domenica 10 novembre 2013

Testimoni nel mondo di oggi




La specifica missione dei laici cristiani. 

(Angelo Scola) Descrivere il fedele laico a partire dall’insegnamento del concilio Vaticano II implica considerare la sua identità in termini di “vocazione-missione” (Cfr. Christifideles laici, 2, 8-9). Egli, infatti, riceve la propria identità nel battesimo ordinato all’Eucaristia che lo costituisce membro del Corpo di Cristo e quindi lo radica essenzialmente ed esistenzialmente nell’appartenenza ecclesiale (anche la realtà dei carismi e dei ministeri trova la sua ragion d’essere in questa radice sacramentale), inviandolo al mondo quale testimone. In questo modo possiamo dire, con un’espressione sintetica, che l’identità del fedele laico è quella del “testimone nel mondo”: questa affermazione se ben intesa rivela anche il contenuto proprio dell’indole secolare caratteristica del fedele laico. Il testimone, quando è autentico, fa sempre spazio all’interlocutore e a tutte le sue domande, di qualunque tipo esse siano: «Non ci sono confini, non ci sono limiti» (Papa Francesco, santa messa per la XXVIII Giornata mondiale della gioventù, 28 luglio 2013). Non è certo un ripetitore di teorie o di dottrine cristallizzate, ma vive delle stesse domande del suo interlocutore, poiché è immerso in quel medesimo campo che è il mondo. Non esistono infatti domande dei nostri contemporanei che non siano nostre; le “periferie esistenziali” — per usare l’espressione di Papa Francesco — sono anzitutto i confini della nostra stessa esperienza umana.
Con una bella espressione Benedetto XVI approfondisce la dinamica della testimonianza affermando che essa «è il mezzo con cui la verità dell’amore di Dio raggiunge l’uomo nella storia, invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale. Nella testimonianza Dio si espone, per così dire, al rischio della libertà dell’uomo» (Sacramentum caritatis, 85). La precisazione di Benedetto XVI — «Dio raggiunge l’uomo nella storia» — appare decisiva. Infatti la categoria di testimonianza si rifà da una parte alla fisionomia stabilmente costitutiva del cristiano in quanto seguace di Cristo ma, dall’altra, qualifica la dimensione secolare della Chiesa tutta, e quindi anche la specifica indole secolare del fedele laico, come una realtà che non è possibile predeterminare in astratto. In questo contesto parlare di “indole secolare” significa parlare della missione della Chiesa e, quindi, dei fedeli laici, come intrinsecamente segnata dalla storia. La domanda circa l’identità del fedele laico diventa pertanto essenzialmente pratica. Si tratta di individuare come oggi l’indole secolare della Chiesa e, quindi, dei laici debba venir declinata. Ciò equivale a identificare i tratti essenziali della missione ecclesiale dei fedeli laici all’inizio del terzo millennio cristiano. Qui diventa decisiva la questione della vocazione-missione dei fedeli laici in Russia.
I laici sono chiamati a testimoniare nel mondo la bellezza della loro fede. Questa testimonianza integrale, sempre storicamente situata, che valorizza carismi e ministeri, è anche, in forza dell’indole secolare, il dono più grande che possiamo fare ai nostri fratelli uomini in vista dell’edificazione della vita buona personale e sociale e del buon governo. Ecco perché Charles Péguy, nel suo stile inconfondibile, afferma che i cristiani sono «i più civici fra gli uomini, eredi degli antichi civici, universalmente, eternamente civici».
L'Osservatore Romano

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