venerdì 30 maggio 2014

Un gigante della matematica e della scienza parla di Dio, angeli e demoni



Ho già avuto modo di raccontare un dato di fatto incontrovertibile, per quanto poco conosciuto: i migliori matematici, così come i migliori scienziati, sono, nella stragran parte dei casi, uomini religiosi. Più religiosi, se si potesse fare una statistica, dei letterati o dei poeti. Perché, adattando Alexis Carrel, tanta osservazione e un po’ di ragionamento, portano a Dio, mentre molto ragionamento e poca vita, poca esperienza, poca realtà conducono, spesso, all’ideologia e allo scetticismo. Ebbene, tra questi giganti di cui si legge che fosse un uomo di fede vi è lo svizzero Leonardo Eulero, il cui nome è sempre affiancato a quello dei più grandi matematici di sempre: Archimede, Newton e Gauss. Gli esperti dicono che è stato “il più prolifico matematico della storia”, mentre RonaldCalinger riassume così i suoi meriti: “Nel cuore della sua ricerca si trovano l’Analisi infinitesimale, o Calcolo differenziale, e la Meccanica razionale. Insieme alla meccanica celeste, le fece diventare la scienza par excellence del XVIII secolo. Fu il principale creatore dal Calcolo delle variazioni e delle equazioni differenziali, ed un precursore della Geometria differenziale delle superfici. In Meccanica, Euler, non Newton, formulò la maggior parte delle equazioni differenziali…permise di trasformare la meccanica e l’astronomia in moderne scienze esatte, basate sul calcolo infinitesimale” Inoltre “fondò la meccanica dei continui, promosse la balistica, la cartografia, la diottrica, la teoria dell’elasticità, l’idraulica, l’idrodinamica, la teoria della musica, la teoria dei numeri, l’ottica e la teoria delle navi…”.
Per quanto riguarda gli interessi di questa rubrica, Eulero era anche un conoscitore degli studi classici, greci e latini, e un assiduo lettore delle Sacre Scritture. La sua epoca è il Settecento, il secolo dei lumi, in cui la potenza della ragione umana viene sovente esaltata non come dono di Dio, ma come motivo di orgoglio e sfida dell’uomo al cielo. Ebbene Eulero, sia alla corte di Caterina di Russia sia presso Federico II, a Berlino, non si esime dallo schierarsi contro lo spirito del suo tempo. A costo di scontrarsi con Voltaire, Diderot, D’Alambert e altri enciclopedisti che si autoproclamano portatori e interpreti del verbo della scienza. E’ il traduttore inglese delle Lettere ad una principessa tedesca di Eulero, Henry Hunter, a notare, nella prefazione, che le opere di Rousseau e di Voltaire sono nelle mani di tutti, mentre i pensieri filosofici e religiosi di una vera autorità scientifica come Eulero sono ai più sconosciuti.
Come sconosciuto ed ancora oggi introvabile, se non in archivio, è il suo trattato tradotto e stampato in Italia, a Pavia, nel 1777, intitolato: Saggio di una difesa della divina Rivelazione. Ebbene, in questo saggio, breve ma denso, Eulero sostiene che “la perfezione dell’intelletto consiste nella cognizione della Verità, donde la concezione del Bene immediatamente deriva”: “i principali oggetti di tal cognizione sono Dio e le sue Opere, giacché tutte le altre verità a cui l’uomo mercé la sua riflessione può giungere si riducono per ultimo a Dio e alle Opere della sua Onnipotenza. Dio è la Verità, e il mondo è l’Opera delle sue infinita Onnipotenza e Sapienza”.
Poi Eulero accenna alla “Legge Naturale, per cui col lume della Natura i doveri delle nostre azioni si definiscono” e che “con tutta ragione viene nominata Legge Divina, perché Dio medesimo l’ha impressa, per così dire, nel cuore degli Uomini”. E’ la trasgressione di questa legge che porta all’infelicità: “Niente è dunque veramente capace di rendere veramente felice un uomo, fuorché primieramente una sufficiente cognizione di Dio, delle sue Opere, ma secondariamente una perfetta soggezione della propria Volontà alla Divina Volontà”; soggezione non facile, vista la corruzione insita nell’uomo a causa del peccato originale.
Nel trattato Eulero sostiene l’esistenza di spiriti intelligenti e razionali, gli Angeli e i Demoni; difende le Sacre Scritture come testi della cui “origine divina non possiamo dubitare”; argomenta a favore della possibilità dei miracoli, e in particolare della Resurrezione di Cristo. Quanto alla ragione umana essa è considerata limitata, e per questo bisognosa della Rivelazione: “Conviene inoltre riflettere che nelle Sacre Scritture quelle cose soltanto sono rivelate, le quali o non mai o molto difficilmente si sarebbero potute colla nuda ragione di scoprire…”. La conclusione di Eulero è dura: si scaglia contro la “fazione de’ libertini e dileggiatori della Rivelazione”, che con le loro argomentazioni fallaci cercano di sedurre il prossimo.
Questo saggio costò a Eulero critiche e una certa impopolarità presso alcuni potenti dell’epoca; ma i biografi concordano nel definirlo un uomo alieno dalla cortigianeria e dall’ambizione e segnato da una “totale mancanza di meschino orgoglio”. E’ in questa umiltà, invero, che si trova la radice della sua fede in Dio. Umiltà che mancava, negli stessi anni, a tante intelligenze scettiche, certamente inferiori alla sua; umiltà che distingue il sapiente, dall’intellettuale.
F. Agnoli
Il Foglio, 29 maggio 2014