domenica 25 maggio 2014

Il Papa in Terra Santa: «Rispetto per l’Islam»

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La Repubblica
 
(Marco Ansaldo) C’è una Madonna che piange, lungo le rotte della guerra. Lacrime di dolore, di sgomento, di orrore rigano il volto della Vergine di Anjara. Lei piange la tragedia di un intero popolo, in questo Paese cerniera , divenuto nel tempo rifugio di quasi due milioni di profughi, palestinesi, iracheni e infine siriani in fuga dall’inferno di Aleppo, di Homs, di Damasco. I testimoni raccontano che la Madonna abbia iniziato a lacrimare poco dopo l’inizio della primavera araba, proprio quando per i cristiani, dall’Egitto alla Siria, è iniziato il calvario culminato con raccapriccianti crocifissioni. Anjara, spiega l’agenzia cattolica Zenith, è un luogo venerato dai cristiani e quelle lacrime sono state dichiarate autentiche. «Soffre con noi». Per la Chiesa sono sangue vero, sangue umano.
TRA LA FOLLA
Dicono che il patriarca Twal ne abbia parlato anche con il Papa, quando quest’ultimo, ieri pomeriggio, ha celebrato la messa ad Amman, in uno stadio che in linea d’aria si trova a pochi chilometri dal santuario delle lacrime. Francesco di certo ricordava una per una le storie strazianti che vengono narrate nelle lettere che gli giungono sul tavolo, vicende umane drammatiche, persecuzioni silenziose che restano nascoste, ignorate, dimenticate. Lo stadio strapieno lo acclama. Baba Francisco, Baba Francisco, Papa Francescoo. Lui sulla jeep scoperta, travolto felice da quest’onda vitale di entusiasmo, cerca di trasmettere fiducia e allegria, baciando bambini, accarezzando giovani, salutando con il pollice alzato gruppi colorati. Eppure il pensiero di quello che sta accadendo a milioni di infelici risuona dentro di lui come un male sordo, in sottofondo. E così non appena sceso dall’aereo, il Papa ha ricordato che una soluzione «pacifica alla crisi siriana è urgente», così come lo è «una soluzione al conflitto israelo-palestinese». «Il conflitto siriano – ammonisce – dura da troppo tempo». Poi a palazzo reale, davanti al Re, il Papa – oltre ad esprimere il suo «rispetto» e la sua «stima per la comunità mululmana» – ringrazia la Giordania per «la generosa accoglienza» in favore dei profughi. Il sovrano hascemita risponde: «Dobbiamo aiutare la Siria a riguadagnare il suo futuro con una soluzione politica pacifica. Santità, continui a sostenere palestinesi e israeliani. Lo status quo nega giustizia ai palestinesi, fa emergere la paura, paura degli altri, dei cambiamenti e questa è la via della rovina per tutti. Assieme però possiamo aiutare israeliani e palestinesi a fare passi coraggiosi per la pace la giustizia e la coesistenza». Francesco crede che sia necessario fare anche di più: «I cristiani si sentono cittadini a pieno titolo e intendono contribuire alla costruzione della società insieme ai loro concittadini musulmani». L’ultima parola che pronuncia è Salam. Pace in arabo. La città di Amman è blindata, c’è un soldato ogni cinquanta metri lungo la strada che dallo scalo aereo porta al palazzo presidenziale. Il rigore delle misure di sicurezza è tale che i militari, inizialmente, bloccano persino i bus della delegazione pontificia. Il tempo stringe, Francesco vorrebbe ascoltare ancora il canto dei bambini allo stadio, ma è costretto a ripartire verso il Giordano, per raggiungere il sito dove, secondo la tradizione, Giovanni Battista battezzò Gesù.
CON I PROFUGHI
Parte col cuore ancora pieno di dolore per milioni di esuli siriani, palestinesi e iracheni. E’ con loro che resta più a lungo, abbracciandoli, ascoltandoli in silenzio. «È una emergenza umanitaria» sussurra. Con la sua presenza asciuga tante lacrime. Le cifre orribili della guerra, la crescita dei profughi, la disperazione di famiglie senza casa sono impressionanti. Negli ultimi quattro anni si sono registrati 600 mila siriani ai quali bisogna sommare gli altri 700 mila siriani che già prima vivevano in Giordania, pari al 20 per cento della popolazione. Solo nel campo di Zakdhtumi, nel nord est del Paese, se ne concentrano circa 200 mila. Nel mese di aprile c’è stato un picco; il governo ha aperto vicino ad Amman, ad Azrakj, un campo con una capacità di 130 mila. Ma ancora non basta. Più tardi, parlando a braccio, il Papa indica come radice del male «la cupidità del denaro, delle fabbriche e delle vendite delle armi. Chi dà ai Paesi in conflitto le armi per continuare il conflitto? Dobbiamo avere una parola per questa povera gente, questi criminali, perchè si convertano».

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(a cura Redazione "Il sismografo")
Nel suo percorso in jeep dal Palazzo presidenziale di Betlemme alla Piazza della Mangiatoia, Papa Francesco ha chiesto di fermare l'automobile e per alcuni istanti è rimasto raccolto in preghiera di fronte ad un tratto del Muro che separa e divide i territori palestinesi da Israele. Il Santo Padre si è avvicinato al muro sostando in preghiera silenziosa per alcuni minuti. Poi ha toccato il muro con la fronte ed è ripartito.
Da Betlemme, Gianni Valente (La Stampa) scrive: "Papa Francesco ha toccato il Muro della Vergogna. In un clamoroso fuori programma del viaggio in Terra Santa, prima della Messa a Betlemme sulla piazza della Mangiatoia, il vescovo di Roma ha chiesto di essere portato in auto davanti a un punto della barriera di cemento che Israele sta costruendo da 2002 e che corre in buona parte sui Territori Occupati palestinesi, contro tutte le regole di legalità internazionale. Lì Papa Bergoglio ha sostato per pochi minuti in totale silenzio, circondato da un gruppo di giovani palestinesi. 

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(Andrea Tornielli) «Dio converta i violenti... La Siria ritrovi la via della pace». Papa Francesco conclude la sua prima giornata in Terra Santa a Wadi Al-Kharràr, la «valle melodiosa» dove mormorano le acque del Giordano, la località di Betania nella quale secondo un’antica (...)

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Avvenire 
(Stefania Fallasca) Il momento più significativo del viaggio di Francesco, oltre all’incontro al Santo Sepolcro con il patriarca ecumenico Bartolomeo, è certamente quello di Betlemme. È qui che si svolge l’appuntamento con tutti i fedeli della Terra Santa. Ed è stato scelto (...)

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Pizzaballa: l'incontro con Bartolomeo, una svolta   
Avvenire
 
(Stefania Falasca) Il gesto dell’incontro delle due Chiese sorelle, cattolica e ortodossa, al Santo Sepolcro è in sé un cambiamento epocale». La visita di papa Francesco in Terra Santa, spiega padre Pierbattista Pizzaballa, è caratterizzata dall’accento ecumenico. Francescano, lombardo di Cologno (...)