Riportiamo il Messaggio ai rifugiati che giungono in mezzo a noi scritto da fr. Enzo per il Rapporto annuale 2015 del centro Astalli-Servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, presentato a Roma il 23 aprile
La prima parola che vorrei rivolgervi è “Benvenuti!”. Purtroppo però so che, mentre tanti uomini e donne di questo paese si sono prodigati e si impegnano quotidianamente per accogliervi e riconoscere la vostra dignità, tanti altri non vi fanno sentire “benvenuti” in questa terra, disprezzando le vostre speranze e infangando i valori fondanti della nostra società.
Allora la prima parola che vi dico è: “Perdonateci!”. Perdonateci per non aver saputo impedire le tragedie che vi hanno spinto fin qui. Perdonate la nostra indifferenza verso quanti nutrivano il vostro stesso sogno e non ce l’hanno fatta a raggiungere il nostro paese. Perdonate la nostra durezza di cuore, la nostra incapacità di riconoscere e onorare l’essere umano che è in ciascuno di voi, la nostra mancanza di memoria che cancella quel passato in cui molti nostri progenitori si sono trovati nelle vostre condizioni.
E infine, e soprattutto, “grazie!”. Grazie perché vi siete fatti prossimo a noi, feriti e prigi0nieri del nostro egoismo, e ci state curando, infondendoci il coraggio della misericordia. Grazie per non averci lasciati soli nella nostra autosufficienza, per averci dato la possibilità di diventare a nostra volta “prossimo”, non di chi è come noi ma di chi, in virtù della sua differenza e della sua sofferenza, risveglia il bene che giace addormentato in noi.
Che questa terra, che questo paese possa diventare il vostro e nostro paese, un paese migliore perché ci accogliamo a vicenda. Coraggio, insieme possiamo farcela!
fr. Enzo Bianchi, priore di Bose
*
È stato presentato, presso la Sala Squarzina del Teatro Argentina, il Rapporto annuale 2015 del Centro Astalli. Una fotografia aggiornata sulle condizioni di circa 21.000 richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2014 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’Associazione gestisce. (...)
*
«Migranti, l'Europa faccia una scelta di civiltà»
Gli sviluppi della crisi libica e in particolare la questione migratoria «sono fenomeni epocali rispetto ai quali s’impone una decisa scelta di civiltà». È anche il mondo missionario a chiederlo dalle periferie del mondo. Intervista con padre Giulio Albanese
ANDREA TORNIELLIROMA
«Nessuno ha la sfera di cristallo per leggere il futuro. Ciò nonostante, dopo l’ennesimo disastroso naufragio di centinaia di migranti nel canale di Sicilia, non possiamo permetterci di dormire sonni tranquilli». Lo afferma padre Giulio Albanese, missionario comboniano e direttore di Popoli e Missione, la rivista delle Pontificie Opere Missionarie, che conosce bene la realtà africana.
Ieri il premier italiano Matteo Renzi, in vista del Consiglio Europeo straordinario, ha illustrato la proposta italiana. Dopo aver escluso «ogni ipotesi di intervento militare in Libia», Renzi ha parlato di «interventi mirati» contro gli scafisti per «assicurare alla giustizia questi criminali». Che cosa ne pensa?
«Penso che sia un'espressione alquanto enigmatica. Di che cosa si tratta? Qualcuno dice che potrebbe avere in mente dei blitz delle forze di polizia condotti nei covi dei trafficanti sulle coste libiche e sui loro barconi bloccati in mare. Tutto questo nell’ambito di un’operazione navale europea sul modello di quella messa appunto contro la pirateria somala. Altri ritengono addirittura che potrebbero essere utilizzati dei droni intelligenti».
È una soluzione adeguata secondo lei?
«Dal mio punto di vista, tenendo conto di quello che sta avvenendo in Libia, queste iniziative rischiano di acuire la già difficile situazione. Le milizie locali sono imprevedibili e queste cosiddette “azioni mirate” espongono il nostro Paese ad azioni terroristiche. Tra l’altro sta per iniziare l’Expo di Milano e l’Anno Santo è alla porte».
Le proposte che verranno formulate durante il Consiglio Europeo sarebbero due: l'impegno Ue per «sforzi sistematici per identificare, catturare e distruggere i barconi prima che essi siano usati dai trafficanti» e il raddoppio delle risorse per l’operazione di pattugliamento del Mediterraneo, denominata Triton. Che ne pensa?
«Personalmente mi associo a quanto ha dichiarato monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei. È scandaloso che la politica europea dell’immigrazione non valuti immediatamente operazioni e azioni di rafforzamento della ricerca e del salvataggio in mare e continui a favorire operazioni di controllo delle frontiere. Il contrasto ai trafficanti degli esseri umani, ormai legati alle mafie europee e al terrorismo internazionale, passa attraverso l’attivazione di un’azione che unisca il salvataggio delle persone al contrasto della tratta. Per questo, ha spiegato monsignor Perego, occorre creare un’operazione di controllo del Mediterraneo fino alle coste libiche, con il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali, per salvaguardare anzitutto la vita delle persone in mare».
Che cosa fare, allora, per rispondere all'emergenza?
«Una cosa è certa: è necessaria una nuova assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni europee, prima che sia troppo tardi. Innanzitutto è fondamentale stabilizzare politicamente l’Africa Settentrionale e quella Subsahariana. Questa deve essere la sfida che Bruxelles deve saper interpretare in modo perspicace, investendo risorse e garantendo sostegno a quei soggetti che con la loro attività rendono il pluralismo e la partecipazione una prassi diffusa. Tutto questo – è bene stigmatizzarlo – non sta avvenendo per l’ormai cronica miopia delle cancellerie europee. La Libia, per esempio, conta nell’immaginario degli europei solo per il business degli idrocarburi. Ma è possibile che in questi anni siano state le compagnie petrolifere a dettare le regole del gioco?».
Indichi per favore delle proposte concrete...
«È immorale impedire di migrare a chi fugge da guerre, inedia e pandemie. Occorre pertanto realizzare dei corridoi umanitari come auspicato dalla società civile e in particolare dal mondo missionario. Perché, poi, non estendere la possibilità di chiedere asilo anche nei Paesi nordafricani, e da lì per tutti i Paesi europei – magari rivedendo il regolamento europeo di Dublino, finora in vigore, che obbliga i migranti a chiedere asilo nel Paese di approdo. Inutile nasconderselo, se non si mettono in discussione le politiche attualmente sbilanciate dei singoli Stati Ue in materia di status di rifugiato e asilo politico, l’Europa continuerà a essere ostaggio dei nazionalismi più beceri. Nelle descrizioni geografiche dei romani, quelle sterminate terre nordafricane erano segnate a meridione dalla dicitura “Hic sunt leones” (“Qui sono i leoni”). In effetti, quello era l’unico concetto approssimativo che i nostri benemeriti antenati potessero esprimere di fronte all'ignoto, un'invalicabile linea di faglia che frustrava le loro smanie coloniali. Oggi, a distanza di duemila anni, per favore, non possiamo continuare a ragionare come se fossimo i padroni del mondo. Mai come oggi è necessario che l’Europa sia capace di fare una scelta di civiltà. Dimenticare che i problemi delle periferie del mondo, quelle dove si combattono guerre sanguinose in nome del “dio denaro” o imperversano regimi dittatoriali che tutelano, sempre e comunque, interessi faziosi, significa, davvero, essere fuori dal tempo e dalla Storia. Soprattutto, per dirla con papa Francesco, assecondare la “globalizzazione dell’indifferenza”, è un gravissimo misfatto contro Dio e contro l’uomo».