Solidarietà e servizio priorità della comunità ecclesiale.
L’India è un Paese grande come le sue contraddizioni. Da un lato c’è un’economia in rapido sviluppo, e dall’altro un crescente numero di poveri del tutto ignorati. Una persona su tre è sotto la soglia di povertà, con circa 300 milioni di migranti in cerca di lavoro e di sopravvivenza. Secondo il Global Hunger Index Report 2011-2013, un quarto della popolazione mondiale affamata vive in India (210 milioni su 842 milioni) e il 43,5 per cento dei bambini malnutriti sotto i 5 anni al mondo sono indiani.
In questo contesto si è dunque svolto il simposio della Chiesa in India, che ha avuto lo scopo di riflettere su come poter svolgere un ruolo profetico e di testimonianza per la persona e il messaggio di Gesù. E su come concretamente poter combattere la diffusa povertà e costruire una reale civiltà dell’amore.
In particolare, i partecipanti all’incontro hanno sviluppato alcune linee d’azione. In primo luogo, è stato chiesto di seguire con fedeltà l’invito di Papa Francesco che ripetutamente chiede che la Chiesa sia «la Chiesa dei poveri». In questo senso, l’episcopato è stato sollecitato a rendere più efficace l’Education Policy, per spingere le scuole cattoliche e gli altri istituti educativi della Chiesa a essere ancora più vicini ai poveri. I partecipanti al simposio si sono detti poi pronti a combattere la cosiddetta cultura del benessere, «che ci fa pensare a noi stessi e ci rende insensibili ai bisogni degli altri, e che conduce a una “globalizzazione dell’indifferenza”. Come l’uomo ricco nella parabola di Gesù, noi siamo abituati alla sofferenza di Lazzaro. Essa non ci preoccupa». Di qui un impegno che è chiamato a coniugarsi con le azioni di ogni giorno, contrastando ingiustizie e irregolarità. «Noi lotteremo contro la corruzione in ogni modo possibile, né pagheremo o daremo mazzette, chiedendo una ricevuta per ogni acquisto, pagando salari giusti a quelli che lavorano per noi. Useremo i meccanismi e le facilitazioni disponibili, come il Right to Information Act e il Food Security Bill (il provvedimento che prevede la distribuzione di cibo a prezzi calmierati) per combattere la corruzione e lenire le fatiche dei poveri. Saremo coraggiosi nel denunciare tutto ciò che è malvagio, ingiusto e sbagliato, per annunciare davvero la Buona Novella. La cultura del silenzio ha portato alla “cultura della morte”». Infine, l’impegno ad avere «particolare attenzione verso i deboli e gli emarginati, in particolare i dalit, unendoci alle proteste contro la violazione dei diritti umani. Esortiamo le nostre parrocchie a essere più attente nei loro confronti, accogliendoli nelle nostre parrocchie. Vogliamo essere persone che offrono loro speranza. Seguendo l’esempio dei primi cristiani, che hanno condiviso generosamente con i poveri, faremo personali sacrifici, per quanto essi possano costarci, per i poveri, i dalit e i tribali di oggi. Solo allora diventeremo davvero la Chiesa dei poveri».