di Mario Adinolfi
Il divorzio breve è ufficialmente da ieri legge dello Stato. Senza neanche troppe polemiche, in sordina, senza opposizione (398 voti favorevoli, 28 contrari), la Camera ha dato il via libera definitivo a una legge che frantuma l’istituto matrimoniale rendendo possibile lasciarsi consensualmente in sei mesi anche se ci sono figli minori nati dal matrimonio. L’eventuale comunione dei beni è anch’essa chiusa in sei mesi e da una dimensione pubblicistica il matrimonio viene sostanzialmente ridotto a un rapporto di natura privatistica. Un contratto come gli altri, che può essere agevolmente rescisso, molto più agevolmente di tanti altri contratti anzi.
Sì perché questa prima norma che aiuta a dissolvere l’istituto matrimoniale, di cui nessuno rivendica la paternità ed è infatti figlia di tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione, è per l’appunto solo un primo passo. Con l’obiettivo di andare all’attacco della famiglia, lo schema verrà replicato. Questo giornale prova a spiegarlo da mesi: è in atto un’offensiva figlia di una visione antropologica che vuole far saltare la famiglia naturale, trasformando le persone individui slegati dalla dimensione relazionale familiare naturale.
Quali saranno i prossimi passi? Con lo stesso schema (legge di iniziativa parlamentare, alleanze trasversali, opposizione scarsa e poco agguerrita) dal 7 maggio, giorno in cui scade il termine per la presentazione di emendamenti in commissione Giustizia al Senato, si comincerà procedere a tappe forzate per approvare almeno in un ramo del Parlamento entro l’anno il ddl Cirinnà sulle unioni civili gay equiparate al matrimonio e la legittimazione dell’utero in affitto. Poi c’è il ddl Scalfarotto cosiddetto “antiomofobia” già approvato alla Camera, il ddl Fedeli sull’ideologia gender nelle scuole e il ddl di iniziativa popolare del partito radicale sull’eutanasia.
Sono tutte leggi con caratteristiche analoghe: hanno a che fare con temi etici o bioetici, non hanno paternità governativa, costruiscono maggioranze al di là della maggioranza politica che sostiene il governo e procedono a fari spenti, cercando di far sì che l’opinione pubblica non si accorga di quel che sta accadendo. E già, perché se si capisse che è in campo un attacco organico e orchestrato alla famiglia, forse queste norme non passerebbero con le incredibili maggioranze bulgare con cui è stato approvato definitivamente ieri il divorzio breve.
Se il divorzio breve è la prima importante legge di iniziativa parlamentare ad essere approvata, evidentemente per i nostri parlamentari è una priorità. Ma che scala di priorità hanno in testa i nostri politici? Devastare la famiglia invece di aiutarla è un progetto accettabile? E quando udiremo una voce chiara che denunci questo disegno? Il Papa ieri ha parlato ancora a difesa della famiglia. Ci aspettiamo dall’assemblea della Cei del 18 maggio una mobilitazione, ribadiamo i contenuti del nostro “Appello ai vescovi italiani” di sabato 18 aprile. Senza una risposta di popolo questo Parlamento dalle strane priorità continuerà a legiferare solo su ciò che danneggia la famiglia. Possiamo essere complici con il nostro silenzio o con le nostre frasette distratte?
23/04/2015 La Croce quotidiano