venerdì 23 maggio 2014

3 – Diario dalla Terra Santa. Nazareth, tra una messa e una corsa


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di Costanza Miriano e Leonora Giovanazzi
Nazareth, 6,30. Basilica dell’Annunciazione. Poche persone in silenzio, in circolo intorno a una specie di piccola grotta. Qualche pietra chiara, pochi gradini e una stanza scavata nella roccia. Lì la storia della salvezza è cominciata, grazie al sì di una ragazza.
Siamo in tempo per la messa, ma che meraviglia, che dono, che grazia. Più esattamente grazie a Leonora che ha trovato indirizzo e orario, e ha ingaggiato il tassista, che per 60 soldi ci porta e ci riaccompagna. In Israele quasi ovunque si può pagare sia in euro che in soldi, che poi si chiamerebbero shekel, ma non riesco a memorizzarne il nome, e quindi li chiamo petecchie o soldi (si chiamavano shekel anche ai tempi di Gesù, quando cacciò i mercanti dal tempio).
“Qualsiasi cosa chiederete nel mio nome al Padre mio, egli ve la concederà” – proclama il sacerdote, un francescano. E allora, di cosa ci possiamo preoccupare, se Dio, il creatore dell’universo, è nostro Padre? Un Padre che non resiste a dei figli docili. Non perché Lui voglia l’obbedienza, ma perché quando noi ci conformiamo alla sua volontà funzioniamo, ed è Lui poi che obbedisce a noi. Presento quindi tutte le richieste che mi sono arrivate in questi giorni, da mamme e mogli preoccupate, da padri e da ragazzi, da amici. Presento anche chi vuole solo dire grazie, con il cuore gonfio di gioia, e chi chiede di essere buono e fedele.LYO_20140523_DSCF1870Presento anche le mie intenzioni, affido i miei figli che mi mancano terribilmente, chiedendo di diventare una madre migliore, e presento tutto per le mani della madre migliore di tutte.
Il tassista ci riporta in albergo, si fa il segno della croce davanti alla Basilica dell’Annunciazione – in questa terra la religione è proprio una cosa seria – e ci riporta in albergo (c’è una magnifica insalata greca con feta e cipolla, ma alle sette di mattina ‘ngliela posso fa’, e non mi fanno una scatolina da portarmi via, mannaggia). Dopo un più canonico cornetto mi accorgo che manca più di un’ora all’appuntamento con la guida. Fare la valigia con calma? Truccarsi davanti a uno specchio invece che in equilibrio su un piede in giro per Nazareth? Non sia mai! Vado a correre (la regola d’oro del corridore è che devi allenarti nel primo momento utile della giornata, non sai che può succedere dopo).
Trascuro tutte le raccomandazioni di amici preoccupati perché è un paese musulmano – non andare in giro in canottiera e con le gambe nude in zone musulmane – e mi lancio. Zero. Non mi si fila nessuno, a parte il muratore medio, ma non più del muratore medio romano, spesso anzi rumeno, e quello è una figura socialmente utile, al quale andrebbe anzi riconosciuto un salario minimo per il lavoro socialmente utile che svolge (l’autostima delle anziane madri di famiglia). Tutto tranquillo, a parte lucertole grosse come gatti. Le macchine addirittura si fermano allo stop, i ragazzi vanno a scuola in divisa, le donne con il capo coperto sono poche, tante mamme coi jeans e le ballerine portano i figli a scuola. La faccia stravolta della mattina presto. E’ un paese normale, almeno visto da qui.
LYO_20140523_DSCF1864Visto che ho corso e ho consumato tutto il mio tempo disponibile, infilo la roba appallottolata in valigia (chissà che aroma) e andiamo al Monte del precipizio, quello da cui volevano buttare Gesù perché nella sinagoga di Nazareth aveva parlato di Naaman il siro e della vedova dei tempi di Elia, ma lui “passò attraverso di loro” perché non era il suo tempo. Che bello vedere la terra arida e brulla su cui lui ha posato i suoi piedi, una terra che insegna la pazienza, la fatica di far sbocciare i fiori fra le pietre.
Ora, dalla ricostruzione del villaggio ai tempi di Gesù – 400 abitanti, esclusi gli agnelli – si torna alla Basilica dell’Annunciazione. Devo ancora finire un discorso con la Madre.securedownload





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