domenica 25 maggio 2014

Celebrazione ecumenica al Santo Sepolcro. Omelia di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I




Celebrazione ecumenica al Santo Sepolcro. Omelia di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]

«Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto» (Mt 28,5-6).
Vostra Santità e amato fratello in Cristo,
Vostra Beatitudine Patriarca della Città Santa di Gerusalemme, amatissimo fratello econcelebrante nel Signore,
Vostre Eminenze, Vostre Eccellenze, e molto reverendi rappresentanti delle Chiese e delle confessioni cristiane,
Stimati fratelli e sorelle,
È con timore, emozione e rispetto che noi ci troviamo davanti al “luogo dove il Signore giacque”, la vivificante tomba dalla quale è emersa la vita. e noi rendiamo gloria a Dio misericordioso, che ha reso degni noi, Suoi indegni servi, della suprema benedizione di farci pellegrini nel luogo in cui si è rivelato il mistero della salvezza del mondo. «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo» (Gen 28,17).
Siamo venuti qui come la donna che porta la mirra il primo giorno della settimana «per vedere il sepolcro» (Mt 28,1), e anche noi come le donne ascoltiamo l’esortazione angelica : «Non abbiate paura».Togliete dai vostri cuori ogni paura, non esitate, non disperate. Questa tomba irradia messaggi di coraggio, speranza e vita.
Il primo e più grande messaggio che scaturisce da questo sepolcro vuoto è che la morte, questo nostro “ultimo nemico” (cfr1Cor15,26), fonte di ogni paura e di ogni passione, è stato sconfitto; essa non detiene più la parola finale nella nostra vita. È stata vinta dall’amore, da Lui, che volontariamente ha accettato di patire la morte per amore degli altri. Ogni morte per amore, per amore dell’altro, è trasformata in vita, vera vita. «Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte e a quelli che giacevano nella tomba Egli ha concesso la vita».
Non si abbia allora paura della morte; non si abbia paura neppure del male, nonostante qualsiasi forma possa assumere nella nostra vita. La Croce di Cristo si è addossata tutte le frecce del male: l’odio, la violenza, l’ingiustizia, il dolore, l’umiliazione – qualsiasi cosa sofferta dai poveri, dalle persone fragili, dagli oppressi, dagli sfruttati, dagli emarginati e dagli afflitti in questo mondo. Comunque sia chiaro: chiunque, come nel caso di Cristo, è crocifisso in questa vita, vedrà seguire la risurrezione alla croce; l’odio, la violenza e l’ingiustizia non hanno futuro, che invece appartiene alla giustizia, all’amore e alla vita. Perciò si dovrebbe lavorare per questo fine con tutte le risorse disponibili, risorse d’amore, di fede e di pazienza.
Cionondimeno, vi è un altro messaggio che promana da questa venerabile tomba, dinanzi alla quale ci troviamo in questo momento. È il messaggio che la storia non può essere programmata, che l’ultima parola nella storia non appartiene all’uomo, ma a Dio. Le guardie del potere secolare hanno sorvegliato invano questa tomba. Invano hanno posto una gran pietra a chiusura dell’ingresso cosicché nessuno potesse farla rotolare via. Sono vane le strategie di lungo termine dei poteri mondani e a ben vedere, tutto è contingente di fronte al giudizio e alla volontà di Dio. Qualsiasi sforzo dell’umanità contemporanea di modellare il suo futuro autonomamente e senza Dio è una vana presunzione.
Infine, questa tomba sacra ci invita a respingere un altro timore che forse è il più diffuso nella nostra era moderna, vale a dire la paura dell’altro, del diverso, la paura di chi aderisce ad un’altra fede, un’altra religione o un’altra confessione. In molte delle nostre società contemporanee rimangono tuttora diffuse le discriminazioni razziali e altre forme di discriminazione; ciò che è ancora peggio è che esse permeano frequentemente persino la vita religiosa delle persone. Il fanatismo religioso minaccia ormai la pace in molte regioni del globo, dove lo stesso dono della vita viene sacrificato sull’altare dell’odio religioso. Davanti a tale situazione, il messaggio che promana dalla tomba che dà la vita è urgente e chiaro: amare l’altro, l’altro con le sue differenze, chi segue altre fedi e confessioni. Amarli come fratelli e sorelle. L’odio conduce alla morte, mentre l’amore «scaccia il timore» (1Gv 4,18) e conduce alla vita.
Santità, 
Cari amici,
cinquant’anni fa, due grandi guide della Chiesa, il Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora, scacciarono il timore, scacciarono via da sé il timore che aveva prevalso per un millennio, una paura che mantenne le due antiche Chiese, quella occidentale e quella orientale, a distanza l’una dall’altra, qualche volta addirittura costituendosi gli uni contro gli altri. Invece, da quando si sono posti davanti a questo spazio sacro, essi hanno mutato la paura nell’amore. E così siamo qui con Sua Santità Papa Francesco, come loro successori, seguendo le loro orme e onorando la loro eroica iniziativa. Ci siamo scambiati un abbraccio d’amore, per continuare il cammino verso la piena comunione nell’amore e nella verità (cfrEf4,15) affinché «il mondo creda» (Gv 17,21), poiché nessun altra via conduce alla vita eccetto la via dell’amore, della riconciliazione, della pace autentica e della fedeltà alla Verità.
Questo è il cammino che tutti i cristiani sono chiamati a seguire nelle loro relazioni reciproche – a qualsiasi Chiesa o confessione appartengano – con ciò fornendo un esempio per il mondo intero. La strada può essere lunga e faticosa; davvero a qualcuno può alle volte apparire un impasse. Comunque è l’unica via che porta all’adempimento della volontà del Signore che «tutti siano una sola cosa» (Gv17,21). È questa divina volontà che ha aperto la strada percorsa dalla guida della nostra fede, il nostro Signore Gesù Cristo, crocifisso e risorto in questo luogo santo. A Lui appartiene la gloria e il potere, in unità col Padre e lo Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen.
«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio» (1Gv4,7).
Francese
« Soyez sans crainte, vous. Je sais que vous cherchez Jésus, le crucifié. Il n’est pas ici, car il est ressuscité, comme il l’avait dit ; venez voir l’endroit où il gisait » (Mt 28, 5-6)
Sainteté et cher frère bien-aimé en Christ,
Béatitude, Patriarche de la Cité sainte de Jérusalem, frère bien-aimé et concélébrant dans le Seigneur,
Éminences, Excellences, Très révérends représentants des Églises et confessions chrétiennes,
Frères et sœurs estimés,
C’est avec révérence, émotion et
Nous sommes venus comme les femmes myrrhophores, le premier jour de la semaine, « voir le sépulcre » (Mt 28,1), et nous aussi, comme elles, entendons l’exhortation de l’ange : « Soyez sans crainte. » Faites disparaître de vos cœurs toute peur, n’hésitez pas, ne désespérez pas. Ce tombeau rayonne d’un message de courage, d’espérance et de vie.
Le premier et le plus grand message de ce sépulcre vide est que la mort, notre « dernier ennemi » (cf. 1 Co 15,26), la source de toute peur et de toute passion, a été conquise. Elle n’a plus le dernier mot dans notre vie. Elle a été vaincue par l’amour, par celui, qui a volontairement accepté d’endurer la mort pour le bien des autres. Chaque mort pour autrui est transformée en vie, en vraie vie. « Le Christ est ressuscité des morts, par la mort il a vaincu la mort, à ceux qui sont dans les tombeaux il a donné la vie. »
Ne craignez plus la mort, et ne craignez pas non plus le mal, quelle que soit la forme qu’il prenne dans votre vie. La croix du Christ a attiré sur elle toutes les flèches du mal : haine, violence, injustice, souffrance, humiliation – tout ce que les pauvres, les vulnérables, les opprimés, les exploités, les marginalisés et le déshonorés de notre monde ont souffert. Rassurez-vous, cependant – vous tous qui êtes crucifiés en cette vie — à l’image du Christ, la résurrection suit la croix. La haine, la violence et l’injustice sont sans futur, ce dernier appartenant à la justice, à l’amour et à la vie. Par conséquent, vous devez œuvrer à cette fin à partir de toutes les ressources que vous trouverez dans l’amour, la foi et la patience.
Néanmoins, il existe un autre message qui émane de ce vénérable tombeau, devant lequel nous nous tenons en ce moment. Ce message déclare que l’histoire ne peut pas être programmée, que le dernier mot dans l’histoire n’appartient pas à l’homme, mais à Dieu. En vain, les gardes du pouvoir séculier se sont tenus devant le tombeau. En vain, ont-ils placé une large pierre à l’entrée du tombeau afin que personne ne puisse la déplacer. Vaines sont les stratégies à long terme du monde des puissants – tout est finalement subordonné au jugement et à la volonté de Dieu. Tous les efforts de l’humanité contemporaine à façonner son futur individuellement et sans Dieu constituent une gloire vaine.
Enfin, ce saint tombeau nous invite à rejeter une autre forme de peur qui est sans doute la plus répandue à notre époque moderne : à savoir, la peur de l’autre, la peur de la différence, la peur du croyant d’une autre religion ou d’une autre confession. Toutes les formes de discrimination, qu’elles soient raciales ou autres, se sont répandues à l’intérieur de nombre de nos sociétés contemporaines. Le pire réside dans le fait que ces formes de discrimination s’insinuent fréquemment jusque dans la vie spirituelle des personnes. Le fanatisme religieux menace déjà la paix dans de nombreuses régions du globe, où le don même de la vie est sacrifié sur l’autel de la haine religieuse. Face à de telles conditions, le message du tombeau vivifiant est urgent et clair : aimer l’autre et sa différence, aimer les croyants d’autres religions et d’autres confessions. Aimez-les comme des frères et sœurs. La haine mène à la mort, tandis que l’amour « jette dehors la crainte » (1 Jn 4,18) et mène à la vie.
Chers amis,
Il y a cinquante ans, deux grands primats de l’Eglise, les feus pape Paul VI et patriarche œcuménique Athénagoras ont jeté dehors notre crainte, ils ont rejeté loin d’eux la crainte qui avait prévalu pendant un millénaire, une crainte qui avait tenu à distance les deux anciennes Églises, d’Occident et d’Orient, parfois même les opposant l’une à l’autre. Au lieu de cela, comme ils se tenaient devant ce lieu saint, ils ont changé la crainte en amour. Et nous voici donc avec Sa Sainteté le pape François, comme leurs successeurs, suivant leurs pas et honorant leur initiative héroïque. Nous avons échangé un baiser d’amour, même si nous continuons sur le chemin vers la pleine communion l’un avec l’autre en amour et en vérité (Ep 4,15) afin que « le monde croie » (Jn17,21) qu’aucun autre chemin ne mène à la vie à l’exception de la voie de l’amour, de la réconciliation, de la paix véritable et de la fidélité à la vérité.
C’est le chemin que tous les chrétiens sont appelés à suivre dans leur relation entre eux – quelle que soit l’église ou la confession à laquelle ils appartiennent – apportant ainsi un exemple pour le reste du monde. Le chemin peut être long et difficile, il peut même paraître à certains comme une impasse. C’est le seul chemin, cependant, qui mène à l’accomplissement de la volonté du Seigneur que « [ses disciples] soient un. » (Jn 17,21) C’est la volonté divine qui a ouvert le chemin parcouru par le maître de notre foi, notre Seigneur Jésus-Christ, qui a été crucifié et est ressuscité en ce saint lieu. À lui la gloire et la force, avec le Père et le Saint-Esprit, pour les siècles des siècles. Amen.
« Mes bien-aimés, aimons-nous les uns les autres, car l’amour vient de Dieu. » (1 Jn 4,7)
Inglese
“Do not be afraid; for I know that you seek Jesus who was crucified. He is not here; for he has risen, as He said. Come, see the place where the Lord lay.” (Matt. 28.5-6)
Your Holiness and dearly beloved brother in Christ,
Your Beatitude Patriarch of the Holy City of Jerusalem, much loved brother and concelebrant in the Lord,
Your Eminences, Your Excellencies, and very reverend representatives of the Christian churches and confessions,
Esteemed brothers and sisters,
It is with awe, emotion and respect that we stand before “the place where the Lord lay,” the life-giving tomb from which life emerged. And we offer glory to the all-merciful God, who rendered us, His unworthy servants, worthy of this supreme blessing to become pilgrims in the place where the mystery of the world’s salvation transpired. “How awesome is this place! This is none other than the house of God, and this is the gate of heaven.” (Gen. 28.17)
We have come as the myrrh-bearing women, on the first day of the week, “to see the sepulcher” (Matt. 28.1), and we too, like they, hear the angelic exhortation: “Do not be afraid.” Remove from your hearts every fear; do not hesitate; do not despair. This Tomb radiates messages of courage, hope and life.
The first and greatest message from this empty Sepulcher is that death, “this last enemy” of ours (see 1 Cor. 15.26), the source of all fears and passions, has been conquered; it no longer holds the final word in our life. It has been overcome by love, by Him, who voluntarily accepted to endure death for the sake of others. Every death for the sake of love, for the sake of another, is transformed into life, true life. “Christ is risen from the dead, by death trampling down death, and to those in the tombs He has granted life.”
Do not, then, be afraid of death; but do not also be afraid of evil, despite any form that this might assume in our life. The Cross of Christ amassed all the arrows of evil: hatred, violence, injustice, pain, humiliation – everything that is suffered by the poor, the vulnerable, the oppressed, the exploited, the marginalized and the disgraced in our world. However, rest assured – all of you who are crucified in this life – that, just as in the case of Christ, the Resurrection follows the cross; that hatred, violence and injustice have no prospect; and that the future belongs to justice, love and life. Therefore, you should work toward this end with all the resources that you have in love, faith and patience.
Nonetheless, there is another message that emanates from this venerable Tomb, before which we stand at this moment. This is the message that history cannot be programmed; that the ultimate word in history does not belong to man, but to God. In vain did the guards of secular power watch over this Tomb. In vain did they place a very large stone against the door of the Tomb, so that none could roll it away. In vain are the long-term strategies of the world’s powerful – everything is eventually contingent upon the judgment and will of God. Every effort of contemporary humanity to shape its future alone and without God constitutes vain conceit.
Lastly, this sacred Tomb invites us to shed another fear that is perhaps the most prevalent in our modern age: namely, fear of theother, fear of the different, fear of the adherent of another faith, another religion, or another confession. Racial and all other forms of discrimination are still widespread in many of our contemporary societies; what is worst is that they frequently even permeate the religious life of people. Religious fanaticism already threatens peace in many regions of the globe, where the very gift of life is sacrificed on the altar of religious hatred. In the face of such conditions, the message of the life-giving Tomb is urgent and clear: love the other, the different other, the followers of other faiths and other confessions. Love them as your brothers and sisters. Hatred leads to death, while love “casts out fear” (1 John 4.18) and leads to life.
Dear friends,
Fifty years ago, two great church leaders, the late Pope Paul VI and Ecumenical Patriarch Athenagoras, cast out fear; they cast away from themselves the fear which had prevailed for a millennium, a fear which had kept the two ancient Churches, of the West and East, at a distance from one another, sometimes even setting them up against each other. Instead, as they stood before this sacred space, they exchanged fear with love. And so here we are with His Holiness Pope Francis, as their successors, following in their footsteps and honoring their heroic initiative. We have exchanged an embrace of love, even as we continue along the path toward full communion with one another in love and truth (Eph. 4.15) in order “that the world may believe” (John 17.21) that no other way leads to life except the way of love, reconciliation, genuine peace and fidelity to the Truth. 
This is the way that all Christians are called to follow in their relations among themselves – whatever church or confession they belong to – thereby providing an example for the rest of the world. The way may be long and arduous; indeed, to some it may occasionally seem like an impasse. However, it is the only way that leads to the fulfillment of the Lord’s will “that [His disciples] may be one.” (John 17.21) It is this divine will that opened the way traveled by the leader of our faith, our Lord Jesus Christ, who was crucified and resurrected in this holy place. To Him belong glory and might, together with the Father and the Holy Spirit, to the ages of ages. Amen.
“Beloved, let us love one another; for love is of God.” (1 John 4.7)
Spagnolo
“No tengan miedo, ya sé que buscan a Jesús el crucificado. No está aquí: ha resucitado, como había dicho. Vengan a ver el sitio donde yacía” (Mt 28,5-6).
Santidad y amado hermano en Cristo,
Beatitud, Patriarca de la Ciudad Santa de Jerusalén, muy querido hermano y concelebrante en el Señor,
Eminencias, Excelencias, y muy reverendos representantes de diversas iglesias y confesiones cristianas,
Queridos hermanos y hermanas:
Con admiración, emoción y veneración, nos encontramos ante “el lugar donde yacía” el Señor, el sepulcro vivificantedel que resurgió la vida. Y glorificamos al Dios misericordioso, que nos ha hecho dignos a nosotros, sus siervos inútiles, de esta sublime bendición de peregrinar a este lugar donde se realizó el misterio de la salvación del mundo. “Qué terrible es este lugar: no es sino la casa de Dios y la puerta del cielo” (Gn 28,17).
Hemos venido “a ver el sepulcro” (Mt 28,1), como las mujeres que llevaban mirra el primer día de la semana, y también nosotros, como ellas, escuchamos la exhortación del Ángel: “No tengan miedo”. Quiten todo temor de sus corazones, no duden, no desesperen. Esta Tumba irradia un mensaje de ánimo, de esperanza y de vida.
El primer mensaje y el más grande que sale de este Sepulcro vacío es que la muerte, nuestro “último enemigo” (cf. 1 Co 15,26), la fuente de todos los miedos y pasiones, ha sido vencida; ya no tiene la última palabra en nuestra vida. Ha sido derrotada por el amor, por Aquel que voluntariamente aceptó someterse a la muerte por los demás. Toda muerte a causa del amor, a causa de otro, se transforma en vida, en vida verdadera. “Cristo ha resucitado de los muertos, por la muerte, la muerte hollando; y a los que están en las tumbas la vida dando”.
Así pues, no teman a la muerte, pero no tengan tampoco miedo al mal, independientemente de la forma en que se presente en nuestra vida. En la Cruz de Cristo confluyeron todas las asechanzas del mal: odio, violencia, injustica, dolor, humillación –todo lo que sufren los pobres, los indefensos, los oprimidos, los explotados, los marginados y los ultrajados en nuestro mundo–. Sin embargo, tengan por cierto, todos los que son crucificados en esta vida, que, igual que en el caso de Cristo, la Resurrección sigue a la Cruz; que el odio, la violencia y la injustica no tienen ninguna salida; y que el futuro es de la justicia, del amor y de la vida. Por eso, hay que empeñarse en este sentido con todos los medios posibles de amor, fe y paciencia.
Además, hay otro mensaje que surge de esta venerable Tumba, ante la que nos encontramos en este momento. Es el mensaje de que no se puede programar la historia; que la última palabra de la historia no pertenece al hombre, sino a Dios. En vano vigilaron los guardias del poder secular esta Tumba. En vano colocaron una piedra muy grande bloqueando la puerta de la Tumba, para que nadie pudiera moverla. En vano hacen sus estrategias a largo plazo los poderosos de este mundo – todo está supeditado en último término al juicio y a la voluntad de Dios. Todo intento de la humanidad contemporánea de programar el futuro por su cuenta, sin contar con Dios, constituye una vana presunción.
Finalmente, esta Tumba sagrada nos invita a vencer otro miedo que es quizás el más extendido en nuestra época moderna: el miedo al otro, el miedo a lo diferente, el miedo al que sigue otro credo, otra religión u otra confesión. La discriminación racial o de cualquier otro tipo está todavía generalizada en muchas de nuestras sociedades contemporáneas; y lo peor es que frecuentemente incluso impregna la vida religiosa de los pueblos. El fanatismo religioso amenaza la paz en muchas regiones de la tierra, donde incluso el don de la vida es sacrificado en el altar del odio religioso. En estas circunstancias, el mensaje de la tumba vivificante es urgente y claro: amor al otro, al diferente, a los seguidores de otros credos y de otras confesiones. Amarlos como a hermanos y hermanas. El odio lleva a la muerte mientras que el amor “expulsa el temor” (1 Jn 4,18) y conduce a la vida.
Queridos amigos:
Hace 50 años que dos grandes líderes, el Papa Pablo VI y el Patriarca Ecuménico Atenágoras, expulsaron el miedo; se liberarondel miedo que había prevalecido durante un milenio, un miedo que había mantenido las dos antiguas Iglesias, de Occidente y de Oriente, lejos una de otra, a veces incluso enfrentadas la una a la otra.Encontrándose en este lugar sagrado, cambiaron miedo por amor. Como sucesores suyos, siguiendo sus huellas y conmemorando su heroica iniciativa, aquí nos encontramos con con Su Santidad el Papa Francisco.Hemos intercambiado un abrazo de amor, si bien nuestro camino hacia la plena comunión en el amor y en la verdad (Ef 4,15) continúa, “para que el mundo crea” (Jn 17,21) que no hay otro camino para la vida sino el camino del amor, la reconciliación, la paz auténtica y la fidelidad a la Verdad.
Éste es el camino que todos los cristianos están llamados a seguir en sus mutuas relaciones –independientemente de la confesión a la que pertenezcan-, dando ejemplo al resto del mundo. El camino puede ser largo y arduo, incluso a veces puede parecer un callejón sin salida. Sin embargo, es el único camino que conduce al cumplimiento de la voluntad de Dios que quiere “que [sus discípulos] sean uno” (Jn 17,21). Esta voluntad divina abrió el camino recorrido por el guía de nuestra fe, nuestro Señor Jesucristo, que fue crucificado y resucitó en este lugar santo. A Él la gloria y el poder, con el Padre y el Santo Espíritu, por los siglos de los siglos. Amén.
“Queridos, amémonos los unos a los otros, ya que el amor es de Dios” (1 Jn 4,7)
Portoghese
«Não tenhais medo! Sei que buscais Jesus, o crucificado; não está aqui, pois ressuscitou, como tinha dito. Vinde, vede o lugar onde jazia» (Mt 28, 5-6).
Sua Santidade e irmão ternamente amado em Cristo,
Sua Beatitude Patriarca da Cidade Santa de Jerusalém, irmão e concelebrante muito amado no Senhor, 
Eminências, Excelências e Reverendíssimos Representantes das Igrejas e Confissões Cristãs, 
Amados irmãos e irmãs!
É com reverência, emoção e respeito que nos encontramos diante do «lugar onde jazia» o Senhor, o Túmulo vivificante donde a vida emergiu. E damos glória a Deus todo-misericordioso por nos ter considerado, a nós seus servos inúteis, dignos desta bênção suprema de nos fazer peregrinos do lugar onde o mistério da salvação do mundo se deu a conhecer. «Que terrível é este lugar! Aqui é a casa de Deus, aqui é a porta do céu» (Gen 28,17).
Viemos como as mulheres portadoras de mirra, no primeiro dia da semana, «visitar o sepulcro» (Mt 28, 1) e, como elas, também nós ouvimos a exortação angélica: «Não tenhais medo». Afastai dos vossos corações todo o medo; não hesiteis; nem desespereis. Este Túmulo esparge mensagens de coragem, esperança e vida.
A primeira e a maior mensagem deste Sepulcro vazio é que a morte, o nosso «último inimigo» (cf. 1 Cor 15, 26), a origem de todos os medos e angústias, foi dominada; já não detém a palavra final na nossa vida. Foi superada pelo amor, por Aquele que voluntariamente aceitou suportar a morte em benefício dos outros. Toda a morte em benefício do amor, em benefício de outrem transforma-se em vida, vida verdadeira. «Cristo ressuscitou dos mortos; com a morte subjugou a morte e, a quantos estão nos túmulos, concedeu a vida».
Então, não se deve ter medo da morte. Mas, não se deve ter medo também do mal, seja qual for a forma que possa assumir na nossa vida. A Cruz de Cristo acumulou todas as flechasdo mal: o ódio, a violência, a injustiça, a dor, a humilhação – tudo o que é suportado pelos pobres, os mais vulneráveis, os oprimidos, os explorados, os marginalizados e os desgraçados do nosso mundo. Todavia estai certos – todos vós que estais crucificados nesta vida –de que à cruz, precisamente como no caso de Cristo, segue-se a Ressurreição; que o ódio, a violência e a injustiça não oferecem qualquer perspectiva; o futuro pertence à justiça, ao amor e à vida. Portanto, deveis trabalhar para este fim, com todos os recursos que tendes de amor, fé e paciência.
No entanto, há outra mensagem que emana deste Túmulo venerável, diante do qual nos encontramos neste momento. E a mensagem é esta: a história não pode ser programada; na história, a última palavra não pertence ao homem, mas a Deus. Em vão,foram postas as guardas do poder secular a vigiar este Túmulo. Em vão, colocaram um pedra enorme contra a entrada do Túmulo para que ninguém a pudesse fazer rolar de lá. Em vão,os poderosos deste mundo fazem as suas estratégias a longo prazo, pois eventualmente tudose mostra contingente em vista do julgamento e da vontade de Deus. Todo o esforço da humanidade contemporânea por moldar, sozinha e sem Deus, o seu futuro é vanglória.
Por último, este Túmulo sagrado convida-nos a lançar fora outro medo que é talvez o mais difuso na nossa era moderna, a saber, medo do outro, medo do que é diferente, medo do seguidor de outra fé, de outra religião, ou de outra confissão. O racismo e todas as outras formas de discriminação estão ainda espalhados em muitas das nossas sociedades contemporâneas; o pior é que, frequentemente, permeiam também a vida religiosa das pessoas. O fanatismo religioso já ameaça a paz em muitas regiões do globo, onde o próprio dom da vida é sacrificado no altar do ódio religioso. Em face de tais condições, a mensagem do Túmulo vivificante é urgente e clara: ama o outro, o que é diferente dos demais, os seguidores de outras religiões e de outras confissões. Ama-os como teus irmãos e irmãs. O ódio leva à morte, enquanto o amor «lança fora o medo» (1 Jo 4, 18) e leva à vida.
Queridos amigos!
Cinquenta anos atrás, dois grandes lídereseclesiais, o Papa Paulo VI e o Patriarca Ecuménico Atenágoras, lançaram fora o medo; lançaram para longe deles mesmos o medo que prevalecera por um milénio, um medo que mantivera as duas antigas Igrejas, do Ocidente e do Oriente, distantes uma da outra, colocando-se às vezes até mesmo uma contra a outra. Em vez disso, encontrando-se eles diante deste espaço sagrado, trocaram o medo pelo amor. E assim estamos aqui nós com Sua Santidade o Papa Francisco, como seus sucessores, seguindo os seus passos e honrando a sua iniciativa heróica. Trocamos um abraço de amor, mesmo se continuamos a caminhar rumo à plena comunhão de um com o outro no amor e na verdade (Ef 4, 15), a fim de que «o mundo creia» (Jo 17, 21) que nenhuma outra senda conduz à vida senão o caminho do amor, da reconciliação, da paz verdadeira e da fidelidade à Verdade. 
Este é o caminho que todos os cristãos são chamados a seguir nas suas relações mútuas – qualquer que seja a Igreja ou Confissão a que pertençam – oferecendo assim um exemplo ao resto do mundo. O caminho pode ser longo e árduo; com efeito, para alguns, pode às vezes parecer uma estrada sem saída. Contudo é o único caminho que leva ao cumprimento da vontade do Senhor: «que todos [os seus discípulos] sejam um só» (Jo 17, 21). Esta é a vontade divina que abriu o caminho percorrido pelo líder da nossa fé, nosso Senhor Jesus Cristo, que foi crucificado e ressuscitou neste lugar sagrado. A Ele pertence a glória e poder, juntamente com o Pai e o Espírito Santo, pelos séculos dos séculos. Amen.
«Caríssimos, amemo-nos uns aos outros, porque o amor vem de Deus» (1 Jo 4, 7).