giovedì 30 aprile 2015
Expo, il cibo oltre i sofismi
Papa Francesco alle 12.15 interviene in diretta all'inaugurazione di Expo Milano 2015. Alle 15.30 il Cardinale Gianfranco Ravasi inaugura il padiglione della Santa Sede
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Expo, il cibo oltre i sofismi
di Paolo Foglizzo e Chiara Tintori
Aggiornamenti Sociali
Ci siamo. Dopo tanto discutere sulla sua utilità, il disorientamento generato dalle inchieste giudiziarie, il timore di non vedere realizzati gli spazi espositivi, Expo apre i battenti. Molte sono le prospettive con cui guardare all’evento o muoversi attraverso i padiglioni (per chi li visiterà) e a partire dalle quali valutarne i risultati. Per sfruttarne appieno le potenzialità e al tempo stesso governarne i rischi e le possibili ambiguità, a noi sembra fondamentale mantenere l’attenzione sul tema scelto dagli organizzatori: il cibo, in tutta la sua profondità e ricchezza. Proprio perché non c’è uomo senza cibo, quest’ultimo si presta a diventare la cartina di tornasole per fare una sorta di check up dello stato del nostro mondo e per proiettare il nostro sguardo e la nostra azione verso l’obiettivo di uno sviluppo autenticamente umano, che sappia coniugare quantità e qualità, equità e sostenibilità. Il cibo è infatti il terreno su cui si appoggiano le relazioni fondamentali di cui è intessuta la vita di ogni persona e di ogni società: possono fiorire nella direzione della vita buona per tutti, oppure avvitarsi lungo percorsi contraddittori e di esclusione.
In primo luogo, nel cibo ciascuno sperimenta la relazione con se stesso, con il proprio essere un corpo e con i propri bisogni fondamentali. La necessità di nutrimento ci ricorda la fragilità della nostra condizione e il nostro bisogno di cura. Il modo in cui mangiamo è una spia del rapporto che abbiamo con noi stessi, come dimostrano le sempre più diffuse patologie che si radicano in disordini alimentari. Il cibo poi è segno della relazione con gli altri abitanti del pianeta: non è un caso che l’immagine elementare a cui si ricorre per spiegare il concetto di giustizia distributiva sia quella di una torta divisa in parti uguali, senza che nessuno resti a bocca asciutta mentre altri si ingozzano e sprecano. Non molto diversa è l’immagine conviviale del banchetto, utilizzata per parlare di rapporti armonici fra persone e gruppi sociali, etnici e religiosi: la tavola imbandita e il cibo condiviso sono da sempre la raffigurazione della pace nel suo senso più pieno, che non si limita all’assenza di guerra. Anzi, proprio attraverso la medesima immagine “alimentare” possiamo focalizzare l’unità profonda di giustizia e pace, di equità e convivialità. Non si tratta di contrapporre il “dovuto” al “condiviso” o al “donato”, ma di prendere coscienza che siamo di fronte a piani inestricabilmente legati tra loro: non c’è autentica convivialità quando i piatti dei commensali non contengono lo stesso cibo (in termini di quantità e qualità) e dunque la convivialità incorpora la giustizia, che ne rappresenta la base. Nello stesso tempo la consapevolezza dell’uguaglianza tra i commensali, implicita nella domanda di giusta distribuzione, non può non evolvere nella fratellanza e nell’armonia conviviale.
Il cibo è anche un canale privilegiato della relazione dell’umanità con l’ambiente e con il pianeta: tocchiamo qui, solo per citarne alcune, la questione dell’impronta ecologica della filiera agroalimentare, della biodiversità, della corretta gestione dell’acqua, del suolo e dei rifiuti. Infine, da sempre il cibo, proprio per la sua intima valenza simbolica, è elemento fondamentale dell’esperienza religiosa e delle sue pratiche. Se tutte le religioni hanno prescrizioni alimentari, questo vale in modo sommo per la fede cristiana, in cui Dio sceglie il cibo come sacramento del dono di sé all’umanità.
Il cibo, dunque, rappresenta una sorta di alfabeto relazionale con cui tracciare la mappa della nostra vita e del mondo contemporaneo, svelandone quelli che papa Francesco chiama i «paradossi» (Videomessaggio per l’Incontro “Le idee di Expo 2015 – Verso la Carta di Milano”, 7 febbraio 2015). Nelle pagine ne indicheremo alcuni dei più evidenti, per poi rivolgere la nostra attenzione alle dinamiche sistemiche da cui traggono origine. Il successo di Expo, in termini di autentico sviluppo umano, è legato non al numero dei visitatori, ma al fatto di rappresentare una opportunità per affrontare questi paradossi e cercare come offrire una alimentazione giusta, sostenibile e conviviale a tutti gli abitanti del pianeta.
L’accesso, l’eccesso e lo spreco
Il paradosso più macroscopico è che «c’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare» (ivi): lo sappiamo da decenni, ma questo non può renderlo scontato o meno assurdo. Secondo i dati diffusi dalla FAO nel 2014 (cfr <www.fao.org>), il numero di quanti soffrono la fame nel mondo è diminuito di oltre 100 milioni negli ultimi dieci anni e di oltre 200 negli ultimi venti, ma le persone in stato di malnutrizione sono ancora 805 milioni: persiste dunque un problema nell’accesso al cibo, che non manca, ma è disponibile solo per chi dispone dei mezzi per acquistarlo.
Altrettanto paradossale è il fatto che nel mondo, a fianco di 800 milioni di malnutriti, vivono 500 milioni di obesi e più di un miliardo di persone in sovrappeso. Il 65% della popolazione mondiale vive in Paesi dove le conseguenze dell’eccesso di cibo fanno più vittime della malnutrizione. Fame e obesità sono due facce della stessa medaglia, persino in Paesi dell’Africa subsahariana, come Nigeria e Uganda, cronicamente afflitti da denutrizione e carestie. Entrano qui in gioco stili di vita e scelte di consumo, spesso slegate da effettive necessità o dettate da condizionamenti a cui ampie fasce della popolazione non hanno gli strumenti per reagire in modo adeguatamente critico.
Infine, nel mondo di oggi la fame convive con lo spreco di cibo. La FAO ha stimato che a livello mondiale esso sia pari a 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, circa un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano, per un valore di circa 750 miliardi di dollari all’anno: una quantità più che sufficiente a dare cibo agli 800 milioni di vittime della malnutrizione. Nei Paesi poveri si tratta soprattutto di cibo che va perduto per mancanza di adeguati sistemi di conservazione (catena del freddo, magazzini di stoccaggio dei raccolti capaci di difenderli dai parassiti, ecc.) che ne causano il deperimento prima del consumo, aggravando l’insicurezza alimentare delle fasce più povere della popolazione. Nelle società opulente, invece, la dinamica dello spreco fa sì che venga gettato cibo ancora perfettamente commestibile, tra l’altro aggravando il problema, spesso già complesso, della gestione dei rifiuti. Sempre la FAO stima che nei Paesi sviluppati (Europa, America settentrionale e Oceania) lo spreco di cibo nella fase del consumo oscilli tra 95 e 115 kg pro capite all’anno (105 per quanto riguarda l’Italia). Anche in questo caso entra in gioco la capacità di gestire acquisti e consumi, in particolare dove il costo relativamente modesto dei prodotti alimentari rende meno percepibile il danno dovuto allo spreco, almeno a livello individuale; ma la questione chiama in causa anche l’organizzazione del sistema di produzione e distribuzione degli alimenti, da una etichettatura dei prodotti che renda correttamente comprensibili le indicazioni in merito alla scadenza, alla possibilità di dare una “seconda vita” alle rimanenze del settore della ristorazione collettiva (ad esempio gli avanzi delle mense), alla creazione di circuiti alternativi per la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli difettosi alla vista ma perfetti dal punto di vista nutrizionale.
Mercato, diritto e bene comune
Come abbiamo cominciato a intravedere, i paradossi del cibo si collocano all’intersezione di dinamiche, quali ad esempio il consumo, che si dipanano su una pluralità di piani diversi: individuale, sociale, economico, politico, ecc. In questa luce, rappresentano le linee di faglia in cui si manifestano le tensioni profonde che percorrono il nostro mondo.
Giungiamo allo stesso risultato se riflettiamo su come il cibo possa essere considerato in modo molto diverso a seconda dell’angolo visuale da cui lo si guarda. Ci sembrano particolarmente rilevanti tre prospettive, che corrispondono a tre diverse logiche sistemiche sulla cui base si reggono istituzioni e dinamiche del mondo contemporaneo.
In primo luogo, il cibo è senza dubbio un prodotto e un prodotto di mercato, visto che al mercato, come istituzione economica e sociale, è sostanzialmente affidata la filiera di produzione e distribuzione degli alimenti. Questo fatto ha certamente aspetti positivi, in particolare per la innegabile capacità del mercato di stimolare l’efficienza e quindi aumentare la produzione: il fatto che la disponibilità di cibo nel mondo sia complessivamente superiore ai bisogni caratterizza la nostra epoca, grazie al progresso tecnico-economico accumulatosi nei secoli, ma non l’intera storia dell’umanità, che per lunghi periodi ha invece dovuto fare i conti con una reale penuria alimentare. Tuttavia il mercato risulta assai meno efficace dal punto di vista della distribuzione, in quanto è in grado di soddisfare solo quei bisogni che, associandosi a una capacità di spesa, si trasformano in domanda. È questa la radice del problema dell’accesso al cibo da parte di coloro che sono troppo poveri per poterlo acquistare, evidenziando l’esistenza di bisogni che il mercato non è strutturalmente in grado di soddisfare e per la cui soddisfazione occorre cercare logiche alternative.
Nella logica del mercato il cibo, come ogni altro prodotto, rappresenta una occasione di profitto. Quando la ricerca del profitto rappresenta l’unico criterio dell’azione, senza adeguati bilanciamenti – culturali, normativi, etici, ecc. – diventa una delle cause dei paradossi prima ricordati: la mentalità consumista che ne deriva incentiva il cattivo consumo alimentare, che mette a rischio la salute di molti, e lo spreco, visto che sul cibo gettato si guadagna due volte, quando viene venduto e quando viene smaltito.
Una seconda prospettiva legge il cibo come diritto, all’interno di quel percorso di elaborazione di strumenti di tutela e promozione della dignità umana che ha dato origine al corpus dei diritti umani. Sul tema del diritto all’alimentazione e sulla ancora insufficiente tutela giuridica di cui gode ha riflettuto Filippo Pizzolato sullo scorso numero di febbraio («Il diritto all’alimentazione. Un bisogno fondamentale povero di tutele», in Aggiornamenti Sociali, 2 [2015] 131-141), a cui rinviamo. È interessante però sottolineare come proprio la questione del cibo mostri con chiarezza la differente logica che anima la prospettiva del mercato e quella dei diritti. Secondo la prima, che incorpora una definizione di giustizia basata sullo scambio tra equivalenti, è legittimo escludere dall’accesso a un bene – cibo compreso – coloro che non hanno le risorse per acquistarlo, mentre per la seconda «È stretto dovere di giustizia e di verità impedire che i bisogni umani fondamentali rimangano insoddisfatti e che gli uomini che ne sono oppressi periscano» (GIOVANNI PAOLO II, enciclica Centesimus annus, 1991, n. 34).
Un terzo sguardo riconosce nel cibo un bene comune dell’umanità nel suo insieme, così come l’ambiente e la natura di cui la nostra specie ha bisogno per sopravvivere: dunque una risorsa di cui trovare le modalità di protezione e sviluppo più corrette, in modo che tutti ne possano usufruire, secondo il tradizionale principio della destinazione universale dei beni proposto dalla dottrina sociale della Chiesa. Si tratta di una ulteriore logica da comporre con le precedenti. L’esempio degli OGM aiuta a chiarirlo. Senza poter qui entrare nella questione – pur cruciale – dei possibili rischi legati al loro utilizzo nella linea del rispetto del principio di precauzione, ci limitiamo a osservare come la loro stessa esistenza riposi in buona parte su un apparato giuridico di tutela dei diritti di proprietà intellettuale che assicura ai detentori dei relativi brevetti non solo elevatissimi profitti, ma anche un dominio quasi assoluto, tale da negare alle popolazioni e ai Paesi che li coltivano qualsiasi potere decisionale in merito al loro uso. Ne hanno parlato, sulle nostre pagine, il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace («Per un dialogo autentico sugli OGM», in Aggiornamenti Sociali, 4 [2014] 278-291), e successivamente Claudio Malagoli («Brevetto alimentare: una nuova forma di colonialismo?», in Aggiornamenti Sociali, 12 [2014] 827-835). L’attuale assetto di questa materia non tutela dunque adeguatamente la natura di bene comune del cibo, pur rimanendo aperta la questione di come comporre questa tutela con la promozione della ricerca scientifica e tecnologica. Nel settore alimentare, così come in quello dei farmaci, «Ci sono forme eccessive di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale» (BENEDETTO XVI, lettera enciclica Caritas in veritate, 2009, n. 22).
Un mondo giusto, sostenibile e conviviale ha bisogno di imparare a comporre meglio la pluralità di possibili prospettive intorno al cibo: ciascuna è portatrice di una verità senza considerare la quale risulta impossibile giungere a una reale soluzione dei problemi; anzi li si aggrava, erodendo quel capitale sociale e quella fiducia di cui anche il mercato, che non è in grado di risolvere i problemi sociali limitandosi a estendere la sua logica, ha bisogno per poter funzionare, senza però essere in grado di produrli.
Un impegno contro i sofismi
Nel già citato videomessaggio del 7 febbraio, papa Francesco ha ricordato come nel mondo di oggi il cibo non sia solo terreno di paradossi, ma anche di sofismi, cioè di argomentazioni strumentali tese a depotenziare la carica di ingiustizia e disumanizzazione di quei paradossi. L’evento Expo e i milioni di persone che la visiteranno potranno rimanerne prigionieri, oppure incontrare una opportunità di smascherarli. È questa a nostro avviso la vera sfida di Expo, la più difficile da vincere, ma anche quella che promette di lasciare una eredità più rilevante sul percorso dell’umanità verso uno sviluppo equo e sostenibile.
Per affrontare questa sfida, la Santa Sede partecipa a Expo con un proprio padiglione, mentre Caritas sarà presente con una propria edicola e con numerose iniziative, ad alcune delle quali collaborerà anche la nostra Rivista. L’impegno culturale di Aggiornamenti Sociali– proporre una riflessione sui paradossi e sui sofismi che circolano quando si parla di cibo – è cominciato ben prima che aprissero i cancelli di Expo. Le nostre pagine – cartacee e virtuali – degli ultimi mesi ne recano traccia e continueranno a farlo lungo i sei mesi dell’esposizione, stimolando una fruizione critica dell’evento.
In questa chiave, Aggiornamenti Sociali ha scelto di sostenere il Protocollo di Milano (<www.protocollodimilano.it>) e quei contenuti che da esso sfoceranno nella Carta di Milano, un documento che verrà proposto alla firma dei Paesi partecipanti e dei visitatori. Si tratta di una serie di impegni per affrontare, a livello di scelte individuali e di politiche locali, nazionali e globali, i paradossi del cibo. Nelle intenzioni degli organizzatori e del Governo italiano sarà questa la principale eredità di Expo per il mondo. Ci interessa che sia bella, stimolante e il più possibile esente da sofismi. Altrimenti risulterà ben poco utile.
Anche grazie al lavoro dei mesi scorsi in vista di Expo, abbiamo scoperto che il cibo non è terreno solo di paradossi e sofismi, ma anche di ricerche e riflessioni di valore e di buone pratiche di alimentazione giusta, sostenibile e conviviale, che aspettano di essere diffuse e condivise da un numero crescente di persone. Per questo rendiamo disponibili quelle incontrate nelle diverse iniziative che abbiamo organizzato nell’e-book Le dimensioni del cibo. 12 chiavi per entrare in Expo (reperibile sul nostro sito) e nel volumeNutrire il pianeta? Per un’alimentazione sostenibile, giusta, conviviale (a cura di Matteo Mascia e Chiara Tintori, Bruno Mondadori, Milano 2015), che presenteremo all’interno di Expo il 13 giugno.
Per mantenere la promessa di cambiare il mondo, buone analisi, buone riflessioni e buone pratiche rappresentano una risorsa irrinunciabile, che, per dispiegare le loro potenzialità, richiedono l’impegno di tutti per tradursi anche in buone politiche e buone norme, tornando a saldare in un circolo virtuoso il livello delle scelte personali di stile di vita con quello della costruzione di strutture sociali più giuste e sostenibili per tutti, oggi e domani. Ci interessa che un evento come Expo non si risolva nella fruizione individualizzata di coloro che la visiteranno, ma metta in moto percorsi collettivi, anche a scala globale, in questa direzione.
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Chiesa di Milano
Papa Francesco interverrà domani venerdì 1° maggio alle 12.15 alla cerimonia di inaugurazione di Expo Milano 2015, con un collegamento in diretta reso possibile dalla collaborazione tra la Rai e il Ctv, Centro televisivo vaticano.
Alle 15.30 il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e commissario generale della Santa Sede per Expo2015, inaugurerà con una cerimonia ufficiale il padiglione della Santa Sede all'interno dell’esposizione universale. L'evento si terrà nel padiglione della Santa Sede, i giornalisti sono invitati.
La Santa Sede sarà presente alla giornata inaugurale di Expo con una delegazione composta dal presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e commissario generale della Santa Sede per Expo2015 cardinale Gianfranco Ravasi; dall’arcivescovo di Milano cardinale Angelo Scola; dal segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino; dal vice commissario del Padiglione della Santa Sede e membro del Pontificio Consiglio della Cultura monsignor Pasquale Iacobone; dal vice commissario del Padiglione della Santa Sede e vice direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti.
Per l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola Scola: «È molto bella la decisione di Papa Francesco di intervenire all'inaugurazione di Expo con un proprio messaggio in diretta». Un evento, ha auspicato, «per condividere, come ci ricorda il Pontefice, e ribadire che “non di solo pane” vive l’uomo».
Al centro del decumano, vicino a Piazza Italia, si trova il Padiglione della Santa Sede, presente in Expo 2015 ufficialmente come Paese espositore: “Non di solo pane” è il tema del padiglione, all’interno del quale si sviluppa un percorso espositivo basato su diversi linguaggi artistici, dai più tradizionali a quelli innovativi, suddiviso in quattro grandi capitoli: “un giardino da custodire”, “un cibo da condividere”, “un pasto che educa”, “un pane che rende presente Dio nel mondo”. Sono stati inoltre attivati dei canali specifici di comunicazione: un sito internet www.expoholysee.org, un profilo Twitter @expoholysee e la pagina Facebook Chiesa in Expo. Il Padiglione della Santa Sede è promosso dal Pontificio consiglio della cultura (in rappresentanza del Vaticano), dalla Conferenza episcopale italiana e dall'Arcidiocesi di Milano.
La Santa Sede proporrà durante tutto il semestre espositivo un ampio palinsesto culturale incentrato sulle molteplici dimensioni, culturali, spirituali, sociali, ed economiche che il cibo assume. Il National Day della Santa Sede è programmato per il giorno 11 giugno: dopo la cerimonia ufficiale si terrà il dialogo pensato nell'ambito del Cortile dei Gentili e moderato da Monica Maggioni tra il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente Pontificio Consiglio della Cultura; Nicolas Hulot inviato speciale del Presidente della Repubblica francese per la protezione del Pianeta e Giuliano Amato presidente della Fondazione Cortile dei Gentili.
La Chiesa sarà presente anche con l’Edicola di Caritas Internationalis che si trova nei pressi dell’ingresso principale ovest, vicino al padiglione Zero. Sono attivi un sito internetexpo.caritasambrosiana.it, un blog expoblogcaritas.com e due profili di twitter @expoblogcaritas e @caritas_milano.
L'indirizzo www.chiesadimilano.it/expo, sito ufficiale della Diocesi di Milano in Expo (al quale si aggiunge l’account di twitter @chiesadimilano) presenta il ricco programma di iniziative di sensibilizzazione sul tema di Expo in corso nelle 1.107 parrocchie in cui ai articola la Chiesa ambrosiana.