mercoledì 14 maggio 2014

Bergoglio e il padrone del mondo

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Vedi per il testo del libro di Benson:

  1. Kairos: Robert hugh Benson: "Il Padrone del mondo"

    kairosterzomillennio.blogspot.com/.../robert-hugh-benson-il-padrone-del...

    19/nov/2012 - La prima è di Robert Hugh Benson (*) ("Il Padrone del mondo"), di cui faccio precedere una recensione che traggo da "30 Giorni" di qualche ...
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    1. Kairos: Livio Fanzaga: "Dies Irae: I giorni dell'Anticristo"

      kairosterzomillennio.blogspot.com/.../livio-fanzaga-dies-irae-i-giorni.ht...
      11/dic/2012 - Kairos: Robert hugh Benson: "Il Padrone del mondo". 19 Nov 2012 ... Lo spunto gli è stato offerto da una iniziativa del Card. Giacomo Biffi ...
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Era il 1964 e al collegio arrivò un giovane insegnante. 

I Beatles a Santa Fe. Pubblichiamo stralci della prefazione a Il padrone del mondo di Robert H. Benson, secondo titolo della collana curata da Antonio Spadaro «La biblioteca di Papa Francesco» (edizioni Rcs per il «Corriere della Sera» in collaborazione con «La Civiltà Cattolica»). L’autore è un ex alunno di Bergoglio: musicista e compositore, tra il 1964 e il 1965 faceva parte della band scolastica The Shouters che riproponeva i successi dei Beatles e che Bergoglio incoraggiò con l’organizzazione di due concerti nel collegio della Immacolata Concezione di Santa Fe.
(José Hernán Cibils) Era il 1964 e avevo sedici anni, quando un giovane insegnante di nome Bergoglio cominciò a tenere lezioni di letteratura e psicologia nel nostro collegio. In seguito sarebbe diventato prefetto della Disciplina dei Sacramenti, direttore delle Accademie di Letteratura e Oratoria, consigliere spirituale e amico di molti suoi alunni.

Ho così avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo, senza nutrire il minimo sospetto che molto tempo dopo ogni nostra parola, ogni aneddoto, ogni dettaglio per quanto insignificante sarebbe stato scandagliato ansiosamente da curiosi, giornalisti e scrittori interessati a raccontare e conoscere la giovinezza e la formazione di colui che oggi è Papa Francesco. Se lo avessi saputo avrei preso tanti appunti, avrei conservato ogni osservazione e ogni commento che Jorge Bergoglio vergava a margine dei miei compiti e dei miei scritti, avrei fatto molte foto e registrato puntigliosamente le sue lezioni.
Eravamo molto giovani e davanti ai nostri occhi si stava aprendo il mondo con tutte le sue incognite, le sue possibilità e un meraviglioso cammino da intraprendere.
La cosa migliore che Bergoglio ci ha offerto, come professore e consigliere spirituale, è stata la sua capacità di valorizzare la nostra parte migliore, dimostrandoci una cura e un’attenzione profonde e piene di calore.
Trovava sempre il tempo per una chiacchierata distesa e informale, momenti molto importanti per noi che vivevamo quell’età difficile in cui ci si sente capaci di tutto e allo stesso tempo si è disorientati, inchiodati al bivio fra il richiamo del passato e quello altrettanto forte del futuro.
Non voglio dare un’immagine idealizzata di Bergoglio. Il dialogo con lui, benché fosse ricco di stimoli, non era sempre facile. Era pieno di carità e di amore cristiano, però poteva anche essere severo, tagliente e ironico (in puro stile argentino e gesuita). Tuttavia accettava la critica e il dissenso (altrimenti sarebbe stato un dialogo noioso), chiedeva la nostra opinione e ascoltava anche i consigli.
Non dimenticherò mai la prima volta che mi confrontai con lui, nel suo ruolo di direttore spirituale, percorrendo gli antichi corridoi del Collegio. Gli menzionai qualcosa che ho completamente dimenticato, sicuramente legato a qualche esperienza adolescenziale, forse un problema “esistenziale”. Mi rispose: «Pepe, questo problema non ha soluzione». Disse solo questo.
Ovviamente il problema non era irrisolvibile e Bergoglio non mi stava infliggendo una condanna eterna. Avrei capito in seguito che le sue parole assomigliavano a un koan zen, che non prevede un approccio meramente razionale e per risolvere il quale è necessario un cambiamento interiore, una trasformazione della mente. Questa attitudine radicale all’amore pastorale, all’amore per l’umanità e per ognuna delle sue pecorelle è ciò che caratterizza la personalità e il pontificato di Papa Francesco.
Ora, perché Il padrone del mondo di Robert H. Benson è stato raccomandato da Papa Francesco? Credo che per il momento nessun potente della Terra possa essere comparato con Felsenburgh e definito l’Anticristo, ma il brodo in cui potrebbe cuocere un tale abominio, come suppone Benson, è in pieno sviluppo. I valori materiali ed edonistici stanno soppiantando quelli spirituali. La vita, come la propone il materialismo militante, sarebbe il paradiso terreno del consumo smisurato. Coloro che non vi possono accedere (la maggior parte) sarebbero condannati all’inferno terreno.
Da qui parte l’avvertimento di Francesco, il suo richiamo alla povertà e alla necessità di metterci dalla parte dei poveri. Non solo perché godano anche loro di alcuni beni materiali (che nella loro giusta misura sono necessari per vivere) ma anche perché, seguendo l’esempio del santo di Assisi, considerino la povertà come un monito «ad avere come se non si avesse nulla», affinché sia un bene in se stessa, un’attitudine dell’anima che apre il cuore al trascendente.
E questa povertà predicata e praticata dal Papa, la stessa di Gesù Cristo, che ha invitato il giovane ricco a vendere tutti i suoi beni e a seguirlo, suscita la reazione degli anticorpi del «mondo» (nel quale il cristiano dovrebbe vivere senza appartenergli): malignamente si sta tentando di convertire la figura di Francesco in un bene di consumo, in una foto da stampare su una maglietta, come è già accaduto a tanti altri, per esempio Che Guevara (non esprimo opinioni sul suo valore rivoluzionario ma è un fatto che la sua immagine si possa comprare in qualsiasi negozio).
Che il simbolo della povertà possa essere convertito in un oggetto di consumo sarebbe il colmo della distorsione e della falsificazione, sarebbe l’anticamera della venuta dell’Anticristo nel significato che ne dà Benson. Eppure da ogni parte vediamo pullulare milioni di foto, stampe e molti altri oggetti che hanno come immagine Papa Francesco, ridotto a una rockstar. Appare sulle copertine di riviste importanti come «Vanity Fair» e ha “superato” Miley Cyrus nell’elenco dei «Personaggi dell’anno» della rivista «Time». Francesco “Superman”, Francesco “Superstar”...
Da un lato quello che avviene è una conseguenza della devozione e dell’entusiasmo che questo Papa ha suscitato nel mondo, un aspetto senza dubbio positivo. Dall’altro lato è un segnale di allarme: il “mondo”, in forme apparentemente leggere, dolci, seducenti (come quelle di Felsenburgh), cercherà sempre di incorporare, deglutire, cooptare, in definitiva di fare proprio, previa disattivazione del suo nucleo pericoloso, tutto ciò che lo metta in discussione.
E Francesco è giustamente venuto a mettere in discussione, riformare, cambiare e rinnovare. A servire. Non certo a cercare una fama che (me lo confessò lui stesso) lo ha colto di sorpresa, lo stupisce, e non gli sembra vera.
L'Osservatore Romano