mercoledì 7 maggio 2014

I cristiani in Medio Oriente e “l'opzione giordana”

cattolici ad Amman

Con la visita di Papa Francesco, Re Abdallah rilancia il suo piano: è interesse dell'Islam difendere i cristiani arabi dalle insidie che minacciano la loro permanenza in tutta l'area mediorientale

GIANNI VALENTE


Mancano ancora più di due settimane all'arrivo di Papa Francesco, e le strade di Amman già traboccano di manifesti che annunciano la visita del vescovo di Roma in Giordania. Una solerzia rivelatrice: nel quarto viaggio compiuto dal vescovo di Roma in Terra Santa, la tappa nel Regno Hascemita non sarà certo un atto dovuto  di cortesia protocollare. Per Re Abdallah II la venuta del Successore di Pietro giunto dall'Argentina è un momento chiave per riaffermare il ruolo positivo e strategico che la Giordania intende giocare nel Medio  Oriente insanguinato dai conflitti settari. Per il bene di tutti, a partire dai cristiani.

Lo scorso 7 aprile il Re di Giordania ha viaggiato  da Amman a Roma e ritorno soltanto per passare una quarantina di minuti con Papa Francesco. La conversazione è avvenuta sorseggiando un thè nel salone al piano terra della Domus Sanctae Marthae. Una visita singolare, se si pensa che Re Abdallah insieme alla moglie Rania era già stato ricevuto da Bergoglio pochi mesi prima, alla fine di agosto 2013. Segno che Abdallah aveva intenzione di comunicare al Papa qualcosa di importante, nella prospettiva dell’imminente pellegrinaggio papale in Terra Santa.

Il giovane monarca, fin dal suo primo incontro, è rimasto impressionato da Papa Francesco. Di ritorno da Roma ha confidato di non aver mai incontrato una persona così nei tanti incontri ufficiali della sua vita. Al protocollo del suo Paese ha dato disposizione di non porre nessuna condizione e di realizzare senza riserve tutti i voleri del Papa. «Ai suoi collaboratori» confida a Vatican Insider Maroun Lahham, arcivescovo di rito latino a Amman «ha detto: l'unica cosa importante è che il Papa celebri una messa per i nostri cristiani». Come ha spiegato il sacerdote giordano Rifat Bader su www.terrasanta.net, nel programma delle poche ore che Papa Francesco trascorrerà oltre il Giordano non è stato inserito nemmeno il classico incontro interreligioso “ufficiale” con i rappresentanti dell'Islam. Ma tanti funzionari e volontari islamici sono direttamente impegnati nella preparazione della visita papale. «Abbiamo scelto di concentrarci sul servizio al prossimo» ha spiegato Bader , «il servizio che possiamo fare insieme, cristiani e musulmani: tra i volontari e i malati che il Papa incontrerà al sito del Battesimo, ci sono anche molti musulmani. Vogliamo dare il messaggio che l’amore può abbattere i confini. Forse questo è più efficace che non parlare di dialogo in una moschea, in una chiesa o in qualche sala di un hotel a cinque stelle…».

Negli incontri avuti a Roma anche Bergoglio è rimasto colpito da re Abdallah e da sua moglie. La sintonia immediata percepita col Papa sudamericano ha incoraggiato Re Abdallah a proseguire con rinnovata energia sulla strada da lui già intrapresa da tempo: quella di proporsi come il re musulmano amico dei cristiani.

Su tale scenario, la monarchia Hascemita sta seguendo da tempo una road map dagli sviluppi imprevedibili. Nell'incontro di aprile, a conversare con Papa Francesco insieme ad Abdallah c'era anche il Principe Ghazi bin Muhammed, il rappresentante della famiglia reale da sempre al centro di tutte le mportanti iniziative di dialogo con i cristiani. Laureato in filosofia islamica presso l'Università di Al-Azhar, il principe Ghazi è stato tra i principali ispiratori delle iniziative – come la Lettera a Benedetto » dell'ottobre 2006 e la Lettera aperta ai capi delle Chiese cristiane dell’ottobre 2007 – con cui  intellettuali e leader musulmani hanno voluto rilanciare il dialogo di comprensione reciproca tra cristiani e islamici dopo i problemi seguiti alla lezione di Papa Ratzinger a Ratisbona (settembre 2006). Di recente, è stato il Principe Ghazi a patrocinare l’iniziativa più eloquente e singolare messa in campo da una dinastia musulmana sul fronte dei rapporti con i cristiani: lo scorso settembre, a Amman, i reali di Giordania hanno convocato un summit dei capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente per mettere a fuoco i tanti problemi – rapimenti, attentati, profanazioni, discriminazioni - che toccano in maniera peculiare  le vite dei battezzati nelle convulsioni che scuotono l'intera area mediorientale. Una settantina tra Patriarchi, delegati patriarcali, vescovi e sacerdoti di tutte le Chiese cristiane radicate nella regione hanno discusso per due giorni nelle diverse sessioni di studio dedicate, tra l'altro, ai recenti sviluppi della situazione in Egitto, Siria, Libano, Iraq, Palestina e Giordania.

E a convocare l’incontro è stata proprio la Monarchia Hascemita, discendente dalla famiglia del Profeta Muhammad, che rivendica la propria funzione di dinastia protettrice dei Luoghi Santi dell'Islam. L’intento dichiarato del convegno era quello ch suggerire soluzioni concrete alle emergenze che minacciano la sopravvivenza delle comunità cristiane in Medio Oriente, cos’ da «garantire. Se Dio vuole, la sicurezza e la prosperità in Medio Oriente del cristianesimo, riconosciuto come una parte indelebile e essenziale del ricco mosaico mediorientale». Nel suo intervento davanti ai partecipanti del convegno, Re  Abdallah ha detto a chiare lettere che la protezione dei cristiani nei conflitti di matrice religiosa che dilaniano il Medio Oriente «non è una questione di cortesia, ma un dovere», anche perchè «i cristiani arabi hanno esercitato un ruolo chiave nella costruzione delle società arabe e nella difesa delle giuste ragioni della nostra nazione». Il monarca hascemita ha prospettato una alleanza concreta tra cristiani e musulmani per affrontare e sconfiggere insieme le derive settarie che alimentano i conflitti in tutta la regione, e ha espresso l’impegno a collaborare «con ogni sforzo» alla custodia dell'identità araba cristiana. «Gli arabi cristiani» ha riconosciuto Re Abdallah «sono in grado di comprendere più di ogni altro l'Islam e i suoi veri valori» e per questo possono difendere l'Islam dai pregiudizi diffusi da chi «ignora l'essenza di questa fede, che predica tolleranza e moderazione e rigetta estremismo e isolazionismo». Tra i possibili terreni di collaborazione Abdallah ha riproposto anche la difesa della Città Santa come luogo di convivenza di fedi diverse: «Noi tutti» ha detto il Monarca di Giordania «abbiamo il dovere di difendere l'identità araba di Gerusalemme, e proteggere i suoi Luoghi Santi islamici e cristiani».
La Giordania non è stata travolta dai contraccolpi delle primavere arabe, anche se nel Regno Hascemita  i Fratelli Musulmani e i gruppi salafiti non hanno mai subito campagne di repressione e possono fare liberamente propaganda. Per mantenere la pacifica convivenza tra appartenenze diverse e evitare la deriva settaria, nella visione di Re Abdallah i cristiani sono necessari non solo al suo Paese – che adesso si trova a affrontare anche l’emergenza insostenibile di più di un milione di rifugiati siriani – ma a tutto il Medio Oriente. Al convegno di settembre era stato chiesto di individuare misure e proposte concrete per garantire una vita tranquilla ai battezzati nella parte del mondo dove è nato Gesù. Si può immaginare che durante o dopo la visita del Papa, Re Abdallah proverà a rendere operativi i suoi propositi. Magari proponendo da Re islamico, custode dei luoghi santi musulmani, un piano globale per tutelare la permanenza delle comunità cristiane autoctone in Medio Oriente. Superando le prospettive anguste della “sottomissione protetta” che in passato i capi delle nazioni islamiche erano disposti a concedere a cristiani e ebrei in virtù del comune riferimento a Abramo, padre di tutti i credenti. Sul poster che campeggia nelle strade di Amman si legge la scritta: «La Santa Sede e il regno Hascemita di Giordania: insieme per costruire una civiltà di pace e riconciliazione».