martedì 28 aprile 2015

«Quanto vorrei che davanti ai poveri in chiesa ci si inginocchiasse»



«Quanto vorrei che davanti ai poveri in chiesa ci si inginocchiasse»


Il videomessaggio di Papa Francesco ai partecipanti alla serata «Se non fosse per te», lo spettacolo proposto dagli ospiti dei centri di accoglienza della Caritas di Roma: «Voi per noi non siete un peso. Siete la ricchezza senza la quale i nostri tentativi di scoprire il volto del Signore sono vani»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

«Quanto vorrei che la Chiesa di Roma si manifestasse sempre più madre attenta e premurosa verso i deboli», che le comunità parrocchiali «all’ingresso di un povero in chiesa, si inginocchiassero in venerazione», «si toccasse la carne di Cristo presente nei bisognosi di questa città!». Sono le parole che il vescovo di Roma, Papa Francesco, ha pronunciato nel videomessaggio registrato per i partecipanti alla serata «Se non fosse per te», lo spettacolo proposto dagli ospiti dei centri di accoglienza della Caritas della diocesi romana. Lo spettacolo viene rappresentato questa sera al teatro Brancaccio. I poveri e i sofferenti aiutati dalla Caritas diventano dunque attori e raccontano le esperienze di abbandono e di emarginazione da loro stessi vissute.

«Questa iniziativa teatrale - afferma il Papa - parla del vostro amore per i figli, per i genitori, per la vita, per Dio. Sono contento, di essere in questo modo tra voi, per compiacermi del vostro coraggio, per dirvi di non perdere la fiducia e la speranza. Dio ci vuole bene, vuole bene a tutti!».

«La modalità con cui parlate alla città - ha continuato Francesco - la reputo un’occasione di dialogo e di scambio significativo. Voi in cattedra e gli altri in ascolto, e – ne sono sicuro – meravigliati per le ricchezze che sono offerte. Chi mai pensa che un senza dimora sia una persona da cui imparare? Chi pensa che possa essere un santo? Invece questa sera sarete voi a fare del palcoscenico un luogo da cui trasmetterci preziosi insegnamenti sull’amore, sul bisogno dell’altro, sulla solidarietà, su come nelle difficoltà si trova l’amore del Padre».

Papa Bergoglio ha osservato che la povertà è il «grande insegnamento» che ci ha dato Gesù quando scese nelle acque del Giordano per essere battezzato. «Non lo ha fatto per bisogno di penitenza, di conversione; lo ha fatto per mettersi in mezzo alla gente, la gente bisognosa di perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. È questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria. Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. Il Buon Samaritano che raccoglie noi, malmenati dai briganti».

Francesco ha quindi offerto alcune significative citazioni dei Padri della Chiesa: «Scriveva san Gregorio di Nissa, un grande teologo dell’antichità: “Considerate bene chi sono i poveri nel Vangelo e scoprirete la loro dignità: essi hanno rivestito il volto del Signore. Nella sua misericordia egli ha donato loro il suo proprio volto”. E sant’Agostino diceva: “Sulla terra Cristo è indigente nella persona dei suoi poveri. Bisogna dunque temere il Cristo del cielo e riconoscerlo sulla terra: nella terra egli è povero, in cielo è ricco. Nella sua stessa umanità è salito al cielo in quanto ricco, ma rimane ancora qui tra noi nel povero che soffre”».

«Anch’io - ha continuato il Papa - desidero fare mie queste parole. Voi per noi non siete un peso. Siete la ricchezza senza la quale i nostri tentativi di scoprire il volto del Signore sono vani. Pochi giorni dopo la mia elezione, ho ricevuto da voi una lettera di auguri e di offerta di preghiere. Ricordo di avervi immediatamente risposto dicendovi che vi porto nel cuore e che sono a vostra disposizione. Confermo quelle parole. In quell’occasione vi avevo chiesto di pregare per me. Rinnovo la richiesta. Ne ho veramente bisogno».

Francesco ha quindi ringraziato tutti gli operatori «della nostra Caritas», dicendo di sentirli «come le mie mani, le mani del vescovo, nel toccare il corpo di Cristo». Ha ringraziato i volontari, e ha espresso alcuni auspici finali. «Quanto vorrei che questa città, costellata in ogni tempo di persone impregnate di amore di Dio – pensiamo a san Lorenzo (i suoi gioielli erano i poveri), san Pammachio (senatore romano, convertito, dedicatosi completamente al servizio degli ultimi), santa Fabiola (la prima che a Porto ha costruito un ostello per i poveri), san Filippo Neri, il beato Angelo Paoli, san Giuseppe Labre (uomo della strada), fino a Don Luigi di Liegro (il fondatore della nostra Caritas di Roma) – dicevo, quanto vorrei che Roma potesse brillare di “pìetas” per i sofferenti, di accoglienza per chi fugge da guerra e morte, di disponibilità, di sorriso e di magnanimità per chi ha perduto la speranza».

«Quanto vorrei - ha aggiunto - che la Chiesa di Roma si manifestasse sempre più madre attenta e premurosa verso i deboli. Tutti abbiamo debolezze, tutti ne abbiamo, ciascuno le proprie. Quanto vorrei che le comunità parrocchiali in preghiera, all’ingresso di un povero in chiesa, si inginocchiassero in venerazione allo stesso modo come quando entra il Signore! Quanto vorrei questo, che si toccasse la carne di Cristo presente nei bisognosi di questa città!».