Il profeta non è uno che predice l’avvenire.
Il profeta è colui che dice la verità perché è in contatto con Dio
e cioè si tratta della verità valida per oggi che naturalmente illumina anche il futuro.
Pertanto non si tratta di predire l’avvenire nei suoi dettagli,
ma di rendere presente in quel momento la verità divina
e di indicare il cammino da prendere.
Alla fine del Deuteronomio, Mosè viene presentato come profeta
e si presenta lui stesso come tale.
Egli annunzia a Israele: "Dio ti invierà un profeta come me".
Mosè parlava con Dio come con un amico.
In questo "faccia a faccia con Dio", nel "conversare con Lui come con un amico"
si vede il nocciolo o la radice della vera essenza profetica.
Solo in virtù di questo diretto incontro con Dio, il profeta può parlare nella storia di Israele.
Il profeta è chiamato a soffrire in un modo specifico:
l’essere pronto a soffrire e a condividere la Croce di Cristo
è la pietra di verifica della sua autenticità.
Il profeta non cerca mai di imporre se stesso.
Il suo messaggio viene verificato e reso fertile dalla Croce.
Card. J. Ratzinger
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Dal Vangelo secondo Luca 6,20-26.
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.
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Dove siamo, chi siamo? La nostra vita è nascosta nel Cielo con Cristo, oppure siamo prigionieri della terra? Siamo creature nuove oppure vecchie? Uomini celesti o carnali? Cristiani o pagani? Si fa presto a discernerlo: le parole delle beatitudini stanno parlando di te? Ti senti "beato"? Nella totale "povertà" stai sperimentando la pienezza della vita che non muore? Per un cristiano, infatti, tutto, eccetto il peccato, è "a causa del Figlio dell'uomo": nella sua vita tutto accade perché possa vivere come un profeta autentico che annuncia la Verità dell'amore agli uomini che hanno perduto il Cielo. Tutto accade perché appaia la beatitudine del profeta che, come Mosè, vive già nel Cielo dell'amicizia con Dio, e per questo può annunciare l'unica parola che interpreta la realtà alla luce della misericordia di Dio compiuta nel Mistero Pasquale del suo Figlio che, denunciando e smentendo la menzogna del demonio, indica agli uomini il cammino di ritorno al Cielo, profetizzando il Destino autentico che Gesù ha preparato per tutti. I discepoli di Gesù sono poveri, affamati, piangono ogni giorno lacrime abbondanti tra insulti e rifiuti, perché in loro vive Cristo e la loro vita è una profezia del Cielo che contesta la vita di chi ancora appartiene alla terra. I pagani vivono della "ricompensa" terrena e carnale destinata ad esaurirsi, per questo non riescono a sopportare i profeti che annunciano la ricompensa celeste. Non conoscono il Cielo e la "beatitudine" in esso preparata per chi crede alla predicazione, si incammina nella Chiesa, e diviene un cristiano, un discepolo di Cristo. Per questo i "guai" di Gesù sono oggi rivolti a noi, chiamati ad essere suoi profeti autentici. "Guai" se perdessimo il sapore tornando ad essere mondani! "Guai" - termine che in ebraico esprime un lamento funebre - perché la vita del mondo è falsa, pura apparenza di chi è morto dentro perché schiavo del peccato. Allora, basta combattere per farci "ricchi", per "non avere fame e non piangere"; basta brigare e sforzarci al limite delle possibilità perché "tutti parlino bene di noi", ci accettino e così ci nascondano la morte che, ineluttabile, si avvicina. Basta, non ne abbiamo abbastanza dei "guai" che invadono le nostre giornate? Della "ricchezza" effimera che ci fa egoisti e diffidenti, delle "risate" superficiali e beffarde che ci lasciano più tristi e soli, della "sazietà" che ci affama sempre di più, della stima falsa che abbiamo conquistato a forza di ipocrisie? Basta perché Gesù si è fatto povero, ha avuto fame, ha pianto, il suo Nome è stato insultato per strapparci alla maledizione del peccato! Ed è risorto per farci "beati" della sua beatitudine.