mercoledì 10 giugno 2015

Tutti in Piazza san Giovanni



Molti di voi ci contattano per dare consigli utili e intelligenti per la preparazione della grande manifestazione contro la colonizzazione del Gender a Roma in piazza San Giovanni alle 15:30 di sabato 20 giugno.
Specifichiamo che la manifestazione è indetta e organizzata dal neonato Comitato "Difendiamo i Nostri Figli", in cui la Manif ha una rappresentanza ma che è composto anche da rappresentanti di altre realtà associative. Per questo noi non abbiamo in mano le redini della manifestazione, e non dipende tutto da noi.
Qual'è il contributo che noi stiamo cercando di dare all'evento, secondo la nostra peculiarità? Primo: che sia sempre garantita l'aconfessionalità e l'apartiticità; secondo: che sia CHIARO che l'urgenza della manifestazione è dettata dall'avvio dell'iter di discussione del Ddl Cirinnà sulle cosiddette "unioni civili", che non sono altro dal classico matrimonio gay, cioè dalla distruzione del valore sociale e antropologico del matrimonio stesso. Il ddl Cirinnà rottama il matrimonio distruggendo il mezzo con cui noi società sappiamo cos'è la famiglia e perché la promuoviamo: per il bene dei figli. Il ddl Cirinnà apre all'azione gay e al mercato internazionale dell'utero in affitto, violando il diritto di ciascun bambino di crescere con una madre e un padre e la stessa dignità umana.
Come Manif Pour Tous Italia abbiamo cercato e favorito in ogni modo la nascita del Comitato che chiama ora alla piazza, ma vigileremo attentamente perché le condizioni della nostra partecipazione rimangano in vita.
CORAGGIO! TUTTI A ROMA SABATO 20 GIUGNO! DIFENDIAMO I NOSTRI FIGLI!
La Manif Pour Tous Italia

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20 giugno, Adinolfi: “Basta conventicole intra muros, in piazza contro gender e ddl Cirinnà”
10 giugno 2015, Lucia Bigozzi

“Di fronte alla teoria gender e al ddl Cirinnà è venuto il momento di mobilitarsi perché bisogna parlare al Paese non nelle conventicole intra muros. Con noi in piazza San Giovanni ci saranno mezzo milione di persone. Chi critica l’iniziativa è a suo agio alle veglie tra pochi, quelle sì funebri”. Mario Adinolfi, direttore del quotidiano La Croce, si muove su un doppio binario nella conversazione con Intelligonews: replica alle critiche degli scettici e spiega perché e a cosa serve la manifestazione del 20 giugno di cui è uno dei promotori. 

C’è chi come il professor De Mattei che non è d'accordo con l'impostazione della manifestazione sostenendo che non è un Family Day, non è dichiaratamente contro il ddl Cirinnà. Cosa è per lei? 

«Intanto è una grande occasione di incontro per un popolo, cosa importantissima dopo molti anni e dopo tante discussioni. C’è un popolo che si conterà a centinaia di migliaia di persone su tematiche molto precise, nette ed evidenti; c’è un Comitato che unisce personalità che provengono da percorsi anche molto differenti e credo che questo sia un dato talmente importante ed enorme che andrebbe valutato. E dico che andrebbe valutato anche mediaticamente. De Mattei ha le sue opinioni e francamente non mi interessa contestarle; mi sorprende invece il silenzio della stampa laica che dovrebbe essere incuriosita da quanto dice Massimo Gandolfini, perché sono parole che stanno mobilitando centinaia di persone. Io da giornalista mi chiederei perché mezzo milione di persone saranno in piazza San Giovanni, vorrei capirla questa presenza di popolo così radicata, oltre alle cose che andremo a dire».

A proposito di temi, c’è chi ritiene che non siano ben delineati e declinati in modo netto. Cosa risponde all’obiezione?

«E’ tutto molto chiaro; andiamo a parlare di famiglia, di scuola e di teorie gender che abbiamo contestato con molte centinaia di conferenze in giro per l’Italia, ciascuno col suo ruolo, ciò che normativamente viene collegato alla propaganda ideologica e cioè proposte normative all’esame del Parlamento immediatamente collegate a quell’idea. Non mi sembra che ci siano contorni non delineati nell’iniziativa del 20 giugno; basta vedere i nomi: da Costanza Miriano, a Massimo Gandolfini, da Adinolfi a Billon a Manif Pour Tous Italia. Come si fa a sostenere che in piazza San Giovanni andremo a dire cose non delineate? Siamo stati accusati del contrario; non capisco la critica. La cosa clamorosa è che chi diceva che saremmo stati quattro gatti isolati, probabilmente si dovrà ricredere il 20 giugno; questo è il vero elemento di novità: nessuno ci accreditava la capacità di mobilitazione, mentre su questi temi è massiccia e popolare. E’ la solita dinamica di quelli abituati a discorsi elitari tra le nostre amate mura dove si fanno mitighe litigate tra pochi eletti che in questo contesto evidentemente sono a loro agio. Io, invece, mi trovo a mio agio con centinaia di migliaia di persone; per questo sto bene a San Giovanni».

C’è chi critica la strategia “minimalista” del segretario della Cei Galantino e chi parla di una manifestazione che potrebbe rivelarsi il funerale dell’associazionismo cattolico. Controreplica? 

«La frase sul funerale dell’associazionismo cattolico è di De Mattei ed è profondamente sbagliata: mezzo milione di persone vanno in piazza chiamate da un comitato di dieci-dodici persone, c’è un riferimento preciso a quel mondo e vogliamo parlare di funerale? Beh, è un funerale affollato…Non vorrei che coloro che sono abituati a piccole veglie, quelle sì funebri, non volessero aprire gli occhi su un’espressione di vitalità straordinaria di un popolo che va in piazza; non vorrei ci fosse sotto qualche invidia di non saper mobilitare la gente perché mi chiedo: ma come si fa a criticare una manifestazione con mezzo milione di persone?».

E su Galantino? 

«Quanto a Galantino do una notizia: oggi parlerà a Radio Vaticana insieme a Massimo Gandolfini, quindi tutte le indiscrezioni che parlavano di un Galantino ostile sono state evidentemente e plasticamente smentite». 

La battaglia contro il ddl Cirinnà c’è o no al centro dell'iniziativa del 20 giugno? 

«Come si fa a mettere in dubbio questo punto? Ci sono mezzo milione di persone che vanno a San Giovanni per difendere la famiglia naturale di fronte a una legge che la vuole minare; io negli ultimi 14 mesi ho fatto 170 conferenze in giro per l’Italia e ho ripetuto in quelle occasioni e ogni giorno sul quotidiano La Croce la stessa cosa: occorre una mobilitazione, è necessario fare cultura tra di noi. La Croce ha fatto un lavoro capillare in questo senso, andando a prendere le leggi e spulciandole articolo per articolo mettendo in evidenza dove si annidavano le trappole. Ma di cosa stiamo parlando? Se c’è qualcuno che ha spiegato al Paese come è fatto il ddl Cirinnà e tutti i rischi che comporta è stato il quotidiano La Croce. E’ ben strano sostenere il contrario».

Come commenta l’ok di Strasburgo sulla famiglia omosessuale?

«Ricordo a tutti, come ho scritto anche oggi su La Croce, che non esiste la possibilità per l’Europa di obbligare l’Italia ad approvare il ddl Cirinnà o qualsiasi altra legge del genere; non può farlo e basta. Può fare raccomandazioni e ci sono subito quelli che parlano di piano inclinato, ma il punto è che la legislazione nazionale è chiara e sovrana. Il problema è un altro: se avessimo dato retta alle conventicole delle veglie funebri, ci saremmo parlati tra di noi, tra cattolici adulti, intransigenti, tradizionalisti, tutte cose che non hanno senso perché qui bisogna parlare al Paese. E per farlo ci sono diversi modi: c’è il modo di fare di quelli che nessuno conosce, oppure c’è il modo di andare in piazza con cinquecentomila persone; forse quest’ultimo è un modo più efficace di parlare al Paese»

Ma se la manifestazione non dovesse avere i numeri attesi, a perdere non sarebbero solo gli organizzatori ma tutti quelli che condividono la stessa battaglia, non crede? 

«Se perdiamo la battaglia è una cosa grave per il Paese. E non è una questione che riguarda noi cattolici, è una battaglia pienamente laica. Io sono una persona che fa battaglie senza mai citare l’elemento religioso; per questo si tratta di una battaglia culturale e valoriale per la famiglia che combatto da sinistra, in nome della difesa dei soggetti più deboli. La combatto dalla parte della storia di uno che è stato tra i fondatori del Pd; per questo mi trovo a mio agio in piazza. Il fatto che la battaglia possa essere persa lo devi mettere in conto nel momento in cui decidi di combatterla. Puoi scegliere di non giocarla come è l’auspicio di tanti segmentini del mondo cattolico, in nome di una presunta purezza e puoi scegliere di giocarla. Massimo Gandolfini la gioca con grande coraggio e ne è il portavoce, lui che fa di lavoro fa il neurochirurgo e non è un prete. Nel momento in cui uno sceglie questa strada sa che potrebbe rischiare un sconfitta, se così sarà ne prenderemo atto ma non credo che questa strada porti a un fallimento. Eppoi, io sono in giocatore e raramente quando gioco perdo…».
intelligonews



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LETTERA DEL VICARIATO AGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE:
TUTTI IN PIAZZA CONTRO LA “CULTURA GENDER”

ROMA-ADISTA. È legittimo che il Vicariato di Roma «anche a nome del cardinal vicario» scriva ai docenti di religione cattolica, che insegnano (anche e soprattutto) nella scuola pubblica statale, per invitarli a prendere parte ad una manifestazione di carattere politico?
La domanda sorge  leggendo la lettera (PROT. IRC 1453/2015) firmata il 5 giugno scorso da don Filippo Morlacchi, direttore dell'Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato di Roma ed inviata a tutti i docenti di religione cattolica della diocesi.
In apparenza si tratta della tradizionale lettera di fine anno scolastico, in cui si invitano gli insegnanti a partecipare alle assemblee conclusive che si svolgeranno, per ogni ordine di scuola, presso il seminario maggiore, si ricordano alcuni appuntamenti legati alla formazione, si rivolgono saluti ed auguri in vista dell’estate. Poi però, al punto 3 don Morlacchi scrive esplicitamente: «Desidero ancora comunicarle che sabato 20 giugno, alle ore 15.30, è stato organizzato un corteo da piazza della Repubblica a piazza san Giovanni in Laterano per contestare il disegno di legge Cirinnà (su matrimonio e adozioni di coppie omosessuali) e il disegno di legge Fedeli (che, nonostante l’apparenza di doverosa tutela delle “pari opportunità”, mira ad introdurre organicamente nelle scuole l’educazione sessuale secondo la gender theory). Il Vicariato di Roma non è tra i promotori ufficiali dell’iniziativa, ma la appoggia, conoscendo bene il significato dei disegni di legge ricordati: perciò, anche a nome del cardinale Vicario, vi esorto a partecipare a questa mobilitazione, quantomeno per esprimere che i temi sensibili dell’educazione non possono essere imposti dall’alto. È giusto che il coinvolgimento pubblico degli insegnanti non si limiti a contestare scelte di natura amministrativa o economica, come recentemente è accaduto, ma si manifesti anche quando si tratta di temi squisitamente educativi, certamente non meno importanti». Non è la prima volta che una lettera di una Curia agli insegnanti di religione suscita perplessità e polemiche: di alcuni mesi fa (novembre 2014) è la lettera ai docenti di religione cattolica milanesi in cui si chiedeva di segnalare alla Curia le scuole che sostenevano la cosiddetta ideologia gender, poi sconfessata dal card. Angelo Scola.
Family gayQuella del 20 giugno a Roma è una mobilitazione a difesa della famiglia “tradizionale”, un evento organizzato dal “Comitato difendiamo i nostri figli” – sigla che si autodefinisce “apartitica e aconfessionale”, dietro la quale ci sono diversi esponenti della destra cattolica (il portavoce, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, è quello che alcune settimane fa disse che i suicidi gay sono causati da un «disagio identitario» e che per prevenirli occorre «spingersi verso l’eterosessualità») – per denunciare la pericolosa invasione della cosiddetta ideologia gender, al grido di slogan del tipo “i figli non si pagano”, “gli uteri non si affittano”, “non esiste il diritto al figlio”, “il gender nelle scuole violenta i più piccoli e li danneggia nella fase della crescita”, “l’omosessualità non è una pulsione determinante e definitiva della persona e non è una variante del comportamento umano”, ecc.
L’occasione della manifestazione è la protesta contro il disegno di legge sulle cosiddette “unioni civili”, proposto dalla senatrice democratica Monica Cirinnà, che non istituisce alcun matrimonio gay, ma equipara nei diritti e nei doveri le famiglie gay e lesbiche a quelle regolarmente sposate.
La memoria va al "Family Day", la mega kermesse contro i Di.Co organizzata nel 2007 dal Forum delle Associazioni Familiari, cartello dietro il quale operava l’ala destra della gerarchia ecclesiastica ancora egemonizzata dal card. Camillo Ruini. Oggi gli organizzatori preferiscono non fare paralleli con quella manifestazione, anche per i numeri che prevedibilmente saranno molto più contenuti rispetto a quelli di otto anni fa. Anzitutto perché le condizioni in cui si svolgerà questa nuova kermesse sono nettamente cambiate, sia a livello sociale che culturale. Oggi anche Paesi cattolicissimi come l’Irlanda sono disposti a dire sì alle nozze gay. Negli Stati Uniti – che attendono sulla questione un pronunciamento della Corte Suprema – il 57% dei cittadini (mai percentuale è stata così alta) si è dichiarato favorevole al matrimonio omosessuale. Ma il papa, che pure ha più volte sostenuto di voler superare il rigido orizzonte dei “valori non negoziabili” sul tema dell’omosessualità ha assunto atteggiamenti ambigui. E nella Chiesa italiana poco sembra essere cambiato dai tempi di Ruini.
Scongiurare il flopCiò detto, negli ultimi giorni dentro la destra ecclesiastica è febbrile l’attivismo per cercare di portare in piazza il numero maggiore possibile di persone, insegnanti di religione cattolica inclusi. Perché il rischio che si paventa è quello di un mezzo flop. Non si sono formalmente pronunciate, o si sono sfilate dall’evento, diverse realtà del cattolicesimo organizzato come Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Acli, Rinnovamento nello Spirito Santo. Si è in parte sfilato anche il Forum delle Associazioni Familiari, che racchiude in sé moltissime sigle cattoliche, che si occupa da sempre di “gender” e che pure nei giorni scorsi ha pubblicato una lettera aperta ai parlamentari contro il ddl Cirinnà. In una nota il presidente Francesco Belletti ha spiegato: «Abbiamo scelto di non aderire direttamente come Forum. È un evento di famiglie, a favore della famiglia, e la presenza di sigle sembrerebbe voler condizionare ciò che appare una diretta espressione di cittadinanza attiva. Anche i membri del Comitato promotore sono in effetti presenti a titolo personale». Una strategia, insomma, per evitare di essere travolti in caso di insuccesso della manifestazione e che pare essere stata condivisa da molte realtà del cattolicesimo associativo e di movimento.
Ad aderire risolutamente sono state poche sigle, peraltro molto connotate in senso politico-ecclesiale (e questo peserà senz’altro sulla capacità “attrattiva” dell’iniziativa), come Alleanza Cattolica, Movimento per la Vita e il Movimento Famiglie numerose. A sostenere con convinzione la manifestazione anche il Cammino Neocatecumenale, l’unico che potrebbe garantire una qualificata presenza in piazza.
In questo contesto si colloca l’esplicito sostegno dei media ecclesiastici, AvvenireSir e Radiovaticanain testa, e iniziative come quella del direttore dell'Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato di Roma, don Morlacchi.
Certo, la contraddizione che emerge dai contenuti della lettera è la stessa che da sempre caratterizza l’insegnamento della religione cattolica nel nostro Paese, quella per cui gli insegnanti sono designati (ed eventualmente rimossi) dalle Curie, ma pagati ed inquadrati in ruolo dallo Stato. In virtù del loro ruolo “istituzionale”, oltre che della loro autonomia, non andrebbero forse convocati in piazza dal proprio datore di lavoro. Eppure, proprio le dinamiche degli ultimi anni, man mano che il senso comune e le leggi procedono verso un percorso di progressiva laicizzazione e secolarizzazione (in cui il nostro Paese resta comunque molto indietro rispetto al resto d’Europa), hanno indotto la Chiesa italiana – nonostante papa Francesco (o con il papa che consente di occultare abilmente questa strategia) – ad assumere posizioni di dura intransigenza, che si riflettono però anche in quei luoghi, come la scuola, che richiederebbero prudenza e rispetto delle posizioni individuali. (valerio gigante)