mercoledì 29 aprile 2015

“Cristiani in Medio Oriente: quale futuro?”




1a giornata del Summit Intercristiano di Sant’Egidio: ascoltare il grido delle Chiese d’Oriente e lavorare per la pace 
 Comunità di Sant'Egidio 

Un incontro fra cristiani per ascoltare il grido di dolore delle Chiese d’Oriente e trovare insieme le soluzioni possibili e opportune ai drammatici problemi del momento presente, e per lavorare insieme per la pace. Così il Presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo nella sessione di apertura dei lavori del primo summit intercristiano su “Cristiani nel Medio Oriente: quale futuro?” organizzato da Sant’Egidio e dalla diocesi di Bari. (...) 

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Intervento del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per l’apertura del Colloquio Internazionale “Cristiani in Medio Oriente: quale futuro?”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Arcidiocesi di Bari – Bitonto, Bari, 30 aprile 2015 
Cong. Chiese Orientali 
Santità,
Beatitudini,
Eminenze ed Eccellenze,
Signori Ministri
1. Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio per l’invito a portare il mio saluto all’inizio di questo Colloquio internazionale. Già il luogo in cui esso si svolge è significativo, perché ci troviamo in una città collocata sul suolo italiano, che però esprime una secolare vocazione a “guardare verso l’Oriente”: le vie dell’incontro tra popoli e culture diverse, anche grazie al commercio tipico di una città marittima, hanno educato le generazioni a non sentire l’altro come un “diverso”, e hanno consentito di sperimentare lungo i secoli un “oriente” che costitutivamente, al di là dei diversi equilibri dei poteri che si sono succeduti nei governi regionali, era però di fatto composto insieme da comunità cristiane, islamiche ed ebraiche. Esattamente la dimensione di convivenza che oggi vediamo non solo messa in pericolo, ma di cui sembra già in atto – ma speriamo in modo non inarrestabile -  un vero e proprio smantellamento. Oppure, in un’altra non condivisibile ipotesi, dovremmo assistere ad una riorganizzazione degli stati su base confessionale.

Siedono insieme qui cattolici, ortodossi ed ortodossi orientali, ed offrono la testimonianza personale e dei fedeli che guidano e rappresentano: faranno sentire la loro voce, porteranno le loro domande, cercheranno spiegazioni della situazione attuale anche presso gli esponenti dei governi che hanno accettato di essere presenti e ai quali va il ringraziamento più sincero.
Cari confratelli nel sacerdozio e nell’episcopato, mentre chiediamo al mondo, come il profeta Isaia “Custos quid de nocte?, Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11), rinnoviamo l’impegno nel cammino verso l’unità. Le dichiarazioni cristologiche comuni firmate negli scorsi decenni dai Pontefici e Vescovi di Roma con i Patriarchi predecessori di alcuni tra voi, insieme al martirio dei giorni nostri che tocca cristiani di ogni confessione, ci impegnano ad intensificare ogni sforzo per giungere al momento in cui potrà risplendere il compimento della preghiera di Gesù nell’Ultima Cena “Ut unum sint– Che siano una cosa sola” (cfr. Gv 17). Permettetemi una parola di riconoscenza per il Santo Padre Francesco, che instancabilmente, con l’ardore di Giovanni Battista, si fa voce che grida nel deserto per diffondere quella dei cristiani in Medio Oriente e per i dire ai moderni Erode che li insidiano “Non ti è lecito!”.
Nella Basilica di San Nicola porteremo in preghiera questa sera l’intenzione ecumenica, presso l’altare del Santo ove celebrano, benché in momenti distinti, pellegrini latini ed orientali: chiederemo al Santo Patrono l’intercessione, perché si ponga termine alla sofferenza dei cristiani in Medio Oriente e, se mi è consentito, perché accompagni con la Sua celeste protezione anche i lavori del Concilio Pan-Ortodosso che dovrebbe tenersi nel 2016 proprio in quell’odierna Turchia ove egli fu Vescovo tra il III e il IV secolo dopo Cristo.
2. Da poche settimane in tutte le nostre Chiese è risuonato il racconto della Passione, e forse non pochi dei nostri fratelli di Oriente al sentire narrato il famoso gesto di Pilato – si lava le mani di fronte alla condanna di Gesù -  potrebbero aver pensato all’indifferenza e all’inazione a cui sembra essersi nei fatti rassegnata la comunità internazionale per le tragedie che ormai da anni si consumano in Siria e in Iraq. Rattrista poi l’incapacità in Libano di esponenti pure cristiani che non sono stati capaci di trovare il consenso sul nuovo presidente, per una linea dettata più che dalla propria coscienza, dalle pesanti influenze di forze che si contendono il primato nel controllo dell’area.
Confidiamo però, e siamo qui per ridestarla, che nell’animo di tutti, in Occidente come in Oriente, rimanga viva la struggente domanda del governatore Pilato: “Quid est veritas?Che cosa è la verità? (cfr. Gv  19), cui faccia seguito però la sua ricerca e il servizio ad essa. Verità anzitutto come atto che toglie ogni velo e copertura della realtà. E’ inutile negarlo: se una soluzione non si è ancora trovata è certo perché i problemi sono molteplici e complessi, e vanno anche a toccare i rapporti interni alle diverse componenti dei fedeli musulmani e tra loro con le altre presenze religiose nella regione, tra le quali i cristiani.  Ma è lecito anche pensare che sono gli interessi e gli equilibri di potere e di ricchezza che sono ancora anteposti – pare senza arretrare di un passo  - alla sopravvivenza ormai più che al benessere delle popolazioni. E questo è uno scandalo, e ricordiamo quanto il Signore dice anche oggi a tutti i Caino della terra: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo” (Gen 4).
3. Come Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali mi trovo ogni anno a rivolgere a nome del Santo Padre un appello perché in tutte le comunità del mondo si esprima un generoso sostegno alla presenza dei nostri fratelli in Terra Santa. Questo termine designa l’area geografica ove vivono le Chiese che ho la fortuna di seguire e abbracciare,  non soltanto però entro i confini dello Stato di Israele e dell’Autorità Palestinese, ma anche in tutti i luoghi legati alla storia della salvezza, dalla zona della Mesopotamia e della Persia, da dove partì Abramo e da dove si ritiene venissero i Magi,  lambendo la Turchia ove avvenne la predicazione degli apostoli, e poi la Giordania, la Siria, il Libano, fino all’Egitto, ove trovò accoglienza la Santa Famiglia. Sono qui i Pastori delle Chiese cristiane di tutte queste odierne Nazioni: a loro va la nostra vicinanza, la nostra gratitudine e tutto il possibile sostegno.
Ma il richiamo ad una presenza così configurata non può non essere un’indicazione di metodo anche per i tavoli di discussione ad altri livelli: non si può parlare di stabilità per il Medio Oriente senza includere l’annosa questione israeliana e palestinese (cfr. Intervento dell’Osservatore della Santa Sede all’ONU, S.E. Mons. Auza, 21 aprile 2015) accontentandosi che ai cristiani sia consentito vivere abbastanza pacificamente in entrambi quei territori. Del resto, sembra che non dovrebbe esserci alcun dubbio circa l’esigenza che tutti gli Stati, compreso Israele, debbano esistere ed essere tutelati e non minacciati.  E’ compito dei Pastori cristiani in tutto il Medio Oriente aiutare i propri fedeli a crescere in questa consapevolezza, versando sulle ferite magari del recente passato, abbondante l’olio della consolazione, del perdono e della misericordia. Se non ci si muoverà in questa direzione, non dubitiamo che le sacche di “potere impazzito” quale è l’ISIS, si moltiplicheranno, anche perché sostenuti con armi e risorse dai diversi schieramenti di interesse.
4. L’Occidente sembra aver smarrito nel corso dei secoli la capacità di pensarsi anche entro un sano riferimento religioso, e ha sempre più spesso preferito un modello di laicità esasperata se non addirittura una vera e propria “eclissi di Dio”: le distruzioni e gli orrori dell’odierno Medio Oriente – che taluni vogliono attribuire esclusivamente al fattore religioso  - non siano una scusa per confermare questa visione parziale ed erronea, ma uno stimolo a ripensare la coesistenza e la collaborazione delle diverse componenti della società per la promozione integrale dell’uomo. Alla Chiesa latina -  saluto qui l’Arcivescovo di Bari e il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana -  che tanto si adopera per l’accoglienza e l’assistenza dei profughi entro e fuori i confini mediorientali, va il nostro ringraziamento per il coraggio di promuovere– ove ve ne fosse l’esigenza nel presente e nel futuro -  quelle strutture ecclesiastiche per la vita delle comunità cattoliche orientali che la Congregazione segue nel suo quotidiano lavoro e che oggi si diffondono ovunque in Occidente.
Grazie.