venerdì 13 settembre 2013

Una storia antica quasi 10 secoli


 

I 'preti sposati'

di Filippo Di Giacomo
Città del Vaticano, 13 set. (LaPresse) - Il 'colpo di scena' di questi giorni, attribuito al futuro segretario di stato vaticano Pietro Parolin, risale in realtà al 1179, ai tempi del terzo Concilio Lateranense. Era stata infatti quell'antica assise della Chiesa cattolica a stabilire che il celibato ecclesiastico non è di natura divina, ma solo canonica: esso appartiene cioè solo alla disciplina della Chiesa Latina che può dunque scegliere se regolarlo in un modo oppure in un altro. Chiesa Latina la quale, contestualmente, decideva di non ammettere all'ordinazione degli "ordini maggiori", cioè al diaconato e al presbiterato, gli uomini sposati. Il Concilio Lateranense terzo, in sintesi, lasciava intatta la cosiddetta "disciplina apostolica", quella statuita per la Chiesa indivisa dai sette primi concili ecumenici (gli unici poi riconosciuti anche dalla Chiesa Ortodossa), che conferisce l'ordinazione presbiterale anche agli uomini sposati (se giungono all'ordinazione sacerdotale celibi, neanche i preti ortodossi possono più sposarsi dopo l'ordinazione, neanche se restano vedovi), scegliendo però di ordinare per la Chiesa latina solo i celibi.
Nonostante dunque la questione sia 'vecchia', dopo quasi dieci secoli, neanche gli esperti della comunicazione 'di area', e cioè quelli notoriamente orientati o dall'appartenenza ad un'organizzazione cattolica oppure a un movimento ecclesiale, riescono a districarsi in un problema invece assai semplice. Il quale non consiste solo non nel sapere se e quando i preti cattolici potranno sposarsi, ma consiste invece nel comprendere come e quando il cattolicesimo comincerà di nuovo ad ordinare uomini sposati. In realtà, la Chiesa Cattolica si definisce come una "comunione" di molte tradizione ecclesiali: che chiama "riti". Fino a un lustro fa, solo i due riti della Chiesa Latina (la romana e l'ambrosiana) ammettevano unicamente chierici celibi. Adesso, anche se non è stato ancora pienamente ufficializzato, con Benedetto XVI i riti latini sono diventati tre, essendosi aggiunto quello "secondo le tradizioni e la disciplina" della Chiesa Anglicana. Sono circa 5000 infatti gli ex pastori anglicani che, anche se sposati, sono stati ordinati sacerdoti cattolici e attualmente svolgono un molto apprezzato ministero pastorale in ambito anglosassone, soprattutto nel Nord America e in Australia. Si tratta dei cosiddetti "sacerdoti uxorati (con moglie) di rito latino": seguono le tradizioni liturgiche e disciplinari dei preti del rito romano e ambrosiano. E quindi, per immetterli nel tessuto della propria "comunione", la Chiesa Cattolica non ha avuto alcun bisogno di "appoggiarli" sulla disciplina delle Chiesa cattoliche Orientali (sono 13) che, da sempre, hanno riservato il celibato ai soli monaci e ai vescovi, mentre i sacerdoti possono essere sposati.
Proprio per questo in Vaticano, in questi giorni, nessuno si sta chiedendo quale sia il tasso di "progressivismo" che il futuro segretario di Stato porterà nelle stanze del potere di Oltretevere, visto che la 'novità' attribuita alla sua dichiarazione è dunque, in realtà, "pari allo zero". Qualche preoccupazione, invece, negli stessi ambienti vaticani viene avanzata per una certa ansia di sensazionalismo che, da parte di alcuni operatori della comunicazione religiosa, si sta tentando di creare intorno alla figura di monsignor Parolin mentre egli è ancora in carica nella sua sede di Caracas come Nunzio in Venezuela. Qualcosa che pare richiamare quanto aveva scritto proprio qualche giorno fa il vaticanista del 'Corriere della Sera', Massimo Franco, ricordando che le faide clericali degli ultimi anni sono state dirette da "una sala stampa parallela" che certamente non è alloggiata dentro le sacre mura. E proprio in Vaticano, adesso molti sperano che l'arcivescovo Parolin sappia schivarla.