sabato 31 maggio 2014

Quando l’amore è contagioso.



 Beatificata a Collevalenza madre Speranza di Gesù

«Una corsa verso la santità»: così il cardinale Angelo Amato ha riassunto la vita di madre Speranza di Gesù, al secolo María Josefa Alhama Valera (1893-1983), durante la beatificazione presieduta a nome di Papa Francesco, sabato 31 maggio, presso il santuario dell’amore misericordioso di Collevalenza di Todi, in Umbria. Qui la religiosa, nata in Spagna, ha vissuto dal 1951 fino alla morte. E qui, nella cripta, riposa il suo corpo, meta ogni anno di pellegrini da tutto il mondo.

All’omelia il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ha ricordato che la stessa beata aveva più volte confidato come intendesse condurre la propria esistenza. «La santità — diceva — consiste nel vivere in Gesù». Perché la sua ansia era la santificazione «costi quel che costi».
Nella lettera apostolica per la beatificazione, Papa Francesco esalta madre Speranza per tre meriti: «come fondatrice di due congregazioni di vita consacrata, le ancelle e i figli dell’amore misericordioso; come testimone della mansuetudine di Dio soprattutto verso i poveri e come promotrice della santità presso il clero diocesano». E in proposito il porporato ha spiegato che il programma di vita di madre Speranza, è riassumibile nel «fare la volontà di Dio, affidarsi alla sua provvidenza, amare il crocifisso, simbolo dell’amore misericordioso». E «con questa fede sconfinata ella attraversò le oscure gallerie del male, dell’incomprensione e dell’umiliazione, uscendo purificata e rafforzata nei suoi propositi».
Naturalmente, tra le virtù in cui eccelleva, dopo la fede, era la speranza quella che maggiormente la identificava. «Era — ha ricordato il cardinale Amato — l’energia segreta che la guidava ad amare, a soccorrere, a perdonare. La speranza era per lei la misericordia divina vissuta e donata a piene mani». Infatti «contava su Dio a occhi chiusi. Da donna di buon senso amava ripetere un proverbio spagnolo, che dice: “Chi ordina paga”. Se Dio ordina di fare qualcosa, è lui che deve provvedere».
La sua era inoltre una speranza contagiosa. «Soprattutto — ha detto il prefetto — per i poveri. Il suo desiderio era raggiungere i più abbandonati ed emarginati. Era protagonista di una carità gratuita. Lavorava molto per poter venire incontro ai bisognosi, ai quali donava soldi, cibo, vestiti, tempo, lavoro e persino la sua biancheria. Soccorreva tutti con aiuti di ogni genere».
Infine, terza virtù, la carità concreta. «Accoglieva — ha detto il cardinale celebrante — le famiglie senza tetto; si prendeva cura dei soldati feriti e stanchi della guerra, senza badare a nazionalità o credo politico; alla fine del secondo conflitto mondiale aprì una mensa, arrivando a dar da mangiare a più di mille persone al giorno. A Collevalenza aprì un laboratorio di maglieria per aiutare le ragazze del posto». E «sempre a Collevalenza aveva verso i pellegrini un’attenzione materna. All’inizio offriva gratuitamente un pasto caldo ai più poveri. Poi mise una quota simbolica». Inoltre la sua carità si esprimeva anche nelle opere di misericordia spirituale: accoglieva, consolava, ammoniva, perdonava, insegnava, sopportava, pregava. Ha ricordato il cardinale: «Rispondeva con il silenzio e la preghiera a coloro che la contrariavano e la calunniavano. Anzi, spesso difendeva i suoi denigratori giustificandoli: “Loro — diceva — erano accecati dalla passione e dal demonio e Dio si è servito di loro per la mia più grande santificazione”. Li chiamava persino benefattori».
Il cardinale Amato ha poi individuato in madre Speranza «una carità preferenziale» per i ministri di Dio. Fondò infatti i figli dell’amore misericordioso, «perché accompagnassero i sacerdoti in difficoltà materiale e spirituale. Aveva un’attenzione particolare per i sacerdoti diocesani, soprattutto anziani, che accudiva con generosità». Era, dunque, «profondamente madre, con una predilezione particolare per chi soffriva nella salute e per chi attraversava difficoltà».
Ecco allora l’attualità del messaggio di madre Speranza, che il cardinale ha riproposto ai numerosi fedeli presenti alla celebrazione: «Non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene. Vivete in pace con tutti». Da qui l’invito conclusivo a riscoprire la vocazione alla santità: «La vita sia una corsa verso la santità, perché il mondo ha sempre più bisogno di persone sante, che sappiano vincere il male con il bene».
L'Osservatore Romano

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Madre Speranza è Beata
di Lorenzo Bertocchi
Oggi, a Collevalenza di Todi (Pg), il Cardinale Angelo Amato ha proclamato Beata la Venerabile Madre Speranza (1893-1983), fondatrice della Congregazione religiosa della Famiglia dell’Amore Misericordioso. Qui si trova il famosissimo santuario, meta di centinaia di migliaia di pellegrini, e qui riposano le spoglie mortali della Beata. Il Cardinale  Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia, ha ricordato che nell’epoca attuale, “in cui gli uomini si allontanano sempre più dalla pratica religiosa e vivono come se Dio non esistesse, Madre Speranza diventa segno profetico di annuncio e di testimonianza che Dio ci ama.”
Madre Speranza, al secolo Giuseppa Alhama Valera, nasce a Santomera in Spagna nel 1893, maggiore di nove fratelli di una famiglia molto povera. A ventuno anni decide di realizzare il sogno della sua vita: consacrarsi a Dio. Il 15 ottobre, festa di S. Teresa d’Avila, “ ... lasciai la casa paterna con la grande aspirazione di essere santa, di assomigliare un poco a Santa Teresa”. Da quel giorno seguiranno una serie ininterrotta di prove e segni straordinari, tra cui malattie gravissime e guarigioni inspiegabili, testimonianza della particolare predilezione del Signore. I suoi direttori e confessori la guideranno verso la comprensione della particolare chiamata a lei riservata: diffondere nel mondo la devozione all'Amore Misericordioso. Come tante altre anime sante non mancano diffidenze, anche da parte della Chiesa. Nel 1930 a Madrid emette i voti per la nascente congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, ma vive l'ostruzionismo del Vescovo della città che ordina e comanda che nessuno l’aiuti o collabori con lei. Madre Speranza va avanti, nell'obbedienza, ma prosegue il cammino. Nel giro di pochi anni apre in Spagna dodici case per bambini poveri e bisognosi, per anziani e malati assistiti anche a domicilio.
Nel 1936, in piena guerra civile spagnola, fa i suoi primi viaggi a Roma dove opererà fra i poveri della periferia romana, sulla via Casilina. Contemporaneamente deve difendersi davanti al Sant’Ufficio per accuse e diffamazioni sulla sua persona e sulla Congregazione appena nata. Intanto scoppia la Seconda Guerra Mondiale e la sua attività caritativa a Roma assume dimensioni fuori dal comune. Tra i bombardamenti e le minacce dei tedeschi, insieme alle suore accoglie bambini, nasconde profughi senza badare alle loro ideologie, cura i feriti dei bombardamenti, dà da mangiare a migliaia di operai e bisognosi in mense improvvisate, consola tutti.
Nel 1950 è completata la casa generalizia di Roma e si aprono diverse realtà in Italia; il 15 agosto del 1951, su divina ispirazione, fonda i Figli dell'Amore misericordioso. Saranno in tre ad emettere i voti e tre giorni dopo, il 18 agosto, Madre Speranza si stabilisce con loro e alcune Suore a Collevalenza, paesino dell’Umbria. Era un borgo di nemmeno mille abitanti sparsi nella campagna, famoso nei dintorni per un boschetto di lecci detto il “Roccolo”, dove i cacciatori si divertivano a prendere gli uccelli con le reti. Gesù le spiegò: “Speranza, trasformeremo questo “roccolo” in un luogo di conquista delle anime. Verranno a stormi più numerosi di questi passerotti”. Proprio sul terreno del Roccolo sorgerà il santuario di Collevalenza, una rete che ha rapito migliaia di anime.
I Figli dell'Amore Misericordioso ricevono, tra le altre, una particolare missione. Nel verbale di riunione della comunità dei Padri di Collevalenza del 21 Marzo 1955 si legge: "Comunica poi la Madre un incarico avuto dal Signore. I religiosi esercitino un atto di carità eroica consistente nell’offerta totale di ogni azione per la santità del Clero e delle anime a Lui consacrate. (…) Questo, prosegue la Madre, è il secolo di più santi, ma è pure il secolo in cui il Clero e le anime consacrate offendono di più il Signore perché è il secolo che dà più occasione di peccato. Chi rimane in piedi, conclude la Madre, disarmi il Signore".
Madre Speranza ben sapeva che l'amore di Dio non ha limiti, ma la sua via è quella del sacrificio, dell'offerta di sé, non un sentimento qualsiasi. “Mi dici, Gesù mio, che l’amore se non soffre e non si sacrifica non è amore. - scrive nel 1941 - Che insegnamento, Dio mio! Adesso mi rendo conto perché il tuo amore è così forte ed è fuoco che brucia e consuma”.
Quel fuoco era quello che ha scaldato Madre Speranza, e la sua vita è un unico interminabile tentativo di portare ad esso più anime possibile. Per far bruciare il peccato. “Care figlie – ha scritto - è necessario riconoscere e confessare che la Legge divina, naturale e positiva è giusta e pertanto che la sua infrazione è peccato, è lesione della giustizia, è iniquità, male gravissimo e sopra ogni altro detestabile. È necessario che il peccatore confuso e pentito esclami davanti a Dio misericordioso: Signore, ho peccato contro di te! Ho fatto il male ai tuoi occhi. Perdonami, Gesù mio”.