venerdì 1 maggio 2015

L’alpino del Cottolengo



Sabato a Torino la beatificazione di Andrea Bordino. 

(Rodolfo Cosimo Meoli, postulatore) Infermiere e anestesista di grande bravura, pioniere tra i donatori di sangue, divise il proprio tempo con gioia, tra i sofferenti e i disgraziati che richiedevano la sua opera e la sua compagnia. È questo il profilo di Andrea Bordino (1922-1977), religioso cottolenghino con il nome di fratel Luigi della Consolata, che sarà beatificato sabato pomeriggio, 2 maggio, al parco Dora di Torino. La cerimonia sarà presieduta in rappresentanza di Papa Francesco dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.
Prima di consacrarsi era stato un solido contadino di Castellinaldo d’Alba (Cuneo), dove il lavoro prevalente è la coltivazione delle viti, che producono famosi vini. Giovane più robusto, era il campione della squadra locale di pallone elastico, che era capace di gettare dalla piazza della parrocchia oltre il muro del castello. Cresciuto in una numerosa famiglia di semplici lavoratori dei campi, ma modelli di vita cristiana, con profondi valori vissuti e testimoniati, nel gennaio del 1942, a 20 anni fu chiamato a prestare il servizio militare e arruolato nell’artiglieria alpina della Cuneense insieme al fratello Risbaldo. Partiti per la Campagna di Russia, subirono l’umiliazione della prigionia. Andrea fu inviato in Siberia nel Campo 99, ma nonostante fosse ridotto a una larva umana, si prodigava nel dare conforto ai sofferenti, agli sfiduciati e ai morenti. Continuò in quest’opera anche fu sarà trasferito nell’Uzbekistan, tra gli ammalati agonizzanti e isolati nelle baracche perché infetti. Cessata la guerra, i due fratelli, rientrarono in Italia a distanza di un mese l’uno dall’altro: Andrea nell’ottobre 1945 e Risbaldo a novembre. Ma le terribili esperienze avevano segnato per sempre Andrea, che decise di dedicarsi totalmente alle persone colpite dalla malattia e dal dolore. E in questo fratel Bordino ricorda don Carlo Gnocchi, tanto che potremmo parlare di due vite parallele: tutti e due “alpini”, tutti e due in Russia, tutti e due con la dolorosa disfatta e la tragica ritirata ancora negli occhi, tutti e due, una volta rientrati in patria, totalmente dedicati agli altri, e infine, tutti e due donatori delle cornee dopo la morte. Non è perciò un caso che tutti e due si trovino ora agli onori degli altari.
Il 23 luglio 1946 Andrea bussò alla porta della Piccola casa della divina provvidenza di Torino, per donarsi agli altri come Fratello consacrato. Il noviziato prima e la professione poi, lo introdussero in pieno in quel mondo del dolore che è il Cottolengo torinese. Ormai non c’è più Andrea Bordino, ma fratel Luigi della Consolata. 
Nel biennio 1950-1951 frequentò un corso di infermieristica e cominciò a lavorare nel settore ortopedico e chirurgico. 
Era il buon samaritano che si chinava ancora una volta sull’uomo ferito, lo soccorreva e pagava per lui. 
A sera si dedicava ai poveri che venivano dalla città e dai dintorni, lavando e curando piaghe di ogni tipo, perché in loro vedeva Gesù sofferente.
Furono vent’anni di servizio continuo, generoso, prestato con perizia e ricercato dai pazienti. Nel giugno 1975, sentendosi poco bene, si sottopose ad analisi che diagnosticarono una leucemia mieloide. Fratel Luigi senza disperazione, benedisse la provvidenza con la classica invocazione cottolenghina Deo gratias. Per due anni gestì la dolorosa malattia come fosse di un altro, finché il 25 agosto 1977 chiuse santamente la sua vita e come atto supremo di donazione offrì le cornee a due non vedenti: erano gli unici organi del suo corpo rimasti sani.
Nella figura di fratel Bordino intravediamo ciò che ha detto recentemente Papa Francesco a proposito della parola misericordia, che «significa avere un cuore per i miseri, essere attenti agli altri, vedere dove soffrono e fasciare le loro ferite».
L'Osservatore Romano