martedì 9 giugno 2015

Il 20 a Roma nonostante tutto



di Giuseppe Rusconi (rossoporpora)
Ieri a Roma, sul far del mezzogiorno, il comitato “Difendiamo i nostri figli” ha illustrato i contenuti della manifestazione nazionale che sabato pomeriggio 20 giugno, dalle 15.30, si svolgerà a Piazza San Giovanni. E’ toccato a Massimo Gandolfini, vicepresidente di “Scienza e Vita” ma portavoce della manifestazione a titolo personale, introdurre l’argomento e rispondere alle domande dei giornalisti che gremivano la sala dell’Hotel Nazionale a piazza di Montecitorio. Accanto a lui, al tavolo della presidenza, Mario Adinolfi (direttore de ‘La Croce’), Simone Pillon (consigliere nazionale del ‘Forum delle Famiglie’), Jacopo Coghe e Maria Rachele Ruiu della ‘Manif pour tous Italia’, la scrittrice Costanza Miriano: tutti impegnati da tempo in prima linea e con grande dispendio di energie nella difesa dei valori non negoziabili. In sala tra gli altri anche due politici cattolici collaudati: Carlo Casini e Paola Binetti.
UN PICCOLO MIRACOLO
Oggettivamente è già un piccolo miracolo – conoscendo la litigiosità tra uomini e associazioni nell’ambito cattolico – che in due settimane (per essere sinceri si sarebbe già dovuto fare molto prima) si sia riusciti, pur tra turbolenze di ogni genere, ad organizzare una manifestazione unitaria nazionale a San Giovanni. Tutti insieme: e quel ‘tutti’ va molto al di là delle associazioni di riferimento di chi era seduto al tavolo. Perché a San Giovanni ci saranno ad esempio membri, famiglie di ‘Notizie Pro-vita’ (con il generosissimo Toni Brandi tra i promotori della prima ora), di ‘Alleanza Cattolica’, del Movimento italiano per la vita (ultimo arrivato con mille distinguo, ma pur sempre gradito) e di numerose altre realtà impegnate sulla famiglia. Anche non cattoliche, dal mondo protestante (come l’Alleanza evangelica italiana), ortodosso, islamico, perfino sikh. Contatti pure con il mondo ebraico. Tutto a indicare che la battaglia contro le pretese antropologicamente eversive della nota lobby va molto al di là del mondo cattolico, ma coinvolge ogni persona dotata di ragione e di buona volontà indipendentemente dalle sue convinzioni politiche e religiose.
ONORE AL CORAGGIO DEI NEOCATECUMENALI
Soprattutto però, a rimpolpare il numero dei manifestanti, ci saranno le comunità neo-catecumenali di Kiko Argüello. Onore ai neocatecumenali per il coraggio dimostrato. Però: e le altre grandi associazioni, gli altri grandi movimenti che albergano nel recinto cattolico italiano? Almeno fino a quando scriviamo queste righe sono ‘non pervenuti’. Dell’assenza di alcuni, come le Acli, l’Agesci, i Focolarini, Sant’Egidio, insomma tutto quel mondo cattolico che da sempre è collaterale al centro-sinistra, non ci si può sorprendere. Dell’assenza di altri, certo che sì. Ma siamo sicuri che in piazza la presenza di membri ad esempio di Comunione e Liberazione non sarà ridotta alla sola redazione del combattivo settimanale ‘Tempi’. Certo la presenza non sarà istituzionale, ma la base – assai sconcertata per i ripetuti autogoal politico-economici dei vertici e per la recente e rude ‘correzione fraterna’ inflitta da papa Francesco – ribolle e non mancherà di dare un suo apporto non irrilevante. Ciò vale anche per gli altri movimenti e associazioni, a dispetto della contrarietà di vertici tanto compromessi con gli odierni poteri politici  da ‘dimenticare’ di testimoniare pubblicamente la propria adesione alla dottrina sociale della Chiesa.
UN SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI CHE NON DORME MAI
Perché si scenderà in piazza? Fino a qualche ora fa due erano gli obiettivi dei promotori, come si è letto per giorni nei comunicati di diverse associazioni: l’indottrinamento gender nelle scuole (che sarebbe codificato se passasse il disegno di legge della vicepresidente del Senato, la piddina Valeria Fedeli, sulla parità di genere) e il disegno di legge della senatrice piddina Cirinnà mirante al riconoscimento delle ‘unioni’ tra persone dello stesso sesso, vincolo de facto parificato al matrimonio. Poi si è verificato un cambiamento di sostanza: il disegno di legge Cirinnà è stato spinto in secondo piano ed è restato sul proscenio di piazza San Giovanni ‘solo’ l’indottrinamento gender. Il fatto è che la discussione del disegno di legge Cirinnà incomincia oggi, come hanno ricordato Carlo Casini e Paola Binetti, invitando a non ‘depennarlo’ dalla manifestazione. Ma dall’altra parte del tavolo non si è cambiata idea.
A che cosa è dovuta la modifica, per cui la manifestazione denuncerà genericamente l’indottrinamento gender e rinuncerà a gridare il proprio ‘no’ al disegno di legge Cirinnà (ciò almeno nelle intenzioni espresse pubblicamente dai promotori, perché poi non si sa quel come si comporterà almeno una parte dei manifestanti)? Appare evidente che nelle ultime ore è accaduto qualcosa di importante: si è ammorbidita l’ostilità – diremmo fin qui feroce – del segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino. Un’ostilità espressa più volte pubblicamente (vedi anche in questa stessa rubrica “Gender/Cei: Qualcuno ha già alzato bandiera bianca “ oppure “Cattolici italiani dopo l’Irlanda: fra Cristoforo o don Abbondio?” ), ma anche attraverso sfuriate in privato (con conseguenti ‘limature’ buoniste di testi) verso associazioni laicali legate alla Cei. I brillanti risultati di tale modo di procedere – tipico del clericalismo più crasso – si sono poi evidenziati ad esempio nella rielezione della piddina Catiuscia Marini a governatore dell’Umbria: ha vinto di poco e deve ringraziare i voti dei cattolici ‘dialoganti’ ovvero quelli sempre pronti al compromesso al ribasso. Ricordiamo poi che in Calabria (Nunzio Galantino era vescovo di Cassano all’Jonio) i responsabili della pastorale familiare delle diverse diocesi hanno ricevuto una lettera dei parigrado regionali in cui li sconsigliava caldamente dall’aderire alla manifestazione del 20 giugno. Purtroppo per il segretario della Cei (il cui presidente cardinale Bagnasco da sempre invita con coraggio e con chiarezza alla resistenza attiva contro la nota lobby), anche il cardinale Vallini con il Vicariato di Roma si è schierato in favore della manifestazione e pure il Papa (che ha affidato a Galantino l’attuale incarico) ha dato la sua approvazione. A questo punto al vescovo emerito di Cassano all’Jonio non è restato che, obtorto collo, cambiare ufficialmente opinione, pur pretendendo che dagli obiettivi della manifestazione sparisse ogni accenno al Governo più sfasciafamiglia dell’Italia repubblicana: niente attacchi dunque alla politica sulla famiglia di Renzi, dei cattolici à la carte e poltronisti dell’esecutivo, dei parlamentari del Pd come Cirinnà, Fedeli, Scalfarotto promotori degli ominimi disegni di legge eversivi dell’antropologia giudaico-cristiana e colonne del nuovo ‘pensiero unico’ imposto dalla nota lobby.
Ancora: ci sbagliamo o tutto questo gran fervore manovriero dell’attuale segretario generale della Cei contrasta comunque con l’invito del Papa a non essere dei ‘vescovi-pilota’ nei confronti dei laici? Presumiamo che anche Nunzio Galantino abbia ascoltato tali parole, al fianco com’era dello stesso Francesco il 18 maggio scorso nell’Aula del Sinodo: ma dall’ascoltare al mettere in pratica c’è di mezzo il gran sottobosco del peggior clericalismo.
IL CALDO E UNA PIAZZA CHE RIEVOCA NATURALMENTE IL ‘FAMILY DAY’ DEL 2007
Altre perplessità, stavolta di natura logistica e temporale, erano nate su luogo e data della manifestazione. Ma siamo matti? si è sentito in giro quando si è saputo che l’appuntamento era per le 15.30 di sabato 20 giugno a piazza San Giovanni. E il caldo? E gli anziani come faranno a  venire? E le scuole chiuse? E la ‘fuga’ da Roma per il fine settimana? E la conclusione delle attività parrocchiali? E l’inizio dei campi estivi? E piazza San Giovanni, proprio la stessa del ‘Family Day’ del 2007? Ciò non spingerà a un confronto spontaneo sulla presenza di manifestanti con tutte le deduzioni del caso, a svantaggio dell’appuntamento odierno? A tutte queste perplessità – più che sensate – si è risposto che la manifestazione era urgentissima, data l’accelerazione impressa dal Governo Renzi alla discussione del disegno di legge Cirinnà (poi però il tema ufficialmente è stato declassato, pur se curiosamente ‘Avvenire’ di martedì 9, cita la Cirinnà nel sottotitolo, ma non nell’articolo…). Altra risposta: la manifestazione non sarebbe stata paragonabile al ‘Family Day’ di (felicissima) ruiniana memoria, date soprattutto le diverse modalità di organizzazione (ma il confronto verrà ugualmente, spontaneo).
MALGRADO TUTTO BISOGNA ESSERCI:  IN TANTI, GIOIOSI MA ANCHE MOLTO COMBATTIVI
Esserci o non esserci? Tante le perplessità sulla manifestazione del 20 giugno quale oggi si configura. Tuttavia a questo punto non resta che andarci in tanti, il più possibile, perché una Piazza San Giovanni semivuota sarebbe un vero disastro – non solo d’immagine – per chi vuole contrastare l’avanzata del ‘pensiero unico’ in materia di vita, famiglia, educazione. Occorre che il Governo sfasciafamiglia senta che il Paese non è ancora così allineato o rassegnato come ci si vuol far credere dagli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama, dagli schermi televisivi (Rai in testa), dai pulpiti massmediatici e anche da qualche pulpito vero. Ci si vada a piazza san Giovanni, per segnalare a precisi indirizzi con nome e cognome (non a istanze generiche) che finalmente è incominciata una nuova resistenza, in nome di una recuperata umanità, come è emerso dai tanti incontri che i promotori della manifestazione hanno organizzato o avuto in questi mesi in ogni parte d’Italia. Ognuno ci vada con i suoi cartelli, con la sua voce, con la gioia e la forza di testimoniare pubblicamente il suo ‘no’ al disumano che avanza. Del resto lo diciamo giustamente da sempre, quel ‘no’,  alla categoria dei mercanti di armi, degli spacciatori di droga, dei signori dell’azzardo, degli inquinatori dell’ambiente naturale. E il 20 ci prendiamo l’occasione di gridarlo, quel ‘no’ forte e speriamo massiccio, anche a chi inquina la nostra identità di persona, devastando la società. Con nomi e cognomi. Senza sconti: a nessuno e di nessun genere.
fonte: www.rossoporpora.org

*

20 giugno in piazza, De Mattei: “Un funerale, se rinunceranno a fare i nomi dei nemici della famiglia”

(di Marta Moriconi su intelligonews.it) Il 20 giugno c’è la manifestazione apartitica e aconfessionale in piazza San Giovanni in Laterano organizzata dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”.
Ma l’iniziativa non piace al Professore Roberto De Mattei che ha esposto le sue critiche e riflessioni intervenendo anche in maniera decisa attraverso la sua agenzia di stampa, Corrispondenza Romana.
Ieri alla manifestazione che si terrà dalle 15,30 c’erano alcuni aderenti al Comitato provenienti da diverse associazioni come Simone Pillon, Gianfranco Amato, Giusy D’Amico, Tony Brandi, Filippo Savarese, Costanza Miriano, Mario Adinolfi, Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Paolo Maria Floris, Alfredo Mantovano, Nicola Di Matteo.
Tutti orgogliosi di esserci, ma per lo storico sarà “il funerale dell’associazionismo cattolico”. Perché? Gliel’abbiamo chiesto.
Professore, ci è parso di capire da un suo intervento sull’agenzia Corrispondenza Romana,  che non è d’accordo con l’impostazione della manifestazione del 20 giugno in piazza San Giovanni in Laterano organizzata dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”. Non è un Family Day, non è contro il Ddl Cirinnà, cos’è allora per lei? 
“La convocazione di una manifestazione a piazza San Giovanni, con meno di un mese di anticipo, mi sembra un passo molto arrischiato, tenendo conto che anche i partiti politici e i sindacati hanno rinunciato da tempo a questa piazza, considerandola troppo impegnativa. Il Family Day del 2007 fu un grande successo perché era promosso da una larga rappresentazione di associazioni cattoliche, con l’appoggio della Conferenza Episcopale. C’era inoltre un obiettivo preciso: quello di contrastare la legge sui DICO, proposta dal governo Prodi, che di fatto non venne mai approvata. Questa volta, nella conferenza stampa dell’8 giugno, il  portavoce della manifestazione ha affermato che essa non è contro il decreto di legge Cirinnà, né contro le unioni omosessuali, e ha dichiarato che non si sa ancora chi parlerà dal palco (e dunque che cosa si dirà). Ma la decisione così affrettata di anticipare a giugno una manifestazione che si sarebbe potuto svolgere con molta più calma a ottobre non nasceva proprio dall’emergenza del ddl Cirinnà, in discussione in questi giorni al Senato? E in che misura si può parlare di rappresentatività del mondo cattolico se manca perfino un elenco delle associazioni che hanno aderito? Sono state davvero consultate tutte? A me risulta ad esempio che nessun contatto sia stato preso con gli organizzatori della Marcia per la Vita, che pure sono quelli che hanno la maggiore esperienza sul campo. Dunque sono io che chiedo chiarimenti: “Non è un Family Day, non è contro il Ddl Cirinnà, cos’è allora?
Cosa non le piace della strategia “minimalista” del segretario della Cei Galantino? Perchè sarà il funerale dell’associazionismo cattolico? 
La manifestazione rischia di essere il funerale dell’associazionismo cattolico, o almeno di un certo associazionismo, non solo se mancherà al suo obiettivo, che è quello di riempire piazza San Giovanni, ma soprattutto se rinunzierà a individuare per nome e cognome i nemici delle famiglia, fuori e dentro il Parlamento italiano, a cominciare dal presidente del Consiglio Renzi, e da quei parlamentari cattolici, di qualsiasi partito,  che  non prendano apertamente le distanze dal progetto di legalizzazione delle unioni omosessuali. Oggi chi si dice cattolico non può limitarsi a riproporre timidamente la famiglia naturale, in nome della Costituzione italiana: deve ricordare l’esistenza di una legge divina e naturale e proclamare ad alta voce che l’omosessualità è un grave disordine morale e che il riconoscimento giuridico di questo peccato è un’apostasia pubblica”.
La battaglia contro il ddl Cirinnà dovrebbe essere messa al centro dell’iniziativa del 20? Quale trappola si nasconde dietro questo tentativo di normare le unioni civili? 
“La  Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) imporrà all’Italia, Paese che ha ratificato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, di introdurre nella legislazione le adozioni omosessuali, perché altrimenti, esisterebbe una “disparità di trattamento”, e quindi una discriminazione illecita, fra coppie omosessuali e coppie eterosessuali unite civilmente. Grazie al ddl Cirinnà  le adozioni saranno dai giudici sulla base della giurisprudenza europea. Ma l’origine di questo catastrofico itinerario sta nel riconoscere l’esistenza di diritti agli omosessuali in quanto tali. E’ questa la grave pecca della lettera promossa dal sociologo Massimo Introvigne e dal magistrato Alfredo Mantovano, e sottoscritta da 58 intellettuali, in cui si invitano i parlamentari italiani a “riconoscere i diritti e i doveri dei conviventi omosessuali” (sia pure senza usare l’espressione “unioni civili” e “ matrimonio”).