domenica 10 novembre 2013

Effetto Bergoglio sulla Chiesa e non solo...

Papa Francesco

Chiese affollate, è l'effetto Bergoglio


La nuova ricerca del sociologo Introvigne: aumentano confessioni e presenze alle messe. Ma Francesco: "Merito del Signore"

ANDREA TORNIELLI


L'effetto Francesco non accenna a diminuire e si consolida. Lo attesta una ricerca del sociologo Massimo Introvigne dalla quale emerge che solo in Italia centinaia di migliaia di persone si sono riavvicinate alla Chiesa grazie alla parola e alla testimonianza del Papa.

Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, parlando di Bergoglio, osserva: «È quella novità che la gente, tutta, ha colto da subito e che ci sta aiutando molto, anzitutto nel rapporto con i cosiddetti lontani: quanti ritorni alla vita sacramentale, magari dopo decenni!». «Francesco fa breccia soprattutto su coloro che si erano allontanati dalla vita cristiana, che sono entusiasti - conferma a "La Stampa" il vescovo ausiliare dell'Aquila Giovanni D'Ercole - Aumentano le confessioni e le presenze alle messe». Sono tante, tantissime le testimonianze di sacerdoti e religiosi che descrivono quanto sta accadendo.

E che non si tratti di un fenomeno solo italiano lo dimostrano le parole scritte dal cardinale di New York Timothy Dolan sul suo blog: «Se avessi ricevuto un dollaro per ogni newyorkese che mi ha detto quanto ama l'attuale Santo Padre avrei pagato il conto salato dei restauri della cattedrale di St. Patrick!».

A colpire è sono soprattutto le parole sulla misericordia di Dio che «non si stanca mai di perdonare». Ma anche i gesti che accompagnano la predicazione del Pontefice argentino, come quello avvenuto ieri mattina nell'aula delle udienze in Vaticano: Francesco per due ore ha voluto salutare senza alcuna fretta centinaia di malati e disabili assistiti dall'Unitalsi. Li ha abbracciati e confortati uno ad uno, passando tra le barelle e le carrozzine, chinandosi su ciascuno.

È un effetto «massiccio e perfino particolare»,  spiega Introvigne, direttore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni), l'autore della ricerca che viene ora pubblicata nel libro «Il segreto di Papa Francesco» (Sugarco, pp. 224, 18 euro). Il volume, uno sguardo sul retroterra argentino del Papa e sui primi mesi del suo magistero, sarà presentato domani sera al Cottolengo di Torino.


Dopo aver effettuato, a un mese dall'elezione di Bergoglio, un primo sondaggio con interviste a molti parroci italiani i quali raccontavano dell'incremento di presenze a messa e in confessionale, Introvigne ha ripetuto l'indagine su un campione più vasto, per verificare se quei risultati rappresentassero soltanto un fenomeno effimero di «effervescenza religiosa», l'effetto di una «luna di miele» mediatica.

La nuova ricerca, effettuata con un campione di 250 sacerdoti e religiosi attesta invece che «l’effetto Francesco» continua ed è confermato dal 50,8% dei sacerdoti e religiosi intervistati. «Il dato rilevante - scrive il sociologo - è che, a distanza di sei mesi dalla prima indagine e di sette mesi dall’inizio del pontificato, il fenomeno dell’effetto Francesco non dà segni di riflusso, anzi si consolida».

«Un effetto riscontrato da oltre metà di un campione - aggiunge lo studioso torinese - è un effetto reale. Possiamo dire che un po’ più della metà dei sacerdoti e religiosi nota nella propria comunità un effetto Francesco, che non svanisce con il passare dei mesi, ma perdura. Se cercassimo di tradurre il dato in termini numerici e su scala nazionale, con riferimento anche solo a metà delle parrocchie e comunità - conclude Introvigne - dovremmo parlare in Italia di centinaia di migliaia di persone che si riavvicinano alla Chiesa accogliendo gli inviti di Papa Francesco. Un effetto massiccio e perfino spettacolare».

Lo scorso luglio, incontrando i vescovi del Brasile, Francesco aveva parlato della necessità di una Chiesa «in grado di far compagnia», che si mette «in cammino con la gente» ed è capace «di scaldare il cuore». E a un parroco romano che gli raccontava dell'incremento di confessioni in seguito al suo messaggio sulla misericordia, il Papa ha risposto: «Io non c'entro, queste sono cose che fa il Signore».

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Il Papa commuove e riporta i fedeli nelle chiese
di Massimo Introvigne
Ispirato da un articolo del vaticanista Andrea Tornielli, nello scorso mese di aprile avevo deciso di testare con strumenti sociologici quantitativi l’ipotesi secondo cui, commossi dal «Vangelo della misericordia» predicato dal nuovo Pontefice, molti italiani che in chiesa andavano poco, o non andavano mai, si stavano riaccostando alla pratica cattolica.
Il test non era facile. I sacerdoti e i religiosi, i più qualificati a fornire informazioni sul punto, sono un universo non sempre entusiasta di rispondere ai sociologi. Avevo quindi scelto la tecnica detta a cascata, in cui da un gruppo qualificato d’intervistati si passa, sfruttando i loro contatti, a un altro gruppo. Mi sono servito di un software che permette di raccogliere risposte a questionari a partire dai social network Facebook e Twitter, e mi sono rivolto ai sacerdoti e religiosi presenti in una serie di gruppi e ambiti qualificati: non solo i miei amici – che sono comunque cinquemila, il massimo consentito, su Facebook – ma i partecipanti a gruppi di ex alunni di seminari, di lettori dei quotidiani La nuova Bussola quotidiana e Avvenire e del mensile il Timone, di ascoltatori di Radio Maria, di persone interessate alle notizie su associazioni e movimenti cattolici. Avevo chiuso la ricerca automaticamente al ricevimento della duecentesima risposta ricevuta da un sacerdote o religioso, un campione – considerata la tecnica usata – rappresentativo e sufficiente. E avevo intervistato, a titolo di controllo, anche laici cattolici impegnati in una specifica comunità.
Nel mio nuovo libro Il segreto di Papa Francesco (Sugarco, Milano 2013), uno sguardo sul retroterra argentino del Papa e sui primi mesi del suo Magistero, torno sull’indagine di aprile. Allora tra i sacerdoti e religiosi il 53% aveva affermato di avere riscontrato nella propria comunità un aumento delle persone che si riavvicinano alla Chiesa o si confessano, aggiungendo che queste persone citavano esplicitamente gli appelli di Papa Francesco come ragione del loro riavvicinamento alla pratica religiosa. I laici percepivano l’effetto Francesco meno dei sacerdoti e religiosi impegnati direttamente nei confessionali. Ma un significativo 41,8% dei laici si era accorto anche lui dell’effetto di ritorno alla Chiesa motivato dagli appelli di Papa Francesco, che sembrava dunque essere visibile, per così dire, anche a occhio nudo. L’indagine era stata accolta con interesse e recensita da riviste specializzate e quotidiane anche fuori dell’Italia, e in diversi Paesi era stata ripetuta da colleghi sociologi con risultati in parte simili e in parte diversi.
Tutto questo nello scorso aprile, dopo un solo mese di pontificato di Papa Bergoglio. Poteva trattarsi di un fenomeno effimero, di «effervescenza religiosa» – per dirla con uno dei padri della sociologia della religione, Émile Durkheim (1858-1917) – tipica di ogni novità, destinata a durare poche settimane. In occasione della presentazione del mio libro – l’11 novembre al Cottolengo di Torino – ho dunque deciso, con i miei collaboratori, di ripetere l’indagine, con la stessa tecnica e con un campione di sacerdoti e religiosi lievemente più ampio (250 anziché 200). Il risultato è che l’effetto Francesco è ora percepito dal 50,8% dei sacerdoti e religiosi. Come già in aprile, la percezione è decisamente più alta tra i religiosi (79,37%), ma resta maggioritaria considerando anche sacerdoti e religiosi nel loro insieme. Ancora come in aprile, i laici percepiscono l’effetto Francesco meno dei religiosi, ma la percentuale che se ne avvede resta comunque significativa: 44,8%.
Le oscillazioni intorno ai tre punti sono statisticamente normali. Il fatto che il numero di sacerdoti e religiosi che percepiscono l’effetto sia lievemente diminuito e quello dei laici sia lievemente aumentato non è decisivo. Il dato rilevante è che, a distanza di sei mesi dalla prima indagine e di sette mesi dall’inizio del pontificato, il fenomeno dell’effetto Francesco non dà segni di riflusso, anzi si consolida.
Certamente la tecnica d’indagine e le dimensioni del campione – stavolta più ampio, ma sempre relativamente piccolo – invitano a esprimersi con cautela. Ma, nei limiti dell’indagine, si delinea uno scenario di notevole rilievo. Un effetto riscontrato da oltre metà di un campione è un effetto reale. Il fatto che il 49,2% dei sacerdoti e religiosi non riscontri l’effetto Francesco da una parte mostra che la percezione non è unanime e varia da comunità e comunità, dall’altra conferma l’interesse dell’indagine. I fenomeni sociali percepiti dall’unanimità o quasi di chi risponde a un questionario sono pochissimi, e presunte percezioni unanimi denuncerebbero piuttosto il carattere suggestivo delle domande o l’inadeguatezza del campione. Peraltro, merita attenzione anche quel 49,2% di sacerdoti e religiosi che non percepisce l’effetto. Scavando, si scopre che la maggioranza di loro opera in comunità dove l’effetto non c’è mai stato. Solo il 15,45% di questo gruppo afferma che l’effetto c’è stato nei primi mesi di pontificato e poi si è esaurito.
Possiamo dire, dunque – sempre nei limiti dell’indagine – che un po’ più della metà dei sacerdoti e religiosi nota nella propria comunità un effetto Francesco, che non svanisce con il passare dei mesi ma perdura. Se cercassimo di tradurre il dato in termini numerici e su scala nazionale, con riferimento anche solo a metà delle parrocchie e comunità, dovremmo parlare in Italia di centinaia di migliaia di persone che si riavvicinano alla Chiesa accogliendo gli inviti di Papa Francesco. Un effetto massiccio e perfino spettacolare.
Vescovi e sacerdoti ne hanno parlato spesso con i giornalisti, condividendo le loro impressioni. In aprile, e nuovamente ora, siamo voluti passare dalle impressioni e dagli aneddoti ai numeri. E i numeri permettono d’ipotizzare che l’effetto Francesco non è solo un effetto-novità, ma che c’è qualcosa nel contenuto – non solo nella forma – dell’annuncio offerto ai fedeli, ma anche ai «lontani», dal Pontefice che in effetti «funziona» e commuove.
Naturalmente, l’effetto Francesco segnala un primo movimento di ritorno alla Chiesa. Ma, come ha affermato lo stesso Papa Francesco in un discorso tenuto il 14 ottobre 2013 alla plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, se da una parte «tante persone si sono allontanate dalla Chiesa» e per raggiungerle l’annuncio «non può che usare il linguaggio della misericordia», quando alcuni colpiti da questo annuncio si saranno riavvicinati il problema sarà l’«analfabetismo dei nostri giorni in materia di fede» e dovrà partire un secondo tempo, la catechesi. Questa, però, non dipenderà più dall’efficacia comunicativa del Papa ma dalle comunità e dalle parrocchie. Se le conseguenze dell’effetto Francesco saranno davvero solide e durature dipende, dunque, da come i sacerdoti, i religiosi e anche i laici e i movimenti sapranno assecondare la strategia pastorale del Pontefice.


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“Corriere della Sera” - Rassegna "Fine settimana"
(Vittorio Messori) Alcune delle molte cose dette da papa Francesco e alcune sue scelte inedite — a cominciare dal rifiuto del palazzo vaticano e della villa di Castelgandolfo — stanno risvegliando un mito antico e sempre ricorrente tra i cattolici. Il sogno, cioè, di un ritorno (...)

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Quel Papa-fattorino di Crozza
di Guido Mocellin | 10 novembre 2013 
La parodia di Francesco con un frigorifero sulle spalle: che cosa fa ridere e che cosa - invece - fa pensare

Questa settimana avevo già deciso che non avrei scritto nulla per il «Preso in rete»: come i vinonuoviani più fedeli a questo appuntamento avranno immaginato, talvolta gli impegni di redazione (la chiusura del numero, una trasferta...) mi impediscono di lavorare sulla rassegna stampa con il necessario rigore, e allora «salto» un giro.
Poi però, venerdì 8 sera, mi è capitato di vedere, su La7, la benevola parodia che Maurizio Crozza ha fatto di papa Francesco, immaginandolo impegnato nel recapitare personalmente a domicilio, a piedi, un frigorifero a una tal vedova Crocetti della quale ha letto sul giornale.
La consegna si rivela assai problematica: il frigo pesa 76 chili e Bergoglio-Crozza ce l'ha sulle spalle; la vedova Crocetti abita sulla Salaria oltre il Grande Raccordo Anulare (quasi a Settebagni), e né i due preti-collaboratori che accompagnano il papa, né le diverse persone che il terzetto incrocia lungo il cammino (una prostituta dell'Est, un gruppo di ragazzi di CL, due alti prelati di curia e due tifosi della Roma) sollevano il papa dal carico.
Come se non bastasse, fioccano sul cellulare telefonate - da qualche beneficato esigente a un prolisso Scalfari - cui Bergoglio-Crozza, pressato dai due accompagnatori, è costretto a rispondere; infine la vedova Crocetti, raggiunta, respinge il regalo non apprezzandone le dimensioni né il colore, e lo fa con impertinenza: «Senti bello, se devi fare il papa impara a farlo bene, se no ci tenevamo quell'altro», gli dice in romanesco. Così i tre, più il frigo, se ne tornano verso il Vaticano, mentre al telefono si rifà vivo un temibilmente egocentrico Odifreddi.
Dico subito che la parodia mi ha molto divertito; anzi, per dirla tutta ho riso fino alle lacrime. Per quasi gli interi 11 minuti della sua durata.
Così, a qualche ora di distanza, e avendola anche voluta rivedere con occhio più critico, ma senza riuscire a trattenermi dal ridere di nuovo, ho pensato di interrogarmi a voce alta su che cosa me l'abbia fatta percepire così divertente.
Ho provato allora a trovarci tutti i limiti. Tanto per cominciare, non mi ha detto nulla del suo protagonista, papa Francesco, che già non sapessi. La fonte principale degli autori di questo tipo di testi sono, naturalmente, i mass media: e siccome sul papa leggo molto di quel che si scrive, era abbastanza difficile sorprendermi...
La metafora del frigo come il fardello che il vescovo di Roma si è caricato sulle spalle - questo vescovo di Roma in particolare, con lo stile che ha scelto - è efficace (si tratta in effetti di un frigo enorme) ma riduttiva: non solo il papa, ma ogni cristiano sa di avere sulle spalle la propria croce, e che il martirio che tale giogo può comportare è ben altro che l'affaticamento crescente che il Bergoglio-Crozza denuncia in questa parodia.
Prevedibile ma astratto il profilo dei due collaboratori come coloro che, consapevoli della mediaticità di alcuni gesti di Francesco, lo spingono strumentalmente a ripeterli, profittando del genuino buon cuore del papa e di una sua (supposta) docilità per strappare, il giorno dopo, l'ennesimo titolo su Repubblica.
Banale l'equazione secondo la quale nella Chiesa non si danno giovani fedeli che non siano ciellini, oltre che superficialotti... perché non scout, o focolarini?
Addirittura scontati i monsignori di curia, che adulano Bergoglio-Crozza per la nuova impronta di sobrietà data alla curia romana ma hanno evidentemente ben poca intenzione di cambiare stile di vita.
Retorici anche i personaggi «popolari» della prostituta e dei tifosi: luoghi comuni che incontriamo, sempre uguali, in tutte le commedie televisive campioni di audience.
Allora, cosa c'è da ridere? E c'è anche da pensare, come dovrebbe aiutarci a fare ogni buona parodia?
Da ridere c'è la perfetta riproduzione delle posture e della parlata di Francesco, con il tono grave e l'accento argentino; e ci sono le battute attraverso le quali Bergoglio-Crozza sottolinea insieme la fatica crescente nel portare «il frigo» sulle spalle e la crescente delusione nel costatare che nessuno di quelli che ha attorno se ne rende conto, perché ognuno è preoccupato solo di ridurre il papa alla propria misura.
Eccole: «Questo frigo lo regalo di cuore, ma non pensavo di consegnarlo di persona» (ai due collaboratori); «Pregherò per te appena poso il frigo» (alla prostituta); «Sarebbe stato bello fare una foto di ragazzi che aiutano il papa nella consegna del frigo» (dopo l'incontro con i ciellini); «In effetti il frigo è pesante... condividiamo questo peso» (ai monsignori, che replicano: «No, è tutto suo»); «Non so se sia più pesante il frigo o parlare con Scalfari» (ancora ai preti accompagnatori); «Non posso darvi la benedizione, perché c'ho il telefono in una mano e il frigo, non dimenticatevi del frigo» (ai tifosi, che diranno di accontentarsi di una benedizione «de parola»); «Ci incamminiamo con la gioia nel cuore e un frigo sulle spalle» (al ritorno, dopo il rifiuto della vedova Crocetti).

Da pensare c'è l'utilizzo di un modello di racconto dal sapore neanche tanto lontanamente evangelico (i tanti che «passano oltre» nella parabola del buon samaritano) per affermare l'idea che oggi, almeno in questo nostro paese, chiunque (fosse anche il papa) provasse a improntare le relazioni alla gratuità anziché al proprio tornaconto, rischierebbe un destino, se non da Cristo crocifisso, certamente da povero cristo, da fattorino di nessun conto, strumentalizzato tanto dai suoi compagni di strada, quanto da coloro ai quali indirizzasse la sua calda umanità. Speriamo che non sia così: né per il papa né, nel suo piccolo, per ciascuno di noi.

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“Europa” - Rassegna "Fine settimana"
(Aldo Maria Valli) In questi primi mesi del pontificato di Francesco abbiamo visto quanto sia importante per papa Bergoglio l’idea di popolo. Partiamo dalla teologia. Ispirandosi alla teología del pueblo (corrente teologica argentina che ha avuto in Lucio Gera e Juan (...)