procedimento, chi assicura tecnicamente l’espianto dell’ovulo preparato ad hoc con un bombardamento di ormoni, chi lo impianterà dopo averlo fecondato in vitro nell’utero della donna che, per l’appunto, “affittando” il proprio utero per nove mesi consentirà lo sviluppo di quell’embrione e la nascita del futuro bambino.
Gli “esperti” hanno studiato parecchio se sono maturati a tal punto da sostenere convintamente che il figlio non lo porta più la cicogna in “dono”, ma il corriere espresso, una volta scelto su catalogo le caratteristiche dei donatori, l’utero più performante, il miglior assemblatore sul mercato e ovviamente la banca finanziatrice col tasso più agevolato. Giusto, la banca… La banca pare esserci sempre, fiuta subito l’affare forse perché non smette mai di girarci attorno…
Partorito il bene, questo verrà immediatamente consegnato a chi ne ha diritto, a chi lo ha pagato! Tutta questa orribile contrattazione e commercio di esseri umani, potrà tranquillamente svolgersi sotto l’egida dei tanti organismi sovranazionali ed internazionali che pare abbiano già trattato materia simile, trovando valide ragioni a sostegno nelle loro recenti regolamentazioni in difesa della galline ovaiole.
Queste fantasiose e rocambolesche operazioni vengono svolte con una disumana disinvoltura e fredda indifferenza degli interessati verso il più debole delle parti, perché non ci si accorge, o si finge di non vedere e sentire, lo strazio e l’urlo di dolore di quel bambino che venendo al mondo “per contratto” e non “per contatto”, verrà strappato dal grembo della donna con la quale ha familiarizzato sin da quando era grande come una noce, di cui si è nutrito per mesi e vedrà tutta la propria vita condizionata da una serie di clausole che non gli consentiranno di conoscere la propria origine, la culla viscerale in cui si è formato e addirittura a chi assomiglia! Bambini venuti fuori da un buco nero che molto probabilmente li accompagnerà per tutta la vita, con il rischio di esserne divorati lungo la via!
Un contratto li ha voluti, per delega qualcuno ha fatto concepire una creatura ad altri, in nome e per loro conto, ed in questo gioco delle parti, delle condizioni contrattuali probabilmente avranno reso preferibili alcuni neonati e scartato altri, magari perché forniti di un cromosoma in più, un eccesso insopportabile per la stringente logica di un numero chiuso, presidiato da clausole ben congegnate! Ogni prodotto uscito dalla catena di montaggio deve essere sottoposto al ferreo controllo di qualità! La ditta fornitrice sarà pure troppo precisa, forse crudele ma lo fa per i suoi clienti, per il suo buon nome non può non offrire un prodotto di eccellenza, puro da ogni difformità e deformità! Il servizio inoltre è indolore, non c’è contatto, non occorre accoppiarsi, basta attendere la notifica dell’avvenuta nascita e il prodotto sarà bello pronto per essere ritirato, immune da ogni difetto e garantito per tutta la vita, finché dura!
Vite sulle quali si è gettata una sorte sinistra, comprate come fossero cose, contrattate fin nei minimi ed oscuri particolari. Vite nate da accordi plurisoggettivi, innaturali, normalizzati e tutelati per legge! Vite concepite quindi da uno sterile “contratto” che si fisserà indelebile nel loro inconscio, un freddo e disumano accordo tra soggetti sconosciuti al posto del ricordo di un “contatto” carnale, naturale e quindi umano, proprio di un legame d’amore tra un uomo ed una donna, conosciuti come veri genitori, come padre e madre.
Figli di un contratto, cresceranno andando per la loro via “contratti”, incapaci cioè di sciogliere quei muscoli del cuore che reclamano un “contatto” originario di cui avvertono la deficienza e probabilmente mai conosceranno. Nel cuore porteranno la “normalizzazione” culturale, forzata, di un accordo disumano che li ha generati e questo, se sopravvissuti al dolore, li renderà freddi, apatici ed incapaci di tessere a loro volta ulteriori legami, profondi e sostanziali, di provare nuovi “contatti”: sarà più facile per loro vendersi o comprare che comprendere la logica del dono e vivere di quell’amore incondizionato che supera le stesse regole. Non dico che sarà impossibile per loro vivere una vita dignitosa e piena di affetti, ma non credo lo potranno fare così facilmente senza l’ausilio di psichiatri, psicologi, assistenti sociali, insegnanti di sostegno… Di tutto questa forza generativa non ne hanno avuto l’esperienza in origine, difficilmente riusciranno a farne altre.
Sembra quasi che l’uomo non accettando l’insondabilità dell’ordine insito nel mistero della creazione umana e della sua naturale rigenerazione, cerchi disperatamente di venirne a capo da solo, procurandosi un simulacro, un’accozzaglia di norme, di regole che lo facciano sentire al tempo stesso il grande legislatore, interprete e amministratore di ciò che di fatto non comprende più, perché a priori ha scartato l’idea di un Creatore. Diventa quindi così tanto interessato e idolatra delle proprie capacità, delle proprie performance, da dimenticarsi della propria dignità. Largo quindi alla norma, alla regola, alla tecnica, alla funzionalità, al libero mercato degli embrioni, degli uteri, degli esseri umani: ben venga la schiavitù se questa è quotata in borsa!
Affittansi uteri, vendonsi bambini! Così, come fossero cose, oggetti, giocattoli, cuccioli di uomo, spogli del diritto di avere un padre ed una madre! Ne hanno fatto uno spot, spudoratamente a senso unico, in tv l’altra sera, su la7, in una trasmissione datata – per l’appunto – con l’anno in cui la schiavitù era ancora considerata normale, mi pare fosse l’anno uno o poco prima, ma l’ignoranza profusa era la stessa…
Il contratto, la norma, la funzione ci stanno appiattendo. La clausola è divenuta un cappio al collo!
Molti sostengono che quella naturale è oramai una famiglia obsoleta, da rottamare perché molto oppressiva e spesso violenta. E’ ovvio che questa povera famiglia, così come è sempre esistita, non è perfetta, ma è l’unica possibile e di certo l’unica capace di garantire in potenza la nascita del futuro, ben raccordato con il passato. Questa primordiale comunità permette la crescita e la consistenza di una società equilibrata e rispettosa  della dignità di ogni persona, preziosa per le caratteristiche che le sono proprie! Il fatto che non sia perfetta è proprio la garanzia della sua preziosa unicità. In fabbrica possiamo solo ottenere prodotti in serie, più funzionali, i soliti “esperti” tenteranno di sostituirci nel nostro ruolo di genitori per imporre il grigiore del loro metodo, perché il tutto deve essere minuziosamente stabilito, equilibrato, contabilizzato, scientificamente testato: la normazione soffocherà l’amore al laccio della monotonia!
La tecnica gestirà i rapporti, soppianterà la spontaneità, peserà scientificamente le possibili relazioni e reazioni, chiederà una laurea in pedagogia al candidato per il concorso ad un posto di genitore ed il funzionario deciderà se e quanti figli potrà permettersi…
Vogliono livellare la famiglia come fosse un orfanotrofio a conduzione statale. Ma lasciateci la nostra di libertà! Voglio poter ritornare cavernicolo e godere della mia primitiva famiglia, una caverna in cui potermi addentrare, libero di accettare il mistero, l’imprevisto, la meraviglia!
Lasciatemi fare la gara di rutti con mio figlio, senza che intervengano i servizi sociali!
La Costituzione italiana “riconosce” la famiglia naturale, proprio perché sa che viene prima, sa che è all’origine della stessa organizzazione dello Stato. Sembra invece che per un insolito “cortocircuito” mentale continuiamo a chiederci: viene prima il funzionario o la famiglia?
La famiglia nella sua imperfezione è unica! Per questo va incoraggiata, sostenuta anche con politiche fiscali che tengano conto del numero dei suoi componenti. Sempre più in difficoltà è ora messa palesemente sotto attacco, stretta nella morsa di una crisi morale e culturale, ancor prima che economica. Le risorse economiche sono sempre meno e invece di privilegiare chi ne ha più bisogno, si pensa ad allargare indiscriminatamente il bacino dei potenziali fruitori!
Se si aiutano le famiglie a sostenere più figli, si potranno anche fare carico dell’assistenza dei propri anziani, con un risparmio di spesa che ad uno Stato “serio” dovrebbe interessare…
Io mi oppongo! Voglio resistere, voglio arginare questo scempio, voglio agire contro ed ora!
Oggi più che mai la famiglia va aiutata, rivalutata, non ignorata! Va messa al centro del campo della politica, perché continui a giocare la sua importante partita, necessaria per il futuro di tutta la comunità, anche degli stessi avversari. E se qualche fallo commette, va incoraggiata da tutti, dalla tribuna all’ultima curva, in un’unica ed interminabile ola colma d’affetto e rispetto! Non fischiata, punita, squalificata da un arbitro “cornuto”, o addirittura preventivamente sostituita da un allenatore incompetente! L’incomprensibile sostituzione purtroppo sta già avvenendo! Si alzano dalla panchina dei surrogati impreparati che si riscaldano a bordo campo, dando l’impressione di volersi impegnare, ma sono fisicamente incapaci di conquistare la vittoria con l’unica cosa che ci si aspetta da un abile giocatore: mandare a segno il gol di una vita!
Grazie a Dio, questa prossima piazza a Roma, metterà in risalto che una rete sempre più fitta di persone vestite con la maglia del buon senso sta crescendo ed è pronta a difendere intelligentemente la famiglia! Anche se i giornali tacciono, o al massimo vanno denigrando questo prezioso lavoro di squadra, raccontando menzogne, sappiano tutti che questo gran popolo esiste, è una grande tifoseria, sorridente e non violenta … e vota!
Teniamo bene a mente che non tutti i processi sono inarrestabili, irreversibili, anche se le forze avversarie sembrano meglio organizzate, ben fornite di mezzi e sponsor milionari.
La partita la si può vincere anche al novantesimo, se non addirittura ai supplementari! Continuiamo a tifare tutti per la stessa squadra: la Famiglia!
Se vince la famiglia, vincono tutti! Avremo in premio il futuro!
Fonte: promemoriadiunviandante.wordpress.com