lunedì 8 giugno 2015

Il vero umanesimo religioso è portare Dio qui sulla terra

RepIdee, Vito Mancuso: "Ripensare il mondo, ma anche l'idea di Dio se non dà più energia"

Repubblica.it
(Vito Mancuso) Il titolo della nostra manifestazione è “ripensare il mondo”, ma io credo che non lo si possa fare  senza al contempo ripensare Dio e di conseguenza l’uomo. Dio, uomo, mondo sono infatti idee  strettamente connesse, insieme costituiscono una specie di triangolo filosofico ideale che nei secoli  ha tenuto uniti gli uomini strutturandoli come società. Ogni organica filosofia di vita a fondamento  del vivere sociale nasce infatti dalla capacità di armonizzare Dio, uomo e mondo: Dio, ovvero il  senso dell’essere; l’uomo, ovvero lo scopo e i modi della vita; il mondo, ovvero la natura.La  specificità della crisi della nostra civiltà è data dal fatto che la credibilità di queste tre idee si è  consumata, soprattutto l’idea di Dio. Consapevole di ciò, con questa relazione intendo dare qualche  spunto per ripensare Dio, e da qui l’uomo e il mondo. Dicendo “Padre nostro che sei in terra” intendo contrastare l’idea tradizionale secondo cui noi  siamo da una parte e Dio da un’altra, come sembra dall’incipit della preghiera insegnata da Gesù:  «Padre nostro che sei nei cieli». Occorre anzitutto definire la posta in gioco nel pensare Dio e la mia tesi è che essa consiste nel valore dell’uomo. Feuerbach in questo aveva ragione: «Il segreto della  teologia è l’antropologia», solo che da ciò non scaturisce per nulla la falsità della teologia. Credere  in Dio infatti equivale a intravedere un di più che l’essere umano contiene, un di più non riducibile  a ciò che chiamiamo mondo e senza il quale l’umano perderebbe la sua peculiarità. Io penso che se  gli umani sono giunti all’idea del divino è stato a causa del di più di essere che rispetto al mondo  scorgono nella vita, dimensione tradizionalmente detta mistero. Porre Dio quindi significa pensare il mondo come non compiuto in se stesso ma dotato di  trascendenza, intendendo con trascendenza la capacità del mondo di generare libertà rispetto a se  stesso. Noi infatti siamo un pezzo di mondo che può diventare libero rispetto al mondo, e questo è il fenomeno che il termine trascendenza porta al pensiero, l’auto-superamento del mondo. Spesso si  tratta solo di attimi e come tali possono sembrare illusioni, ma a proposito del valore dell’attimo  Jaspers ha scritto: «L’attimo è l’unica realtà, la realtà in generale della vita psichica; l’attimo vissuto è il fatto supremo, calore del sangue, immediatezza, vita, presente che è corpo, totalità del reale,  l’unica vera cosa concreta... l’uomo trova l’esistenza e l’assoluto nell’attimo... passato e futuro  sono abissi oscuri e informi, tempo indefinito, laddove l’attimo può essere l’abolizione del tempo,  presenza dell’eterno». Secondo la prospettiva religiosa tradizionale questi attimi in cui si supera la pesantezza del mondo  sono il segno di una dimensione fuori di noi, cui noi non potremo mai arrivare a causa del peccato  che corrompe la nostra natura, ma che ci viene consegnata dalla rivelazione divina trasmessa dalla  Chiesa. Io al contrario penso che essi siano il segno della nostra vera natura, la natura della nostra  natura, il più raffinato lavoro del mondo che così supera se stesso e rimanda al di là. Per me quindi  il momento decisivo non è entrare in contatto con un Dio altrimenti inaccessibile tramite la Parola  della rivelazione trasmessa dalla Chiesa, ma è un’operazione sulla nostra interiorità perché si svegli  a questa presenza. Ha scritto Agostino: «Non uscire fuori di te, rientra in te stesso, la verità abita nel profondo dell’uomo». Dio abita nel profondo dell’uomo come nel profondo di ogni essere, e per questo è pensabile anche  come una sfera che ci avvolge e dentro cui viviamo, come l’atmosfera, la sfera dell’Atman, termine  sanscrito che sta per “anima” e che coincide con l’essenza divina detta Brahman. Interiorità ed  esteriorità vengono così superate e in questo superamento della separazione ci si sveglia alla  presenza divina in tutte le cose. Anche Gesù pensava la presenza divina come non limitata agli spazi cosmici? Credo di sì, non solo perché altrimenti non avrebbe detto «il regno di Dio è dentro di voi», ma anche perché probabilmente neppure disse «che sei nei cieli» riferendosi al Padre, dato che  questa è un’aggiunta di Matteo come appare dal fatto che in Luca la preghiera di Gesù dice  semplicemente: «Padre, sia santificato il tuo nome». Ne viene che per cogliere veramente ciò che è  in gioco nell’essenza divina occorre accostare mentalmente al tradizionale «che sei nei cieli» la  formula «che sei in terra». Forse così si inizierà a comprendere quanto affermava Jung dicendo che  «il mysterium magnum è radicato principalmente nell’anima umana».


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Il teologo Vito Mancuso GENOVA - "Ti do un fiorino se mi dici dove abita Dio. E io ti do due ..