giovedì 11 ottobre 2012

La Nuova Evangelizzazione e il Rosario

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ROMA, giovedì, 11 ottobre 2012.- È iniziato oggi, 11 ottobre,  un Anno tutto dedicato alla Fede, nel quale siamo invitati a ripercorrere proprio le “vie della Fede”, attingendo alla inesauribile ricchezza del Catechismo e al perenne deposito della Tradizione. Non si tratta solo –come ben sappiamo- di penetrare in un ampio e organizzato complesso di verità, sapientemente articolate e sempre “affascinanti”, per la nostra intelligenza, quanto piuttosto di incontrarci con la Persona di Cristo, da riscoprire nella sua Parola, nella Grazia dei Sacramenti, nella comunione e nella carità della Chiesa. Tutto l’impegno, multiforme e faticoso, della catechesi e dell’apostolato ci riconduce a Cristo; la preghiera stessa, nelle sue vaste forme e strutture, non è che un continuo e incessante dialogo amoroso con Lui.
Il Cuore Immacolato di Maria, beata perché “ha creduto” (Lc 1,45), è la “Porta della Fede” per eccellenza: solo attraverso quel Cuore la Chiesa può pervenire a Cristo Signore ed entrare nella sua piena famigliarità, perché quella è la via da Lui percorsa per manifestarsi nella storia, per nascere come uomo a Betlemme, per compiere il primo dei “segni”, a Cana di Galilea e per custodire i suoi discepoli nella Grazia, affidandoli, dal trono della Croce, a sua Madre. È il Cuore che ha vissuto, meglio di qualunque altro, le esigenze del Vangelo e che ha fatto della Parola di Dio il solo criterio della sua vita, divenendo “esemplare”, per ogni credente e per ogni generazione. La Vergine Santa non ha avuto altro amore che Cristo e in Lui ha amato tutti, accogliendoci nello “spazio interiore” della sua anima come figli carissimi, tanto più ricercati, quanto più bisognosi e peccatori.
Il Cuore di Maria Santissima è la via certa, facilmente accessibile e percorribile, che ci riconduce sempre al Cuore stesso di Dio, perché ogni discepolo è chiamato alla contemplazione del Volto di Cristo. Questo tema, tanto caro a Giovanni Paolo II –offerto nella Nuovo Millennio Ineunte (cfr. n. 24 ss), dove parlava del Volto dolente e glorioso del Signore, il cui riverbero si coglie, nella singolarità e irripetibilità di ciascuno, sul volto dei Santi- è sviluppato anche nel primo capitolo della Rosarium Virginis Mariae.
Con quel documento, di dieci anni or sono (16 ottobre 2020), intessuto di citazioni bibliche e arricchito dagli scritti dei Santi, Giovanni Paolo II volle ribadire la stretta parentela tra il variegato e inesauribile panorama della spiritualità cristiana e la Corona del Rosario. In questa devozione si ripropongono, in una versione litanica e ripetitiva –ma proprio per questo tanto più affettuosa e colma di interiore trasporto- del saluto angelico, le verità della nostra Fede, i quadri evangelici della vita di Cristo, i misteri della nostra salvezza.
Il Rosario si rivela, ancora oggi, come strumento efficace e privilegiato per ripercorrere i passi di Gesù, per seguirne le orme (cfr. 1Pt 2), guardando al Cuore che più lo ha cercato e amato. Non si tratta di una cantilena noiosa di parole, ma dell’ingresso –per quanto limitato e approssimativo- nella vita affettiva di Maria, nel suo “immaginario”, nel suo mondo di desideri e di attese, tutto e soltanto concentrato sul Figlio Gesù.
Maria Santissima è modello per eccellenza di contemplazione. La sua vita stessa è stata “il Rosario”, quotidianamente vissuto e contemplato (cfr. RVM 11), meditato nel suo spirito e donato per sempre come tesoro di Grazia alla Chiesa; recitando la Corona, è come se varcassimo la soglia della sua intimità con Dio, come se penetrassimo, almeno un poco, nel Sacrario del suo spirito, attingendovi luce, conforto e consolazione.
Con sorprendente originalità e libertà interiore Giovanni Paolo II rilegge –nel primo capitolo della Rosarium Virginis Mariae- gli atteggiamenti della Vergine di fronte al mistero di Cristo. Il suo sguardo di Madre non nasconde la sorpresa, quando Ella non comprende fino in fondo quello che va accadendo, come nell’episodio dello smarrimento al Tempio: e pure continua a fidarsi totalmente di Dio; è uno sguardo che sa penetrare nel Cuore di Gesù, come a Cana, intercedendo per quegli sposi; che sa soffrire con Lui il dolore indicibile del Calvario e che sa essere radioso nell’alba della Risurrezione e ardente nella effusione dello Spirito, il giorno di Pentecoste.
Il Papa, lungo tutta la seconda parte del capitolo primo (§ 13-17), ci accompagna, attraverso un intenso e quasi “incalzante” percorso di ascesi e di meditazione, a ricordare Cristo con Maria, secondo il significato biblico del termine “memoria”: gli eventi del passato sono “l’oggi della salvezza”; a imparare Cristo da Maria, che, quale Madre e Maestra, ci introduce a una conoscenza sempre più profonda del mistero di suo Figlio, per penetrarne il segreto della sua Persona, umana e divina; a conformarci a Cristo con Maria: Ella ci immette in modo naturale nella vita di Cristo e ci fa come “respirare” i suoi sentimenti (RVM 15); a supplicare Cristo con Maria: il Rosario è insieme meditazione e supplica (RVM 15) e la Vergine, “onnipotente per grazia” (secondo la felice e audace espressione del beato Bartolo Longo), tutto può ottenere dal Cuore del Figlio; ad annunciare Cristo con Maria: appello quanto mai urgente, nel quadro di una rinnovata proposta del Vangelo al mondo contemporaneo, spesso indifferente e distratto, ma ancora sensibile ad ascoltare parole e testimonianze che abbiano “il sapore” della Verità.
Escludere il Rosario dalla nostra vita cristiana, dal tessuto delle nostre comunità parrocchiali o religiose, significa privarci di un valido e collaudato strumento catechetico e di evangelizzazione, oggi più che mai utile per riportare la Parola di Dio in mezzo al suo Popolo e per introdurre alla vita sacramentale.
Significa annullare l’efficacia di un’arma, potente come poche altre contro il Male. Diceva un autore: o flagelli il tuo Nemico con il Rosario o sarà Lui, inesorabilmente, a flagellarti, prima o poi.

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Ricordiamo, in questo mese di ottobre, il decimo anniversario della lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae e l’indizione dell’Anno del Rosario (ottobre 2002-ottobre 2003), con il quale Giovanni Paolo II intese “rilanciare” e promuovere questa pia pratica -sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio, al soffio dello Spirito di Dio- in tutta la Chiesa.Nell’ampia introduzione del documento, il Papa accennava alla semplicità e profondità di tale preghiera –da lui prediletta, fin dalla sua giovinezza- strumento efficace di progresso personale ed ecclesiale, sempre amata dai Santi e favorita, in diverse occasioni, dal Magistero. Essa, pur caratterizzata dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio (RVM 1). La diffidenza, talora manifestatasi verso questa devozione, non ha in realtà alcun valido fondamento: anzi, spesso, è nata da una evidente ignoranza della sua articolata struttura spirituale, della sua ricchezza evangelica e della sua innegabile carica “carismatica”. Preghiera del cuore, che riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat, essa ha la capacità di commuovere e di muovere l’affetto alla meditazione e alla contemplazione delle “cose di Dio” attraverso il Cuore della Vergine, introducendoci alla scuola di Maria e a una vera contemplazione della bellezza del volto di Cristo.
L’enciclica Supremi apostolatus officio, di Leone XIII, nel 1883 aprì una felice stagione di autorevoli pronunciamenti, attraverso i quali i Pontefici, via via, attestarono la loro stima nei confronti del Rosario e ne sollecitarono la diffusione e la fervorosa pratica. “Io stesso –confessava Giovanni Paolo II- non ho tralasciato occasione per esortare alla frequente recita del Rosario. Fin dai miei anni giovanili questa preghiera ha avuto un posto importante nella mia vita spirituale… Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto” (RVM 2).
Già diversi anni prima, nel 1978, a sole due settimane dalla sua elezione, si era così favorevolmente espresso: «Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. [...] Si può dire che il Rosario è, in un certo modo, un commento-preghiera dell’ultimo capitolo della Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa» (ibidem).
Recitare il Rosario –proseguiva la lettera- non è altro che  contemplare con Maria il volto di Cristo e offrire una ordinaria e feconda opportunità per la contemplazione personale, per la formazione del Popolo di Dio, in vista della “nuova evangelizzazione”, che tanto stava a cuore al Santo Padre: «Mi piace ribadirlo anche nel ricordo gioioso di un altro anniversario: i 40 anni dall’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962), la grande grazia predisposta dallo spirito di Dio per la Chiesa del nostro tempo» (cfr. RVM 3).
Queste parole, a un decennio di distanza –e prossimi alla celebrazione solenne del 50° anniversario del Vaticano II- risuonano ancora più attuali e impegnative che mai. Di fronte alle innegabili difficoltà della nostra epoca, alla scristianizzazione in corso ormai da tempo, alla profonda crisi morale che investe tutte le componenti della società, siamo chiamati non ad abbassare la guardia, ma, anzi, ad alzare il cuore e la mente a Dio, a chiedere luce e forza per rinnovare la nostra Fede e proporla generosamente agli uomini del nostro tempo. Il mondo, oggi, sembra possedere tutto, promette facili ricette di felicità, ma è costretto ad ammettere la sua radicale insufficienza. La devastante situazione economica, che stiamo attraversando, non è che il risvolto, tangibile e concreto, di un malessere ben più profondo e inquietante: di quella radicale povertà dell’uomo che Dio solo sa colmare e sanare. Ti si crede vivo e invece sei morto, dice l’Apocalisse … Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo (Ap. 3,1.17).
L’umile corona del Rosario, nella sua apparente fragilità e inconsistenza, è arma potente di salvezza, posta da Dio nelle nostre mani. È dono di Cielo, che riporta il cuore in alto; è consolazione dello spirito; luce e conforto nella prova, “catena di amore”, come dicono i Santi, che riconduce l’anima a Cristo, alla pratica della Fede, alla carità viva e fraterna. È supplica e intercessione che “muove” e ottiene la misericordia di Dio sulle nostre famiglie; è preghiera dei piccoli, dei semplici, che sa però illuminare le menti più eccelse, in quella mirabile fusione di “Fides et Ratio” che da duemila anni rende affascinante la proposta cristiana, perché essa sa parlare alla intelligenza e al cuore. Il Rosario non si oppone alla Liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la introduce e la riecheggia, consentendo di viverla con pienezza di partecipazione interiore, raccogliendone frutti nella vita quotidiana (RVM 4).
La “nuova evangelizzazione” passa necessariamente attraverso il Cuore Immacolato di Maria. Lei sola conosce pienamente “i segreti di Dio” e desidera ardentemente comunicarli alla Chiesa e a ogni credente. Riscopriamo il Rosario, quale tenerissima e materna via, che dispone alla Grazia e accompagna il nostro cammino, quale luce di speranza tra le insidie di questa difficile epoca.
 ( padre Mario Piatti icms,direttore del mensile “Maria di Fatima”)
Fonte: Zenit