lunedì 11 maggio 2015

Donne arabe, la primavera che verrà...



di Antonella Mariani

Alle donne arabe la “primavera” rischia di essere sottratta. E’ questa la conclusione un po’ amara (ma non rassegnata) della Conferenza internazionale “Le donne nella nuova stagione del Mediterraneo”, organizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro , che si e’ conclusa oggi a Valencia. 

Protagoniste della cultura, della società civile, dell’economia di 13 Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum per due giorni si sono confrontate sulla situazione femminile nei rispettivi Paesi.

Pur con tutte le differenze che esistono tra Paesi in guerra come la Libia e la Siria e in transizione come l’Egitto o il Libano, emerge una forte esigenza di parità, rispetto e uguaglianza. E se dalla presidentessa dell’associazione delle donne d’affari egiziane, Amany Asfour, è arrivata la richiesta ai Paesi della “sponda nord” di sostenere la piccola imprenditoria femminile in modo che il Mediterraneo non diventi un cimitero per chi fugge ma uno spazio di solidarietà per chi vuole rimanere in patria, la scrittrice e attivista marocchina Rita El Khayat ha denunciato la situazione del suo Paese, dove nelle aree rurali il 90 per cento delle bambine continua a non andare a scuola. 

Tante speranze tradite, quelle delle donne arabe, dopo il 2011; davanti c’e’ un percorso lungo ma forse inesorabile. Con l’aiuto della sponda nord del Mediterraneo, come ha fatto notare Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro, che ha chiuso la due giorni di lavoro con l’annuncio della creazione di una rete di donne per lo sviluppo, sfruttando le opportunità del web, tra le altre cose, per offrire nuovi mercati alle piccole imprenditrici dei Paesi arabi. “Perché i diritti delle donne – ha concluso Emanuele – sono i diritti di tutti”.

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Donne nel mondo arabo, la “bomba” deve ancora scoppiare

di Antonella Mariani

La “bomba delle donne arabe” deve ancora scoppiare: non causerà morti e distruzioni, ma scuoterà Paesi e governi. E’ la “bomba” dei diritti civili, economici, politici, evocata da una giovane e combattiva giornalista e scrittrice libanese, Joumana Haddad, intervenuta oggi al Convegno internazionale “Le donne nella nuova era del Mediterraneo”, in corso a Valencia, in Spagna. 

Le relatrici arrivano da tredici Paesi del bacino del Mare Nostrum, dalla Turchia alla Tunisia, passando per Siria, Egitto. Un appuntamento voluto dalla Fondazione Terzo Pilastro, Italia e Mediterraneo (già Fondazione Roma) e dal suo presidenteEmmanuele Emanuele, proprio per riflettere sul contributo delle donne allo sviluppo economico, sociale e politico dei Paesi di questa vasta area in una fase di transizione di cui si è visto l’inizio con la Primavera araba ma anche una fase di stallo. 

Quattro anni dopo le rivoluzioni di piazza, a cui hanno partecipato in misura determinante le donne, dove sono i loro diritti civili? “Dopo che in Egitto hanno contributo alla caduta di Mubarak, dove sono finite le donne, dov’è la loro voce? - si è chiesta Joumana Haddad - Che tipo di rivoluzione è quella in cui le donne intervengono quando è necessario e poi si ritirano? Quando le donne del mondo arabo finiranno di piagnucolare per avere i loro diritti e invece li pretenderanno? Quando capiranno che parlare di democrazia è una stupidaggine se non esiste uguaglianza con gli uomini? Quando esploderà la rabbia e la disperazione che si porta dentro?”.

Un intervento forte, che ha fatto il paio con quello di un’altra attivista dei diritti umani, la siriana Hanadi Zahlout, 33 anni, arrestata tre volte perché nel 2011 attraverso i social network diffondeva i video degli attivisti anti-Assad. Ha scritto un libro di racconti dalla prigionia “A ma fille” e ora vive in Francia. “Le donne sono state le prime a scendere in piazza nella Rivoluzione di Damasco, ma ora sono le prime vittime del conflitto nel Paese: detenute a migliaia nelle prigioni del regime, private dei mariti e dei figli, indifese sotto i bombardamenti sia dei lealisti sia degli oppositori, schiave sessuali dei miliziani del Califfato… Hanadi ha proposto la creazione di una sorta di Parlamento delle donne del bacino mediterraneo, con l’idea che il mondo femminile è più propenso a costruire che a distruggere.

Accanto a Hanadi Zahlout c’era Hana El Gallal, ex parlamentare libica, ora direttrice del Centro per i diritti umani, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale a non dimenticarsi del suo Paese.

In mattinata invece l’attenzione si era concentrata sull’economia, con gli interventi di presidenti di associazioni di donne imprenditrici, dalla Turchia all’Egitto, fino alla Grecia: tutte hanno evidenziato la forza delle donne nel contribuire allo sviluppo, ma anche il peso di ineguaglianze sociali e politiche. Impasse che la Primavera araba non è riuscita a superare. E questo è il prossimo obiettivo.

Avvenire