Approvata ieri pomeriggio dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa la proposta di risoluzione sul tema “Discriminazioni contro le persone transgender in Europa”. Il testo sollecita gli Stati membri a favorire attraverso leggi il principio del diritto all’identità di genere sulla base della sola autodeterminazione affinché le persone transgender, anche minorenni, a prescindere dal dato biologico, possano modificare il nome e il sesso registrato nei documenti di identità. Il commento di Luca Volontè, già presidente del Partito Popolare Europeo e presidente della Fondazione "Novae Terrae"
R. – Il primo commento che dobbiamo fare è che fortunatamente questo tipo di risoluzioni, in particolare questa, non avrà - speriamo - grande seguito nella considerazione degli Stati. Il secondo è certamente che si tratta di una risoluzione, non solo sbagliata perché va contro il dato naturale - oltre al fatto che il dato giuridico identifica nel dato naturale l’appartenenza di genere, maschile o femminile, al di là delle preferenze sessuali - ma la cosa grave è che mi sembra non si consideri assolutamente il problema di costi oltre a quello morale e culturale. E mi spiego meglio. Dare a tutti la possibilità di scegliere, a seconda del proprio desiderio momentaneo, il proprio sesso e definirlo, significa introdurre nel sistema delle pubbliche amministrazioni dei 47 Paesi una modalità tale che produrrebbe non so quanti milioni di euro di spesa nel solo cambio di identità, delle carte di identità, dei documenti, dei vantaggi del welfare per un sesso o per un altro, per un genere o per un altro. Penso debba porre un problema serio anche allo stesso Consiglio d’Europa, all’assemblea del Consiglio d’Europa, in merito all’accettabilità dei testi: cioè, se un testo come questo, al di là del proprio contenuto e a partire da esso, possa essere votato oppure no, perché chiede agli Stati cose impossibili sul piano giuridico e assolutamente inconcepibili sul piano amministrativo.
D. – C’è un dato in particolare che colpisce tra gli altri, ovvero il fatto che anche i minorenni siano inclusi in questa questione…
R. – Sì, è una questione di estrema gravità. Possiamo immaginare nella mente dei promotori di questa risoluzione che secondo loro questa possa essere una modalità attraverso la quale si possa favorire, dal loro punto di vista, una maggiore coincidenza tra i problemi psicologici che possono emergere durante l’età dell’adolescenza e le successive conseguenze. Invece, purtroppo, credo che la cosa più preoccupante sia che i genitori omosessuali possano in qualche modo forzare l’appartenenza di genere dei propri figli. Abbiamo esempi gravissimi che si stanno sperimentando in Olanda, nei Paesi scandinavi, dove cliniche specializzate, pagate dallo Stato, contribuiscono attraverso cure di blocco della crescita ormonale al cambio di sesso dei teenager e purtroppo ci sono già degli studi su come queste pratiche oltre a provocare danni fisici importanti nei confronti di questi ragazzi, favoriscono anche disagi psicologici.
D. – Infine c’è l’esortazione agli Stati membri a rimuovere ogni limitazione al diritto delle persone trans-gender di rimanere nel matrimonio contratto precedentemente al cambiamento di sesso…
R. – Questo era già presente anche nella risoluzione … del 2013 e in parte è presente in alcuni testi recentemente approvati dal Parlamento europeo. Coloro che come Consiglio d’Europa promuovono convenzioni a tutela dei bambini poi si trovano ad approvare risoluzioni come queste che nella sostanza violano pesantemente il diritto dei figli ad avere dei genitori.
D. – Con lo scopo di andare nella direzione di un’approvazione, di un’equiparazione tra matrimonio gay ed eterosessuale…
R. – Esattamente. Favorire questo o un’altra situazione che nei fatti possa in qualche modo rendere assolutamente sterile o senza ragioni una prosecuzione del dibattito contro i matrimoni omosessuali. Nei fatti favoriscono o si vorrebbero favorire quelle situazioni che potrebbero, a lungo andare, rendere assolutamente inutile il dibattito a favore o contro il matrimonio omosessuale perché sarebbero già nella realtà.
Quanto deciso dal Consiglio Europeo non è vincolante per gli Stati dell'Unione. Lo conferma Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare e Vicepresidente della Commissione Affari Sociali.
R. – Questa è una tendenza che prosegue da parecchi anni, nelle istituzioni internazionali in particolare, quindi dalle Nazioni Unite in poi. Le risoluzioni del Consiglio d’Europa non hanno un valore vincolante per i Parlamenti nazionali. E’ evidente, quindi, che si tratti sostanzialmente di inviti, di raccomandazioni, ma il Parlamento e il Governo italiano possono tranquillamente disattenderla senza incorrere in multe o sanzioni.
D. – Quindi non è una risoluzione vincolante per l’Italia, ma è alto il valore simbolico potremmo dire…
R. – Diciamo che ha un valore simbolico e continua su una strada che è stata intrapresa e che è estremamente invasiva, perché in tutti i documenti, anche europei e così via, ormai c’è il gender. Quindi il problema è che anche in Italia, a parte quello che abbiamo visto entrare nelle scuole italiane, per esempio nella prima versione della legge contro l’omofobia, della proposta di legge contro l’omofobia attualmente ferma al Senato, c’era proprio l’idea dell’autodeterminazione come unico elemento di decisione sulla propria identità sessuale. Io, cioè, sono donna se decido di essere donna; se sono biologicamente donna, ma decido di essere un uomo, sono un uomo e lo Stato mi deve riconoscere. Le proposte, quindi, sono arrivate già, ma per adesso sono state arginate. Radio Vaticana